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Le potenze emergenti sfidano gli Stati Uniti

di Carlos A. Pereyra Mele - 26/04/2011

   
   
Lo scorso 14 aprile si è tenuto a Sanya, nella provincia cinese dello Hainan, un incontro fra i delegati dei BRICS (Brasile, Russia, India e Cina), il gruppo delle potenze economiche emergenti cui è venuto recentemente ad aggiungersi il Sudafrica; possiamo quindi ormai modificare la sigla in BRICS per designare questi paesi che verosimilmente vedranno nel prossimo futuro crescere il proprio peso economico e politico e che si troveranno quindi a dover assumere anche maggiori responsabilità nel Nuovo Ordine Mondiale che si sta disegnando. Nel prossimo decennio, questo insieme di paesi raggiungerà un PIL equivalente a quello attuale del Nord America.

Oggi, i BRICS rappresentano il 40% della popolazione mondiale, il 25% della superficie terrestre, il 25% del PIL e il 12,8% del commercio mondiale. La Cina, da sola, è ormai diventata la terza potenza economica del mondo. Inoltre i BRICS sono economie costrette a espandersi per mantenere il loro tasso di crescita e che si troveranno quindi inevitabilmente ad essere pezzi chiave sul grande scacchiere mondiale: l’espansione li porterà a competere con i poteri economici tradizionali (la grande triade rappresentata da Stati Uniti, Comunità Europea e Giappone) nella corsa alle materie prime.

Queste nuove realtà si riflettono già ora nell’area latinoamericana, dove stanno profondamente cambiando il sistema di influenze e relazioni che il Sud America e i Caraibi hanno avuto con la potenza nordamericana, specie dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Le cifre riguardanti i rapporti con i paesi di quest’area mostrano l’importanza che le attribuiscono i paesi del BRICS. Primo fra tutti, ovviamente, il Brasile. Maria Edileuza Reis, Sottosegretario Generale per l’Asia presso il Ministero degli Esteri brasiliano, così si esprime: “La Cina avrà un ruolo centrale nelle politiche del nuovo presidente Dilma Rousseff. Vogliamo un balzo qualitativo nei nostri rapporti”. Le cifre riguardanti le relazioni di Cina, Russia e India con l’America Latina sono eloquenti.
Secondo la Commissione Economica per l’America Latina e i Carabi (ECLAC) il commercio con la Cina è aumentato del 30% annuo durante l’ultimo decennio e crescerà del 15% l’anno fino al 2020. “Il Brasile ha molto da guadagnare nei rapporti con la Cina; i profitti degli scambi commerciali sono enormi, 5 miliardi di dollari su un volume complessivo di scambi di 56 miliardi di dollari. Ma affiora una certa inquietudine perché le relazioni tendono a diventare asimmetriche.” Ecco perché il recente incontro ad alto livello Cina-Brasile era importante.

Gli accordi commerciali bilaterali fra Cina e America Latina sono in crescita vertiginosa: dai 10 miliardi di dollari del 2000 si è passati ai 143,4 del 2008. Solo nei primi nove mesi del 2010 l’aumento è stato del 68%, secondo l’ECLAC. I principali partner della Cina sono Brasile, Cile, Messico, Argentina e Venezuela. Di questi, Brasile e Cile da soli rappresentano il 60% delle esportazioni verso la Cina. Di recente si è unito al gruppo il Perù (il che porta gli scambi con la Cina a superare per volume i tradizionali accordi con gli Stati Uniti).

Ma anche altri membri del BRICS stanno intensificando gli investimenti nell’area latinoamericana.

La Russia segna una forte presenza con la firma di accordi per l’esportazione di armi con diversi paesi della regione. Ma ci sono anche trattati tecnici e commerciali sul trasferimento di tecnologia, licenze di produzione, crediti finanziari, il tutto solennizzato dalla presenza, per la prima volta nella storia recente, di un presidente russo che accompagnava una folta delegazione politico-commerciale. Nella sua visita in Argentina dell’aprile 2010, il presidente Medvedev tenne d’altronde a puntualizzare che “l’America Latina non è il cortile privato di nessuno”: chiara allusione agli USA.

