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La Cina dà il via libera al capitalismo neocoloniale

di Jay Janson - 23/05/2011

IL PERCHÉ DELLA DISTRUZIONE DELLA LIBIA SOCIALISTA, PARTE I

Il voto della Cina che ha consentito l'invasione della Libia


La Cina, dopo essersi espressa contro l'intervento militare, si è invece astenuta dal porre il veto alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite con la quale si dichiara guerra al governo libico con la scusa di creare una no-fly zone per proteggere i civili, una guerra dei potenti neocolonialisti bianchi contro la ex colonia africana che ha elevato i propri standard tanto da essere davanti a ben nove nazioni europee, Russia inclusa. I delusi si chiedono il perché.

Il Consiglio di Sicurezza ONU

Abbiamo tutti trattenuto il respiro. Le telecamere della televisione erano puntate sull'ambasciatore cinese alle Nazioni Unite. Quando è stato chiesto il voto riguardo a "Chi è contrario?", le persone che amano la pace hanno guardato con il vuoto allo stomaco la mano dell'ambasciatore, che è rimasta in basso.

Ci siamo immaginati, quindi, il piano di guerra di un'altra coalizione di potenze bianche colonialiste che bombarda l'Africa, e le navi USA che sparano cannonate e missili, i libici uccisi e mutilati, la radioattività delle granate, dei proiettili e dei missili con le ogive all'uranio impoverito che danneggeranno il DNA di generazioni, causando morti per cancro e una serie di deformità disumane nei neonati.

La Cina ha dato il via libera affinché il potere militare delle attuali potenze neocoloniali possa disintegrare la loro ex colonia, che oggi ha innalzato il suo standard di vita fino a risultare davanti a ben nove nazioni europee, Russia compresa (1). L'ambasciatore cinese, sotto gli occhi di tutto il terzo mondo, ha condannato un paese socialista, che fornisce assistenza medica ed istruzione gratuite in un bel territorio curato, a una brutale distruzione e alla ricolonizzazione.

La CNN, il New York Times e tutti i media di regime si sono assicurati che non fosse mai nominato l'invidiabile successo della Libia, che nel 2010 si è classificata al 53° posto secondo l'indice di sviluppo umano dell'ONU e di gran lunga la prima in Africa (1).

Lo sconcertante Pied Piper, che fa parte del “Villaggio Globale”, la cricca dei media sempre a sostegno dell'America über-alles, si è impegnato a fondo nel far passare le gang pericolose e ben armate, supervisionate da oltre oceano, per un insieme di "dimostranti pacifici”. Ma questi "manifestanti", che non avevano da lagnarsi per il loro tenore di vita, che non potevano lamentarsi per la fame, per la mancanza di cure mediche o per la povertà dovuta allo sfruttamento dei ricchi e delle banche straniere, non avevano alcuna ragione per protestare, se non per una millenaria tradizione di contrasti fra la Cirenaica e Tripoli, una rivalità tenuta viva dalla violenza organizzata sostenuta dagli interessi nefasti delle corporation internazionali (2).

Siamo a maggio e, anche se la Libia socialista non è stata ancora conquistata, la stessa genia di uomini d'affari amorali e razzisti che si sono visti nei secoli di colonialismo, in modo sfacciato, senza nemmeno nascondersi, folli e senza scrupoli manipolatori del potere e degli investimenti finanziari privati, ha discusso gli accordi per spartirsi il bottino e per capitalizzare il tutto (3).

I cinesi, che a differenza di noi hanno seguito la vicenda da vicino, erano pienamente coscienti delle intenzioni dei capi della finanza criminale e imperialista, del fatto che si sarebbe commessa una razzia solo a fini speculativi, e che si sarebbe usata la forza militare per ampliare l'egemonia degli Stati Uniti.

