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L’ombra del potere

di Eduardo Zarelli - 26/04/2011

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Claudio Risè, psicanalista junghiano e docente di Polemologia all’Università di Trieste, prosegue una interessante divulgazione editoriale grazie anche alla sua collaborazione con le red edizioni come direttore di una collana emblematicamente intitolata “immagini del profondo”. Ricordiamo Parsifal, Il maschio selvatico, Diventa te stesso e Psicanalisi della guerra. Nelle sue ultime fatiche ha trovato come confrontarsi con un interlocutore adeguato, Claudio Bonvecchio, direttore del dipartimento di Scienze politiche di Trieste e autore di testi importanti sul tema della sovranità e del potere simbolico come Immagine del politico e Imago Imperii, Imago mundi. Sovranità simbolica e figura imperiale. Nell’ambito della pubblicazione degli atti del convegno La questione maschile, si aggiunge Graziano Martignoni, docente di psicopatologia all’Università di Friburgo e presso il Dipartimento di psicologia dell’Università di Palermo.

La sapienza degli alchimisti riteneva che il raggiungimento dell’aurea pietra filosofale necessitasse “estrarre dal sole la sua ombra”. Analogamente, il processo di individuazione junghiano opera su ciò che appare come il negativo, l’oscuro non ancora elaborato dalla luce della coscienza. Infatti il divino, la totalità psichica, il Sé o il Lapis Philosophorum, come sono stati di volta in volta chiamati nelle tradizioni sapienzali e religiose, nella psicologia analitica o nell’alchimia, rappresentano una sola e identica unità. Una unità dove il bene e il male non sono elementi separabili manicheisticamente alla luce della razionalità dominante, che divide e collega con intenti classificatori. Ma sono piuttosto le diverse sfaccettature di una sola realtà di cui l’uomo, al pari della natura e del cosmo, è parte integrante.

L’opinione degli autori de L’ombra del potere è che ogni società riproduca le stesse dinamiche psicologiche che si possono osservare a livello personale. In particolare, la coscienza dominante, collettiva, tende a rimuovere, a bandire, le posizioni e gli orientamenti che la mettono in discussione, esattamente come fa ogni personalità individualistica, centrata sull’Io, sui comportamenti prevalenti nel conscio.

Ora, per quanto riguarda il campo collettivo, della società e dei poteri istituzionali, si ripresentano amplificate le questioni che incalzano il processo individuale. In particolar modo su cosa si intenda per Sé comunitario e Io comunitario, o coscienza collettiva.

La risposta degli autori sposa le intuizioni di Déleuze e Guattari con l’interpretazione della guerra di Fornari dove appare che il Sé del gruppo si caratterizza per il suo contenuto mitico, transpersonale e transtemporale, espresso attraverso immagini simboliche che emergono nei materiali psichici collettivi con caratteristiche simili a quelli che nell’interpretazione junghiana vengono definiti Archetipi dell’inconscio collettivo.

Ora, se è l’Io che chiudendosi a difesa di se stesso inibisce l’equilibrio psicologico, emarginando l’inconscio, sul piano collettivo la coscienza dominante proietta sull’opposizione, sui valori e i comportamenti esclusi dalla maggioranza, l’immagine del male, e ciò è parte integrante della lotta politica per la conquista e il mantenimento del potere.

Esplicitamente applicata nei regimi totalitari, la rimozione dell’«Ombra collettiva» è tuttavia ampiamente praticata anche nelle “permissive” democrazie occidentali, avvertendo che i comportamenti disconosciuti attenterebbero i “valori” su cui si è costituito lo Stato che, a questo punto, pone in contraddizione la teorica “liberalità” dei suoi istituti.

Il risultato di questa situazione è analogo a quello prodotto dallo stesso atteggiamento sul piano individuale. La personalità della collettività tende a irrigidirsi, a non usufruire delle forze di cambiamento assicurate dal dialogo con il campo dell’Ombra, e a questa “cristallizzazione” corrisponde, come sempre, un indebolimento della psicologia del gruppo, del suo dinamismo, della sua capacità di crescita. Ma il danno più grave, nel lungo termine, è l’interruzione che questo arroccamento della coscienza collettiva, dell’Io della comunità, porta nella relazione con il Sé del gruppo, con una vera e propria frattura nell’asse Io-Sé a livello collettivo. Gli autori propongono, in questa ottica, una rilettura “profonda” di fenomeni centrali nella discussione politica e culturale, quali l’insufficienza del mito di fondazione ufficiale del potere pubblico, la conseguente “morte della patria” e l’immatura dialettica maggioranza-opposizione che degenera in un centrismo autoreferenziale del potere.