L’India ha investito in America Latina nel corso del 2009 ben 10 miliardi di dollari. Il volume degli scambi commerciali ha raggiunto i 18 miliardi e numerose industrie latinoamericane hanno già firmato accordi di cooperazione con compagnie indiane. Gli scambi si incentrano su settori ad alto valore aggiunto, come le tecnologie avanzate.
Ma le aziende indiane si lanciano anche negli investimenti terrieri, comprando o affittando grandi proprietà per garantirsi in futuro l’approvvigionamento di prodotti agricoli. L’India ha infatti disperato bisogno di terra fertile per nutrire una popolazione che supera ormai il miliardo di persone.

Tutti questi elementi ci inducono a ritenere che i tempi della gestione unipolare ventilata dagli USA siano ormai superati e che, dopo lo tsunami finanziario che ha minato l’ideologia neoliberista, l’America Latina debba cogliere l’occasione che le offre la multipolarità negli scambi e nelle opzioni economiche. Le ricchezze naturali di questa regione dovrebbero essere usate per costituire una entità economica industriale autonoma, il che è ben diverso dall’attuale situazione che vede l’area latinoamericana principalmente come esportatrice di materie prime.
Secondo l’economista argentino Salvador Treber, dell’Università di Còrdoba, negli anni a venire l’Argentina e l’intera regione dovrebbero “concretizzare nuovi traguardi, in cui le economie nazionali possano usare al meglio queste nuove opportunità per diversificare la produzione e completare l’integrazione verticale dei settori più importanti, allo scopo di sostenere l’espansione futura”(1).
Attualmente Brasile, Cile e Argentina rappresentano il 77% delle esportazioni regionali verso la Cina, ma si tratta troppo spesso di merci con scarso livello tecnologico e poco valore aggiunto.

Quest’anno il MERCOSUR (Mercato Comune del Sud), organo centrale dello sviluppo di questa regione, celebra il suo ventesimo anniversario. Il suo maggior successo è stata la creazione di un mega-blocco geopolitico ormai cosciente della necessità di integrarsi, a dispetto delle divergenze puntuali, per affrontare insieme, come entità politica, storica e culturale le sfide mondiali.

Ciò garantisce ormai ai paesi di quest’area di negoziare da una posizione di forza con le altre entità mondiali, come l’Unione Europea; soprattutto dopo l’integrazione di paesi come Venezuela, Bolivia e Cile, essi saranno in grado di contrastare l’attuale situazione di asimmetria negli scambi.
I paesi latinoamericani stanno insomma scoprendo le immense potenzialità che hanno nel campo dell’energia, della produzione alimentare e di un ampio ventaglio di risorse naturali.
Oggi l’America Latina ha un potenziale di base che attrae il mondo intero. Come sempre, le sue risorse scatenano l’avidità di molti, ma oggi esistono anche strumenti critici per difendersi. Soprattutto gli idrocarburi e le riserve di acqua sono ricchezze fondamentali sul cui uso sarà necessario adottare una strategia comune per negoziare con un mondo sempre più industrializzato e assetato.”(2)
Concludendo si può dire che oggi l’area latinoamericana è diventata la più attraente del mondo e proprio per questo è diventata il luogo in cui il gruppo emergente dei BRICS sfida gli Stati Uniti.

Fonte: http://www.strategic-culture.org
Link: http://www.strategic-culture.org/news/2011/04/16/scenario-where-the-brics-challenge-the-united-states.html

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ABATTAGLINO

Note:
(1) "L'Argentina di Fronte al Mondo del Futuro: http://licpereyramele.blogspot.com/2011/04/argentina-frente-al-mundo-del-futuro.html
(2) "Il Cammino di Integrazione Latinoamericana": http://www.lavoz.com.ar/opinion/camino-integracion-latinoamericana