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Cina batte Usa “Fra cinque anni il sorpasso del Pil”. Per Washington finisce la supremazia mondiale

di Maurizio Molinari - 26/04/2011



Nel 2016 la Cina sorpasserà gli Stati Uniti nella classifica della ricchezza del pianeta, ponendo fine all’era della supremazia economica americana iniziata alla fine dell’Ottocento: ad attestarlo è il rapporto del Fondo monetario internazionale sulle previsioni di crescita globale. L’indice adoperato è il «Ppp» che misura le economie sulla base del «Purchasing power parity» - parità del potere d’acquisto - prevedendo che la Cina si espanderà dagli attuali 11,2 mila miliardi di dollari a 19 mila miliardi nel 2016 mentre gli Stati Uniti cresceranno da 15,2 mila miliardi a 18,8 mila miliardi. Di conseguenza fra cinque anni l’economia degli Stati Uniti sarà pari al 17,7% di quella dell’intero pianeta mentre quella cinese raggiungerà il 18. Per avere un’idea della rapidità dell’inversione di tendenza basti pensare che nel 2001 l’economia degli Stati Uniti era tre volte quella della Cina mentre dopo il 2016 il vantaggio cinese viene proiettato in continua crescita. Ci troviamo dunque nel bel mezzo del rovesciamento degli equilibri del potere economico con il Fmi che non esclude la possibilità di un sorpasso anticipato anche rispetto al 2016. Ciò che colpisce dalla lettura del World Economic Outlook è come il sorpasso sia la conclusione della sovrapposizione fra due tipi differenti di crescita. L’economia americana viene infatti descritta «in ripresa» con la creazione dei posti di lavoro «in accelerazione» anche grazie a un aumento dell’export, ma se gli Stati Uniti «riacquistano forza», anche grazie all’indebolimento del dollaro, l’Asia «cresce a velocità maggiore di ogni altra area», con la Cina «destinata ad aumentare il Pil del 9,5% nel 2011 e 2012» grazie a una crescita combinata della «domanda pubblica e privata» fino al 2016. La maggiore novità a tale riguardo viene dai privati perché «il miglioramento del mercato del lavoro e le politiche per sostenere i redditi delle famiglie» consentono di prevedere l’aumento dei consumi delle famiglie, che finora è stato uno dei freni al Pil nazionale.
Le previsioni sul sorpasso coincidono con la fase di indebolimento valutario del dollaro che porta il governatore della Banca centrale di Pechino, Zhou Xiaochuan, ad affermare che «le nostre riserve di valuta straniera eccedono le nostre ragionevoli necessità» e inoltre sarebbe opportuna una «diversificazione» delle valute possedute. In concreto ciò significa avanzare l’ipotesi di una riduzione delle riserve in dollari, che al momento ammontano a 3000 miliardi. A tale proposito Tang Shuangning, presidente del China Everbright Group, si spinge a ipotizzare che vengano «ridotte ad una cifra fra 800 miliardi a 1.300 miliardi di dollari» ovvero a un terzo del valore attuale. Anche Xia Bin, membro del comitato monetario della Banca centrale di Pechino, ritiene che «mille miliardi sarebbero sufficienti» avvalorando lo scenario di una massiccia vendita di dollari che potrebbe innescare un terremoto valutario. Il riequilibrio di potere economico fra Washington e Pechino solleva interrogativi sulle conseguenze strategiche. Per Victor Cha, analista di Asia al Centro di studi strategici e internazionali di Washington, «i Paesi dell’Estremo Oriente sono inquieti perché nell’ultimo mezzo secolo hanno visto negli Usa un’egemonia benigna ma ora temono l’aggressività cinese».