Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Asor Rosa. Attentato alla democrazia?

Asor Rosa. Attentato alla democrazia?

di Simone Migliorato - 19/04/2011


Ha creato scalpore, anche qui su Il Fondo (ma anche su Gli Altri con l’articolo di Andrea Colombo) l’articolo di Asor Rosa in cui invocava un “intervento” per ristabilire la democrazia in Italia, poiché (questa è la sua idea) il processo autoritario innescato da Silvio Berlusconi è ormai in una fase irreversibile, dalla quale non si può tornare indietro con le soli armi della democrazia stessa. Sinceramente, non comprendo questo tipo di pensiero da parte di un uomo che nel 1956 si schierava apertamente a sfavore dell’intervento armato dei sovietici in Ungheria. Soprattutto, da un uomo della sua cultura ed esperienza, mi sembra assurdo credere che un intervento della forze armate italiane, possa veramente essere positivo, cioè nella direzione della tanta agognata democrazia. Chi ci da la sicurezza che le forze armate, che sono un potere molto forte all’interno di una nazione, spingano veramente verso qualcosa di positivo? Ritengo, che lo scenario prospettato da Asor Rosa, sia uno scenario veramente apocalittico, che spero non si avveri.

C’è da dire che il professore universitario e giornalista de Il Manifesto è da molto tempo che dalle pagine del giornale comunista parla dello stato della democrazia italiana, e questo ultimo articolo credo che sia il punto di non ritorno del suo ragionamento. Su questo vorrei ragionare però: c’è ancora la democrazia in Italia?

Ci basti pensare alle ultime parole usate di Silvio Berlusconi sabato, in una convention organizzata a Roma: «Il berlusconismo non è al tramonto!». Anche lui, si rende conto che il suo è un fenomeno che si può ascrivere al di fuori del processo democratico di una nazione, con un nome ben preciso. E’ indubbio, e questo è anche la calamita che spinge molti frammenti politici verso Berlusconi, che la sua è una politica autoritaria, populista e completamente contro lo stato.

Si può definire democrazia un parlamento che con lo sbarramento al 3% elimina ogni possibilità di alternativa politica? Si può definire democrazia un paese dove i mezzi d’informazione sono per la maggior parte in mano ad un’unica persona, controllando quasi completamente anche i mezzi d’informazione pubblici? Si può definire democratico un paese dove in fabbrica ci sono dei referendum (democratici) dove la questione “o accetti o ti licenzio?” Si può definire democratico un parlamento che palesemente è stato corrotto per mantenere in piedi un governo il 14 dicembre 2010? Si può definire democrazia quella cosa guidata da un uomo che (è opinione diffusa anche dai suoi aficionados) è entrato in politica per salvarsi dai processi e che continua a farla candidamente ancora oggi (basti pensare al ministro Alfano che ha ammesso che la legge sul processo breve influirà solo sullo 0,2% dei processi)? Si può definire democratico un voto in cui non si può scegliere chi siederà tra gli scranni del parlamento?

Questi sono solo alcuni esempi, sullo stato attuale della democrazia italiana. Sicuramente ognuno di noi ha una sua idea sull’organizzazione di uno stato, ma credo, e questo è il  limite massimo del discorso di Asor Rosa che le proprie idee non possano essere “espresse” attraverso la reazione e la violenza. Ma è appunto un limite massimo, che non toglie alcuni spunti interessanti all’interno dell’articolo:

«E’ stata fatta la prova di arrestare il degrado democratico per la via parlamentare, e si è visto che è fallita (aumentando anche con questa esperienza vertiginosamente i rischi del degrado). La situazione, dunque, è più complessa e difficile, anche se apparentemente meno tragica: si potrebbe dire che oggi la democrazia in Italia si dissolve per via democratica, il tarlo è dentro, non fuori [...] Oggi in Italia accade di nuovo perché un gruppo affaristico-delinquenziale ha preso il potere (si pensi a cosa ha significato non affrontare il «conflitto di interessi» quando si poteva!) e può contare oggi su di una maggioranza parlamentare corrotta al punto che sarebbe disposta a votare che gli asini volano se il Capo glielo chiedesse. I mezzi del Capo sono in ogni caso di tali dimensioni da allargare ogni giorno l’area della corruzione, al centro come in periferia: l’anormalità della situazione è tale che rebus sic stantibus, i margini del consenso alla lobby affaristico-delinquenziale all’interno delle istituzioni parlamentari, invece di diminuire, come sarebbe lecito aspettarsi, aumentano».

Ed è qui che vengono le noti dolenti. Il problema della democrazia nel nostro paese non è solo Silvio Berlusconi, ma è la corruzione dell’intera classe politica (da destra a sinistra), capace di vendersi in qualunque momento e in qualunque condizione. C’è quindi il rischio, che la soluzione democratica delle elezioni possa divenire (o è già divenuta) inutile. Non che consideri velleitari o inutili i tentativi (guardando con affetto e stima anche al progetto Pennacchi a Latina) ma mi basta fare un esempio: a maggio ci saranno le elezioni comunali a Milano, con Pisapia (di SeL) a confrontarsi con l’uscente sindaco Moratti. Una sfida difficile, ma che questa volta sembra meno impossibile. Girando per Milano in questi giorni, però tutti possono notare la sproporzione oscena della campagna elettorale degli sfidanti, poiché Donna Letizia ha speso 50 milioni di euro per la  campagna, regalando addirittura alle famiglie ricariche ATM e comparendo alle 13.00 in cucina con la Parodi nel bel mezzo di un telegiornale (e chissà quante altre volte comparirà). Si può definire “democratica” una competizione elettorale di questo genere?

Possiamo pensare anche al referendum per l’acqua pubblica e il nucleare: possiamo definire democratico un referendum osteggiato tanto da farlo votare a giugno, e che non troverà mai spazio mediatico in una tribuna politica impegnata solo nella discussione mignottocratica? Oppure, ci si chiedeva in questi giorni, a mo’ di polemica: dove sono i pacifisti, perché non manifestano per la guerra in Libia? E a cosa serve?, risponderei io! E’ servito scendere in piazza in folle oceaniche per impedire gli interventi italiani in Afghanistan e in Iraq, vedendo cacciati (tra l’altro) dai partiti anche quei parlamentari che votavano contro l’intervento armato?

Il pensiero di Asor Rosa è sicuramente reazionario, apocalittico e inquietante. Perché sovverte l’ordine democratico. Ma la domanda è sempre la stessa di inizio ragionamento: siamo ancora in una democrazia?