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La dittatura della possibilità

di Massimiliano Viviani - 01/05/2011

 




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Verso la metà del febbraio scorso una donna di 45 anni a Pavia si è sottoposta per la prima volta al mondo ad un'operazione chirurgica con una tecnica all'avanguardia: le sono stati asportati entrambi i seni che successivamente sono stati ricostruiti artificialmente con l'inserimento di protesi e con la conservazione dei capezzoli naturali e della cute grazie a una tecnica innovativa mai usata prima. Tutte cose da far girare la testa ai mostri del web. Ma perchè noi vi diciamo queste cose? Se l'ha fatto, pensiamo, avrà avuto i suoi buoni motivi, e sarà stata mossa da chissà quale malattia o malformazione. In realtà il lettore si stupirà nel leggere che la donna in questione era perfettamente sana. Assolutamente in ottima salute.
Ma allora che cosa è successo? E' successo che un test genetico, a cui la donna si era sottoposta, aveva individuato dei geni che aumentano di molto la predisposizione al tumore al seno rispetto ad una persona che ne è priva. Aggiungiamoci il fatto che la madre della paziente era morta di cancro e la sorella si era ammalata pure lei -anche se ottenendo poi la guarigione completa- e la frittata è fatta. Intendiamoci bene: il test genetico non ha dato la certezza che la malattia sarebbe insorta. Ne ha accertato la sua maggiore probabilità. Ma l'insorgere di una malattia dipende da tanti e tali fattori esterni -ambientali, psicologici, alimentari ecc- che è praticamente impossibile diagnosticarla in anticipo.
Eppure, nonostante ciò, esiste una branca della chirugia chiamata "chirurgia preventiva", la quale come suggerisce il nome, si occupa di eliminare preventivamente un organo che potrebbe ammalarsi in seguito, in via cautelativa, per scongiurare l'emergere della malattia. Nel caso specifico abbiamo mostrato il caso del seno di una donna sana. In futuro potremmo vedere persone sane farsi amputare le braccia o le gambe -magari sostituite prontamente da organi artificiali perfettamente identici e funzionali- perchè un test genetico ne ha individuato la potenziale pericolosità.
E pensare che da una ventina d'anni, ovunque -sui giornali, sulle riviste, in televisione- non si fa altro che profetizzare che lo sviluppo delle tecniche legate alla genetica avrebbe portato a realizzare farmaci e terapie mirate al caso specifico -al malato più che alla malattia, come si suol dire- quindi poco invasive e rispettose della natura del paziente. Come al solito tra il dire e il fare, soprattutto quando c'è di mezzo la tecnologia e gli interessi che immancabilmente ci stanno dietro, c'è un abisso. Se queste sono le prospettive, c'è poco da stare allegri. Certamente ci saranno anche i risvolti positivi, ma tutta questa corsa alla prevenzione accompagna pur sempre alla guarigione anche uno snaturamento del malato. Se poi facciamo un altro piccolo sforzo di fantasia, e ipotizziamo, magari sin dall'infanzia, test genetici obbligatori per tutti -in cui qualcosa di guasto ci trovi sempre, perchè il corpo umano a differenza del robot è imperfetto- la strada verso l'androide è tracciata.
Il problema vero però è più profondo. In effetti, nel caso di cronaca da cui siamo partiti, la decisione della donna di farsi operare è più che comprensibile. Una volta che sai della possibilità -o meglio, della elevata probabilità- di ammalarti, non sei più tranquillo. Sei soffocato dalla paura, dall'angoscia. In ogni caso, non vivi più come prima: qualcosa si è rotto, e qualunque decisione avrai preso -o la chirurgia preventiva, o una serie di screening senza sosta, oppure anche il non far nulla- avrai da pagare caro, o sul piano fisico o su quello psichico. Magari non ti saresti ammalato mai, ma dal momento in cui sei a conoscenza solo della possibilità, tutto cambia, e non sei più lo stesso.
La conoscenza tecnica porta infatti ad esiti opposti a quelli a cui porta la conoscenza filosofica o religiosa: anzichè calmare, eccita; anzichè tranquillizzare, crea ansia. In questo caso, mette in una trappola senza uscita in cui le alternative sono due: o l'angoscia, o la sottomissione al diktat della Tecnica, ossia nel nostro caso la sostituzione della parte naturale con quella artificiale. Perchè è vano affermare che la Tecnica è neutra e dipende dall'uso che se ne fa. La Tecnica non è affatto neutra, ha le sue leggi ben precise con cui chiunque le si avvicini deve fare i conti. Non è l'uomo infatti che gestisce la tecnica: è la tecnica a gestire l'uomo, perchè quando un uomo si trova ad avere a che fare con la Tecnica, non è più un uomo, è un tecnico.
La Dittatura della Tecnica è la dittatura della libertà, in cui viviamo tuttora. E poichè "libertà" nel mondo moderno si pronuncia "possibilità", ecco che il mondo moderno si traduce in un mondo possibile anzichè reale. Perchè tecnica e possibilità sono la stessa cosa. E se è vera l'asserzione di Kierkegaard secondo cui "l'angoscia è il sentimento del possibile", ne discende che la modernità è l'Era dell'angoscia. Questo naturalmente vale per gli uomini reali, autentici, come noi, ai quali il dispiegamento di illimitate possibilità non è connaturato. Per tutti coloro invece, per i quali il conflitto di interessi del nostro Presidente del Consiglio è il problema dei problemi, ciò non vale: per loro la realtà del cyborg si è già realizzata da tempo.