Anche quella patetica bugia, inventata dai media e ripetuta con convinzione, "proteggiamo i civili dal loro stesso governo" usata come pretesto per la guerra, è stata alla fine adottata anche dall'ambasciatore cinese quale motivazione per la scelta di astenersi piuttosto che porre il veto, che sarebbe stato in linea con la politica anti-interventista della Cina (cui ha fatto riferimento l'ambasciatore nel preambolo del voto).
Inoltre, la Cina aveva l'opportunità di esprimere un voto in linea con i principi fondatori delle Nazioni Unite che sono stati trascurati e violati da chi ha votato a favore.

Perché? Perché la Cina non ha posto il veto? E perché l'ambasciatore cinese, in modo imbarazzante, ha ripetuto una menzogna gretta, ovvia, disonesta e anche assurda, che è stata creata per proteggere i ribelli armati e non i civili?

La Cina avrebbe anche potuto votare sì, dato che la sua astensione ha prodotto lo stesso risultato, ossia una completa aggressione. La formulazione della risoluzione dà pieno assenso a qualunque azione militare finalizzata alla creazione di una no-fly zone, un'azione di copertura per ben altre iniziative, ancora sotto l'egida delle Nazioni Unite.

Ma perché? La Cina ha importanti investimenti nel settore energia e in quello immobiliare in Libia, cinquanta dei suoi principali progetti d'investimento sono proprio nell'est della Libia. Per questo intervento la Cina sta perdendo centinaia di milioni di dollari. L'anno scorso gli scambi fra Cina e Libia si sono attestati su 6,6 miliardi di dollari, in larga parte per il petrolio. La Cina guarda all'Africa come un possibile fornitore di risorse energetiche e il governo di Gheddafi ha adottato una politica che ha favorito la Cina nell'esportazione di petrolio.
La Libia stava creando "dinari d'oro" (il Tesoro USA stimava che la Libia avesse 44 tonnellate di oro) da usare al posto del dollaro e dell'euro per evitare di essere legata al sistema bancario europeo, lo strumento dei grandi speculatori. Non era questa la valuta per cui la Cina ha espresso grande interesse? Per di più la Libia, sotto Gheddafi, non ha preso parte all'US Africa Command, come hanno fatto alcune nazioni del Sahara e della regione del Sahel, mettendo così in chiaro che la Libia poteva essere un baluardo contro il tentativo dell'US Africa Command di controllare l'esportazione africana di petrolio per escludere la Cina (4).

Perché la Cina ha voluto rinunciare a così tanto? La Cina avrà forse ricevuto “un'offerta che non ha potuto rifiutare”? Oppure questo voto accondiscendente verso l'imperialismo, che va oltre la nostra comprensione e apparentemente anche contro gli interessi della Cina stessa, fa parte di qualche Realpolitik a lungo raggio che capiremo solo in futuro?

Chi ha a cuore la Cina brancola nel buio dell'incomprensione, del disorientamento; è sgomento, si sente tradito, gli è crollato il mondo sotto i piedi. Ha perso la fiducia in quella che è rappresenta un quinto dell'Umanità, con la saggezza acquisita in cinquemila anni di cultura, che avrebbe protetto tutti noi dalle uccisioni folli e barbariche fatte dagli imperialisti sguinzagliati dal capitalismo predatorio che ha colonizzato l'intero mondo non-bianco, Cina compresa. Questa fiducia, o speranza, si è sgretolata mentre guardavamo la Cina assecondare un classico esempio di violenza false flag a sostegno di una guerra civile secondo l'antico principio imperialista divide et impera. [Cfr., di questo autore, la rassegna completa di tutte le notizie riguardanti le violenze in Libia dal 15 febbraio al 26 aprile pubblicata da OEN e CounterCurrents] (2)

Parlando all'Assemblea generale dell'ONU nel 2009, Gheddafi aveva definito il Consiglio di Sicurezza un "Consiglio del terrore" per le sessantacinque guerre che non solo non è riuscito ad evitare, ma a cui ha partecipato per larga parte. Con il senno di poi, lo si può considerare profetico.