La coscienza dominante nella società occidentale è andata così via via negando, ricacciandoli nell’Ombra, aspetti di grande significato nella psiche individuale e collettiva: dal principio transpersonale del Sovrano (rimandiamo in merito al testo di Bonvecchio, L’immagine dell’imperatore), al sentimento dell’odio, alla violenza, alle immagini del guerriro e del ribelle, al mondo pulsionale e simbolico maschile e paterno.

Su questo specifico si focalizza La questione maschile, a rafforzare l’idea degli autori che la vitalità del mondo maschile, presente soprattutto nei giovani, va conosciuta e ritualizzata. La repressione causa problemi individuali e collettivi esponenzialmente più gravi e di improbabile soluzione.

Una delle manifestazioni evidenti della civilizzazione industriale consiste nella perdita dei ruoli e nella loro confusione. Baudrillard parla a tal proposito di “società transessuale”, oltre che “virtuale”, dove nel nichilistico allontanarsi dalla base naturale degli istinti e dei relativi magnetismi tra il maschile e il femminile ci si immerge in una isterilita (…e sterile) civiltà dell’apparenza. La differenza, che sta alla base dell’attrazione tra generi creando la vita, viene inibita e livellata nell’isterismo del “politicamente corretto”. Non a caso, quanto più si neutralizzano i ruoli sessuali, tanto più siamo sommersi da esibizionismi, volgarità e patologie egocentriche.

Per gli autori, chi paga il maggior scotto per la situazione è il genere maschile, completamente spogliato di tutte le certezze che contraddistinguevano le sue caratteristiche psicologiche e sociali. Di qui la necessità, urgentissima, data la deresponsabilizzazione imperante, di ridefinire uno dei ruoli più importanti e fecondi dell’uomo: quello di padre (in senso non solo biologico) e di formatore.

Ci sia consentito avvertire che, a nostro parere, il problema della riscoperta della propria identità celata riguarda pariteticamente il genere femminile ed, anzi, per molti aspetti, il razionalismo utilitaristico della civiltà industriale è inspirato da un maschilismo pragmatico ed egocentrico che inibisce sostanzialmente le attitudini femminili di empatia e intuitività, come giustamente fanno notare le ecofemministe cappeggiate dalla “essenzialista” Wandana Shiva (vedi Close to home: women reconnect ecology, Earthscan, London e Stayng alive: women, ecology and development, Zed books, London).

Comunque bisogna dare atto al Bonvecchio, a Martignoni e al Risé di evidenziare in controtendenza la necessità di una ridefinizione sostanziale del maschile atta ad impedirne una definitiva eclisse nel grembo caldo e protettivo di una “Grande madre” mai così oscura e possessiva.

Le società occidentali della tarda modernità, guidate dagli obiettivi del consenso eterodiretto e del conformismo consumistico, hanno relegato nell’antagonismo assoluto istanze ideali e affettive, immagini archetipiche e programmi istintuali connaturati profondamente alla vita dell’essere umano. Si pensi al sentimento religioso, l’espressione dell’aggressività e la naturalezza del mondo istintuale.

Si tratta dunque, sulle tracce, ad esempio, del mai sufficientemente ricordato Mircea Eliade, di investigare il significato dell’Ombra anche e soprattutto nella dimensione collettiva, non già per esorcizzarla quanto per riconoscerla come una ineliminabile presenza con cui fare i conti. D'altronde è solo attraversando le selve oscure che si raggiungono le radure assolate. Come ricorda Ernst Jünger nel Cuore avventuroso: «Alla luce appare la forma, al buio la forza generatrice».

 C. Bonvecchio, C. Risè
L’ombra del potere
Il lato oscuro della società: elogio del “politicamente scorretto”
Red, Como, 1998
 
C. Bonvecchio, G. Martignoni, C. Risè
La questione maschile
SEB, Milano, 1998