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Un segreto cosmologico nel grattacielo del Neolitico

di Gabriele Beccaria - 04/05/2011

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“La Torre di Gerico difendeva la città dal terrore dell’oscurità”


«Incarnava forza e potere e fu abilmente sfruttato per dominare la popolazione»
Calcoli e simulazioni al computer: «Abbiamo ricostruito l’area com’era nell’antichità»

Ha 11 mila anni, è considerata il primo grattacielo dell’umanità e si trova nella città più antica: 8 metri e 25 centimetri di enigmi, elevati in forma conica. E’ la Torre di Gerico, costruita quando l’uomo non era ancora diventato agricoltore e non conosceva la ruota, ma si era già fatto travolgere dalle manie architettoniche.
Da 50 anni, da quando è stata scoperta, gli archeologi si fanno assillare dalle sue possibili funzioni e dai suoi ipotetici significati. Uno strumento di difesa? Un’opera ingegneristica per fronteggiare le piene? Un monumento e basta? Le teorie sono varie e spesso deliziosamente vaghe, come accade quando mancano appigli concreti. Adesso, però, Ran Barkai e Roy Liran della Tel Aviv University hanno formulato un’altra idea, che fa discutere. Merito di una serie di calcoli e delle simulazioni al computer che hanno ricostruito l’area come doveva essere 110 secoli fa. La struttura - hanno spiegato in un articolo sulla rivista «Antiquity» - si può decifrare solo se la si collega ai giochi di luce e di ombre del solstizio d’estate: rappresentava, in poche parole, uno scudo fisico e simbolico contro l’arrivo delle tenebre.
Al tramonto, al termine del giorno più lungo dell’anno e quando si annunciava il ritorno nella «fase buia», l’ombra della montagna vicina, il Quruntul, avrebbe prima colpito la Torre e soltanto in un secondo tempo si sarebbe allargata sulla città. «Doveva essere un momento drammatico», scrivono gli autori, sovrapponendo l’emozione del panorama reale di sabbia e roccia con quello della ricostruzione virtuale. «Possiamo immaginare che assistere all’avanzata dell’oscurità sul centro abitato sia stato sconvolgente. Pensiamo, quindi, che la posizione della Torre, sul bordo occidentale, precisamente nel punto dove l’ombra aveva inizio, non fosse affatto accidentale». Ed ecco la provocatoria deduzione: «Pensiamo che si innalzasse come un guardiano contro i pericoli nascosti nel buio, consegnato dagli ultimi raggi del sole morente».
Il nomadismo era ormai alle spalle e qualunque fuga impossibile. Le angosce di quel mondo che oggi classifichiamo come neolitico dovevano essere addomesticate in altro modo. La soluzione - secondo gli autori - fu opporre ai fantasmi della psiche la solidità della pietra: «Si costruì una protezione permanente e fu necessario convincere tutta la comunità ad aderire all’impresa». La Torre dev’essere diventata un emblema di «forza e durata». Di fronte alle minacce della natura la dimensione metafisica generò perciò «un vero e proprio edificio di potere». Il primo della storia. Forse.
Dotata di pareti imponenti, la Torre di Gerico esibì una ripida scalinata interna con pareti intonacate: una meraviglia di tecnica e stile che richiese l’impiego di un centinaio di uomini e oltre 100 giorni di lavori. «Non c’era stato nulla di simile prima e niente di simile ci sarebbe stato per molto tempo a venire», osserva con enfasi Barkai. Si trattò di una mobilitazione straordinaria, di muscoli e cervelli ma, se uno squarcio sul mistero è stato ottenuto, non altrettanto si può dire delle conoscenze astronomiche necessarie per realizzare quello stupefacente gioco scenografico di Sole e tenebra. Da dove proveniva un sapere tanto sofisticato?
Ci dev’essere stato un ulteriore effetto, comunque. Barkai e Liran lo descrivono così: «Pensiamo che i timori primordiali siano stati sfruttati da qualche individuo che, riconoscendo le incertezze legate alle prime fasi del sedentarismo, colse l’opportunità di prendere il controllo di un’intera popolazione». Migliaia di anni prima delle civiltà delle piramidi e degli zigurrat la Torre si eleva così come l’antitesi di quella mitica di Babele: l’incarnazione del dominio. Appena nato e già cinicamente intimidatorio.