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Dove si nasconde l’armonia musicale

di Armando Torno - 01/05/2011

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Da sempre si è cercato di spiegare, di comprendere l’armonia. Attraverso taluni miti greci o in quelle poesie dove Hölderlin sa ghermire i suggerimenti degli dèi, nella filosofia di Leibniz— che credeva in una particolare comunicazione tra le sostanze spirituali che compongono il mondo — o in quella società del futuro di Fourier: gli uomini, insomma, hanno sognato disperatamente di incontrarla. Cos’è? È possibile evocarla, possederla, conservarla? Si tratta di una sorta di «connessione» come vorrebbe Omero nell’Odissea o è «ordine» , «legge» secondo la solenne rivelazione del Prometeo di Eschilo? Platone nel Convivio la trasfigurò, unendola indissolubilmente alla «sinfonia» ; secoli dopo Plotino chiudeva, nella prima delle sue Enneadi, quel volo nei cieli considerando l’armonia musicale un riflesso sensibile di una legge metafisica. E ora di Susan Elizabeth Hale è tradotto il fascinoso saggio Spazio sacro, suono sacro (Mediterranee, pp. 328, e 24,90), in cui la musicologa nota negli Usa e in Gran Bretagna esplora i misteri acustici dei luoghi sacri per scovare quell’armonia che i filosofi hanno descritto e i musici sono a volte riusciti a recare tra noi. Invita a incontrarla nelle grotte preistoriche, dove le immagini furono dipinte sulle pareti dotate di maggiore risonanza; oppure nelle piramidi egiziane, dove non mancano camere sonore; o ancora la vede aggirarsi nella cappella di Rosslyn, in Scozia, dove i codici armonici suggellati nelle arcate lavorano eternamente per ricrearla e abbracciarla. La ricerca di armonia è un bisogno che non conosce requie. Questo saggio della Hale è un’odissea nei misteri e nell’impossibile, dagli stupa tibetani alle cattedrali gotiche. Nelle quali, sussurrano gli iniziati, qualcuno ha racchiuso ancora dei miti greci.