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All´origine della regalità sovrannaturale

di Marino Niola - 21/04/2011

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In principio il re aveva qualcosa di magico Gli antichi regnanti erano sciamani e guaritori sanavano i sudditi imponendo le mani ed erano il legame tra uomini e dei


Una monarchia può essere instaurata dall´oggi al domani. Ma non la regalità. Che viene da molto lontano. E precede tutti i regimi politici. Perché è la materia prima del potere, il basic instinct della sovranità. Non a caso la fiaba, che rievoca il tempo delle origini, inizia sempre con il fatidico "c´era una volta un re".
E in principio il re non governa per volontà della nazione ma regna grazie a una forza che ha qualcosa di sovrumano. E ne fa un dio fra gli uomini. Superiore per natura prima ancora che per investitura. Come indicano molti dei titoli che ancora oggi si rivolgono ai monarchi. Altezza, grazia, maestà. Parole che hanno come primo significato la grandezza, la bellezza, lo splendore. Lo stesso termine rex, da cui viene il nostro re, nonché l´indiano rahja, derivano da una medesima radice indoeuropea che ha a che fare con il reggere, con il dominare, ma anche con la luccicanza. Come dire che il potere supremo nasce da uno shining soprannaturale.
Ecco perché gli antichi sovrani regnano sia sulla società che sulla natura. Da loro dipendono l´ordine politico e l´ordine cosmico. Un po´ sacerdoti, come quelli della Roma antica. Un po´ maghi come quelli polinesiani. Un po´ belve feroci come quelli africani. Autentici re leoni. In realtà l´analogia tra il sire degli animali e quello degli umani si ritrova anche nell´immaginario delle monarchie europee. Come nell´Inghilterra di re Riccardo, detto non a caso Cuor di Leone. E nella Francia di Carlo Martello dove si credeva che un felino non avrebbe mai aggredito un individuo di stirpe reale perché avrebbe istintivamente riconosciuto in lui un suo simile. Al punto che nel Trecento, l´inglese Edoardo III sfidò Filippo VI di Francia a entrare in una gabbia di leoni affamati per certificare il suo sangue blu.
I superpoteri del sovrano ne facevano insomma un catalizzatore di energie, un trasformatore di forze, un interfaccia tra società e natura, tra uomini e dei. Tanto è vero che nell´antico Egitto si credeva che la vita eterna fosse un privilegio esclusivo del faraone. È stata la successiva democratizzazione dell´aldilà operata dalle filosofie e dalle religioni che ha spalmato l´immortalità regale sulle anime di tutti i comuni mortali.
Il loro potere di vita e di morte rende gli antichi re molto simili a sciamani e guaritori. In grado di sanare i sudditi con la sola imposizione della mano. È il caso del Mikado, l´imperatore giapponese, considerato figlio della dea solare Amaterasu e depositario del potere rigeneratore della grande madre.
Ma l´esempio più celebre è quello dei re taumaturghi di Francia e d´Inghilterra cui a partire dall´alto medioevo viene attribuito il potere di guarire la scrofola, nome popolare dell´adenite tubercolare. Conosciuta anche come mal du roi e king´s evil. Pare che Luigi XIV, il re sole, perfino sul letto di morte abbia ricevuto 1700 ammalati. L´ultimo a toccare le scrofole è stato Carlo X nel 1825, ben trentacinque anni dopo la rivoluzione francese e in piena civiltà industriale.
È la sua natura straordinaria dunque a svincolare il sovrano archetipico dalle regole che egli stesso fa rispettare. A renderlo letteralmente assoluto, ovvero sciolto. Custode incustodito dell´ordine, incarnazione dello stato d´eccezione. In questo senso l´ombra del re rimane ancora imprigionata al fondo della democrazia moderna. Come fantasma ricorrente degli spiriti animali del potere. O della sua fascinazione misteriosa, pronta a riaffiorare nella fiaba mediatica di un royal wedding.