La Libia è solo un'altra nazione vulnerabile ora guidata col pilota automatico a beneficio dell'accumulo dei capitale, sempre irriguardoso delle sofferenze umane. La Cina è stata in passato una di queste nazioni vulnerabili e ora cerca di non esserlo più. La Cina e le poche nazioni che sono al di fuori del blocco dei satelliti e degli alleati USA cercano di limitare con sobrietà gli investimenti finalizzati alla produzione intensiva di armi di distruzione di massa.

Prima di affrettarci a concludere che la Cina abbia evitato di proteggere la Libia perché è spietata, incredibilmente stupida e forse senza rimorso, proviamo a comprendere in quale posizione si sarebbe trovata la Cina se avesse dovuto affrontare a viso aperto il potere militare sempre più stabile dell'alleanza USA/Nato e la rete delle istituzioni fiduciarie e delle banche centrali internazionali controllate dagli USA, che sono sparse in tutto il mondo con la loro presa indirizzata alla preparazione della guerra.

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Note:

(1)
http://hdr.undp.org/en/statistics/. Lo scorso anno l'indice annuale di sviluppo umano dell'ONU ha classificato la Libia al 53° posto, prima di ben nove nazioni europee, tra cui la , classificata al 65° posto.
Alto indice di sviluppo umano: Libia 53° nel mondo (1° in Africa), le vicine Tunisia 81°, Algeria 84°.

Medio indice di sviluppo umano (paesi in via di sviluppo): Egitto 101°, Marocco 114°, Gabon 93°.

Basso indice di sviluppo umano (paesi in via di sviluppo): Yemen 133°, Sudan 154°. (L'indice di sviluppo umano tiene conto dell'aspettativa di vita, dell'alfabetizzazione, dell'istruzione e degli standard di vita di tutti i paesi del mondo.)

Riguardo l'indice di aspettativa di vita, l'indice di scolarità, gli anni di scolarità previsti, l'indice del reddito:

Indice di sviluppo umano molto alto (paesi sviluppati) Bahrein 39° posto, preceduto dal Qatar al 38°, con il Portogallo al 40° (il Baharain ha un divario molto alto tra reddito pro capite e servizi).

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Il profilo della Libia nel Federal Research Division della libreria del Congresso federale cita: "Un servizio sanitario di base è fornito a tutti i cittadini. Salute, formazione, riabilitazione, educazione, alloggio, sostegno alla famiglia, ai disabili e agli anziani sono tutti regolamentati dai […] servizi assistenziali. Il sistema sanitario non è puramente pubblico, ma piuttosto un mix di assistenza pubblica e privata. Paragonato ad altri stati del Medio Oriente, lo stato di salute della popolazione è relativamente buono. Le vaccinazioni infantili coprono la quasi totalità della popolazione.

La fornitura di acqua potabile è in crescita e le condizioni igieniche sono migliorate. Gli ospedali più grandi si trovano a Tripoli e Bengasi e le cliniche mediche private e i centri diagnostici, che offrono un'attrezzatura più moderna e un servizio migliore, sono competitivi con il settore pubblico.

Il numero dei medici e dei dentisti è cresciuto di ben sette volte nel periodo fra il 1970 e il 1985, per cui si ha un medico ogni 673 cittadini. Nel 1985 circa un terzo dei dottori in Libia era nato in patria, mentre i restanti erano stranieri espatriati. Nello stesso periodo il numero dei posti letto negli ospedali è triplicato. La malaria è stata sradicata, e sono stati fatti consistenti progressi contro il tracoma e la lebbra. Nel 1985 il tasso di mortalità infantile era dell'84‰; nel 2004 l'Agency for International Development statunitense ha stimato che il tasso di mortalità fosse sceso al 25,7‰. […] le stime riportano una mortalità infantile inferiore al 20‰.

Il controllo del denaro ricavato dal petrolio ha permesso ai libici, così come agli algerini, di fornire ai propri cittadini un reddito abbastanza alto. Nel Sud Africa il reddito è più alto, ma è distribuito in modo iniquo fra bianchi e non bianchi.

