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Etnobotanica

di Giulia Caneva - 10/05/2011

Fonte: nemetonmagazine


etnobotanica

Fin dai primordi della storia gli uomini si sono avvicinati al mondo vegetale in un rapporto le cui regole erano dettate dalle necessità di sussistenza, cercando in esso in primo luogo i materiali per nutrirsi, per costruire case che li proteggessero dalle avversità climatiche e dagli animali e che permettessero loro di curarsi dalle malattie. Con l’evolversi delle strutture sociali e della civiltà, tale legame si è articolato in più complessi rapporti, che hanno visto l’impiego delle piante in quasi tutti gli ambiti delle attività umane, da quelle agricolo-pastorali, igienico-cosmetiche, ma anche rituali, dove spesso le piante assumono una ricca valenza nella sfera della magia e delle credenze religiose.

Vedendo questo fenomeno in chiave storica, va osservato che l’evoluzione sociale degli esseri umani è andata di pari passo con l’acquisizione di sempre nuovi elementi di conoscenza anche sul mondo vegetale, fatto questo che ha permesso il superamento delle forme più primitive di sussistenza tipiche del periodo detto dei “cacciatori-raccoglitori”. Ciò è stato infatti possibile quando, in strutture sociali sempre più complesse, sono maturate e sono state trasferite a più ampi strati della popolazione, le capacità di identificare le piante utili, comprendendone anche le relative esigenze ecologiche e caratteristiche fisiologiche, ovvero le preferenze per certi tipi di suoli e condizioni climatiche, nonchè la dinamica del loro ciclo biologico anche in relazione alle stagioni e agli astri. La nascita quindi dell’agricoltura, da molti  attribuita alle donne, ha avuto probabilmente inizio nelle più antiche società matriarcali, dove anche le prime grandi divinità erano figure femminili, in una trasposizione ideologica fra figura materna/terra nutrice/elemento vegetale/ fonte di vita. Dalla personificazione divina della Madre Terra è nata nel Mediterraneo la figura della Gran Madre, Cibele, da cui derivano o si affiancano Iside nel mondo egizio e le divinità più tarde di Demetra e Cerere del mondo greco-romano. Miti legati ad eventi divini sono nati a spiegare l’origine ed il perchè delle stagioni, così come il mistero della germinazione dei semi, e fra tutti quelli del grano, fonte primaria di vita, generando ritualità che si sono conservate nel secoli. Così l’omaggio religioso e deferente alla Terra si può rilevare nel gesto, che fanno ancora molti contadini, di spargere l’ultimo pugno di grano raccolto nell’aia (Camarda, 2005). Pratiche religiose atte ingraziarsi le divinità delle piante sono comuni anche alle culture orientali, riguardo al riso, a quelle del Mesoamerica per il mais, a quelle africane per il sorgo e anche per altre sementi di minore importanza (Frazer, 1890).

Sappiamo come la nascita dell’agricoltura abbia comportato una vera e propria rivoluzione economico-sociale che a sua volta ha reso possibile la costruzione di civiltà stanziali, pur con connotazioni e specificità ovviamente diverse nelle varie parti del mondo. Naturalmente in questo processo di sempre più approfondita conoscenza delle risorse naturali, si è affermata l’esigenza di saper distinguere  le piante tossiche da quelle commestibili e coltivabili, ma poi anche di conoscere le diverse proprietà delle varie parti nella stessa pianta, nonché l’utilità di riconoscere le specie che in qualche modo potevano sanare le ferite, lenire il dolore e far guarire dalle malattie.

Alimentazione come necessità ed agricoltura come soluzione, così come cura delle malattie come necessità e fitomedicina come ulteriore parallela soluzione, sono stati i fondamenti del rapporto uomo/mondo vegetale. Da non trascurare però anche gli usi “minori” delle piante, in quanto nell’economia tradizionale, fin dalle epoche più remote, le piante hanno sempre avuto un ruolo di prim’ordine per realizzare abitazioni, armi, utensili, strumenti musicali, recipienti e oggetti di intrecciatura, ma anche per il loro impiego come coloranti in pitture parietali e nella tintura di stoffe e negli usi domestici più vari (Guarrera, 2005).

Ogni popolo ed ogni civiltà ha poi instaurato con il mondo delle piante un rapporto di stretta relazione e per molti aspetti di interdipendenza, specifico e peculiare dei diversi luoghi e dei diversi periodi storici, sia in virtù delle differenze nella flora, correlate a realtà biogeografiche ed ecologico-evolutive, sia delle differenze culturali delle società umane, e lo studio di questa relazione è definita come “etnobotanica”.

L’Etnobotanica è infatti lo studio del rapporto tra uomo e piante, incluso in un sistema dinamico in cui siano inclusi fattori sociali e naturali. Inoltre, gli usi delle piante e le relazioni uomo-piante sono modellate dalla storia, dall’ambiente sociale e fisico e dalle caratteristiche intrinseche delle stesse piante (Alcorn, 1995). Compito quindi dell’etnobotanica è quello di rilevare tutte le diverse componenti del patrimonio culturale e del mondo vegetale, comprese quelle più specificatamente legate ai  riti e credenze religiose, nonché il riconoscimento delle conoscenze che hanno portato ai processi di domesticazione delle piante selvatiche (Camarda, 2005).