Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Omero, solo tu ci salverai

Omero, solo tu ci salverai

di Silvia Ronchey - 17/05/2011

     

http://www.losgamato.it/wp-content/uploads/2010/12/iliade.jpg


Nel corso della storia i grandi classici dell’Antichità hanno accomunato la formazione culturale e civile di molte generazioni.
Il costante successo di grandi opere, come l’Iliade e l’Odissea, tra i giovani di ogni generazione è dovuto al fatto che esse affrontano temi universali e parlano un linguaggio senza tempo. La conoscenza di quelle opere ha spesso creato dunque un ponte tra individui vissuti in contesti storici e politici diversi, e ha facilitato la comunicazione e lo scambio. Per questo lo studio dei classici continua ad avere non solo un importante ruolo culturale, ma anche storico e civile.

Alla fine di aprile del 1944, quando Patrick Leigh Fermor si svegliò fra le rocce di Creta, mentre il sole spuntava dietro la cresta dell’Ida, insieme al generale nazista che aveva rapito, accadde qualcosa di strano. Dopo aver fumato in silenzio, il generale, gli occhi azzurri fissi sulla vetta ancora innevata, cominciò a recitare: «Vides ut alta stet nive candidum / Soracte…». E Fermor proseguì: «… nec iam sustineat onus / silvae laborantes, geluque / flumina constiterint acuto». E così continuarono, per tutte le cinque strofe alcaiche che mancavano alla fine, racconta Fermor nel suo secondo libro di memorie (Tempo di regali, Adelphi, pp. 356, e 18): «La guerra, per un attimo, era sembrata lontanissima. Molto tempo prima, avevamo bevuto alla stessa sorgente».
L’antico sospende il tempo, l’eterno sconfigge la storia. Prendiamo l’Iliade, l’abbiamo letta tutti, l’hanno letta tutti. Alessandro - il Conquistatore, ma anche l’allievo di Aristotele - durante le sue spedizioni militari teneva l’Iliade sotto il cuscino della tenda in cui dormiva.
Mehmet II, il giovane sultano che conquistò Costantinopoli, durante l’assedio si faceva leggere brani dell’Iliade. Napoleone leggeva l’Iliade ad alta voce, «fermandosi spesso», diceva, «per ammirare con comodo».
Oggi, nonostante la molto pubblicizzata presenza dell’epitome di Alessandro Baricco (Feltrinelli, pp. 163, € 5,60), anche gli studenti più pigri preferiscono leggere l’Iliade com’è, senza sconti né attualizzazioni, nelle filologiche traduzioni di Giovanni Cerri (Bur, pp. 586, € 13) o di Guido Paduano (Einaudi, pp. 1570, € 48). […]
Come scriveva Marguerite Yourcenar, «amiamo il passato perché è il presente sopravvissuto nella memoria dell’umanità». Come scriveva Walter Benjamin, gli antichi non erano antichi quando scrivevano, poiché usavano la lingua del presente. Un classico è tale e resiste lungo i secoli perché il suo linguaggio - formale, ma anche concettuale - rimane sempre lingua del presente. Perché un miracolo ha fatto sì che il suo autore superasse i vezzi e i limiti della sua epoca, la contingenza e storicità del logos - del discorso, ma anche del pensiero - rendendolo universale e tale da eludere il tempo.
L’essenza dei classici antichi, secondo una definizione di Massimo Cacciari (in Di fronte ai classici, a cura di Ivano Dionigi, Bur, pp. 299, € 8), non è cronologica ma topologica: i classici «non sono epoche ma luoghi del pensiero». Un classico non serve il presente, ma crea un ponte tra passato e futuro.
Classico, ha scritto Cacciari, non è qualcosa che rimanda al passato, è qualcosa che resiste al presente. I veri classici non fuggono, sfidano e sono sempre pericolosi. Un classico è sempre eversivo, sempre trasgressivo, sempre anticonformista. Leggere i classici, come diceva Leopardi, è un modo di «gettare i morti in faccia ai vivi». Ma è anche «contraddire la tirannia del momento». Non ha quindi senso chiederci se i classici antichi abbiano un futuro. Per definizione, ci aiutano a scavalcare il presente, le sue effimere ideologie, i suoi dibattiti, gli schemi stessi del nostro pensare. E in questo senso ci avvicinano, più ancora che al passato - a noi in effetti sempre inconoscibile -, al futuro.
Un classico, per usare un’espressione di Truman Capote, è una preghiera esaudita. Ed è perciò che questi e gli altri antichi libri che chiamiamo classici hanno resistito nei secoli, sono stati trasmessi di generazione in generazione, hanno sconfitto le imitazioni, le riduzioni, la tentazione della facilità, la competizione della banalità, la dittatura delle mode, la transitorietà di ogni cosa umana. Perché sono rimedi sperimentati, ricostituenti concentrati e universali, preghiere laiche e interconfessionali. E perché sono l’unica dipendenza non nociva fra tutte quelle escogitate nei millenni per alleviare i nostri dolori.