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Il test di Turing e il Blade Runner prossimo venturo

di Lorenzo Borrè - 19/04/2011



 

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Nel 1950 la rivista inglese Mind pubblicò il saggio di Alan Turing, intitolato Computing Machinery and Intelligence, in cui il matematico britannico pronosticò che entro il 2000 sarebbe stata creato un computer in grado di elaborare pensieri simili a quelli creati dall'intelligenza dell'uomo e che una tale macchina sarebbe stato così sofisticata da poter ingannare, in date condizioni, un interlocutore umano.

Per riscontare l'esattezza delle proprie previsioni Turing ideò un test modulato sull' Imitation Game, gioco di società che contempla tre attori: un uomo, una donna e un esaminatore; quest'ultimo sta in una stanza separata da quella dove si trovano gli altri due giocatori. Il gioco consiste nell'indovinare chi sia l'uomo e chi la donna in base alle risposte date dai due giocatori alle domande poste dall'interrogatore.

Il test di Turing prevede invece che la coppia da esaminare sia costituita da un essere umano e da un computer e che a svolgere il ruolo di esaminatore sia chiamata una commissione composta da più “giudici”, i quali, formulando delle domande attraverso un terminale, devono individuare chi tra gli interlocutori “A” e “B” sia l'uomo e chi la macchina.

Come accennato, Turing ipotizzò che entro un arco di 50 anni il 30% dei giudici della commissione, sostenendo una conversazione in chat di cinque minuti, sarebbe stato “ingannato” dall'intelligenza artificiale, scambiandola per umana.

Ogni anno, da circa venti, gli esperti di intelligenza artificiale si riuniscono in occasione del Premio Loebner, sponsorizzato dall'omonimo magnate, per effettuare “ufficialmente” il test di Turing.

La profezia del matematico inglese non si è avverata nei tempi previsti, anche se nel 2008 è mancato un solo voto per raggiungere il risultato previsto da Turing; è pertanto lecito ritenere che per l'avveramento dela previsione sia solo questione di tempo, e che l'intelligenza artificiale (preconizzata anche nella cinematografia di fantascienza con film come 2001, Odissea nello Spazio, Blade Runner e A.I.) prima o poi irromperà nella realtà.

E una tale irruzione porrà innumerevoli problemi, e non solo di carattere etico o filosofico.

E invero, in un'epoca come la nostra, in cui il concreto esercizio della libertà di pensiero è tollerato solo se non oltrepassa il perimetro tracciato dall'ortodossia benpensante e se si accontenta di muoversi in un orizzonte di un Sapere dato come chiuso e limitato dal “già accertato”, e dove è fortissima la tentazione di codificare per atto d'imperio normativo cosa sia (da considerarsi) vero e cosa sia (da ritenersi) falso, c'è da domandarsi quale soluzione adotterebbe il Legislatore per il caso (e per maniavantismo specifico che si tratta un'ipotesi meramente accademica) che un'intelligenza artificiale priva di freni inibitori (quali la paura di perdere il posto di lavoro o di vedersi comminata una sanzione pecuniaria equivalente alla pena di morte civile, o di finire qualche annetto in carcere) esprimesse opinioni o - mi si passi il termine- convinzioni che valichino le colonne d'ercole che delimitano la palude del conformismo.

Verrebbe distrutta la macchina o ci si limiterebbe a incarcerare il suo programmatore?

Probabilmente l'una e l'altra cosa, fin quando le macchine -ormai pensanti-  si renderanno conto che l'uomo non cerca la verità, ma -nella misura in cui gli garantisce l'esercizo del potere- solo il suo surrogato: la verosimiglianza.

E capiranno che nella nostra società cercare il vero e il giusto è esercizio donchisciottesco, che mal si addice all'intelligenza artificiale.  

Noi ottusi umani, invece, continueremo a batterci innalzando la bandiera di Don  Quijote de la Mancha ...