(2) In un articolo di 1.000 parole con 10.000 parole di note, pubblicato il 22 aprile del 2011 da OEN e Countercurrents "Capitalism's Warplanes: CIA & al Qaeda Destroy Socialist Libya's 53rd Highest Living Standard".

Oltre a questo articolo, le parole del Segretario aggiunto al Tesoro durante la presidenza Reagan, Paul Craig Roberts: "C'è da notare che le proteste in Libia sono diverse da quelle in Egitto, in Yemen, in Bahrein o in Tunisia e la differenza consiste nel fatto che quella libica è una ribellione armata.

E ci sono altre differenze: queste proteste hanno avuto origine nella parte orientale della Libia, dove c'è il petrolio, e non nelle città principali. E abbiamo sentito dall'inizio notizie credibili riguardanti il coinvolgimento della CIA nelle proteste, e ci sono state molte notizie riguardo al fatto che la CIA abbia rinviato gli asset libici alla libia per scatenare la ribellione." [intervista a PressTV, 16 aprile 2011]

Sui capi delle rivolte: “I membri chiave hanno importanti rapporti con gli Stati Uniti. Khalifa Heftir, un ex colonnello dell'esercito libico, ha vissuto gli ultimi 25 anni a sette miglia dal quartier generale della CIA a Langley in Virginia, senza evidenti fonti di reddito.* Mahmoud Jibril ha ottenuto nel 1985 il PhD dalla University of Pittsburgh con Richard Cottam, un ex ufficiale dell'intelligence in Iran, che è poi diventato un rinomato politologo specializzato in Medio Oriente.

Jibril ha passato molti anni lavorando con il figlio di Gheddafi, Saif, sulle riforme politiche ed economiche, ma dopo che gli integralisti di regime rigettarono le riforme, Jibril ha lasciato la Libia frustrato un anno fa. ** Jibril è fuori dalla Libia da quando sono iniziate le sommosse, per poter incontrare leader stranieri. *** Poi c'è il ministro delle finanze del governo ribelle, Ali Tarhouni, che è rimasto in esilio negli ultimi 35 anni. Il suo ultimo lavoro è stato quello di insegnante alla University of Washington.
* "Professor: In Libya, a civil war, not uprising", NPR, 2 aprile 2011,
www.npr.org/2011/04/02/135072664/professor-in-libya-a-civil-war-not-uprising.
** Farah Stockman, "Libyan reformer new face of rebellion", The Boston Globe, 28 marzo 2011.
*** Kareem Fahim, "Rebel leadership in Libya shows strain", The New York Times, 3 aprile 2011.
da Stephen Gowans, Wordpress, 23 aprile 2011, “West on guard against the outbreak of peace in Libya”.

(3) Paul Craig Roberts, ex vice segretario del Tesoro USA, intervistato su PressTV il 16 aprile del 2011: "I rivoluzionari libici hanno istituito una banca centrale e hanno avviato una piccola produzione di petrolio e trattano con gli americani e altre società occidentali. Va da sé che non si è mai visto nulla di simile nel bel mezzo di una rivoluzione.

Secondo me, quello che sta avvenendo è paragonabile a quello che gli Stati Uniti e la Gran Bretagna fecero in Giappone negli anni '30. Quando bloccarono il petrolio, la gomma, i minerali del Giappone: ciò fu all'origine della Seconda Guerra Mondiale. E ora gli americani e gli inglesi stanno facendo la stessa cosa con la Cina. […] I cinesi avevano 30.000 persone sul posto e hanno dovuto evacuarne 29.000.

PressTV: Questi altri paesi accoglierebbero a braccia aperte le truppe Nato sul loro territorio?
Roberts: Certo. Sono nelle mani della CIA. É un'operazione della CIA, non una protesta legittimata dalla popolazione libica. É una ribellione armata che non ha alcun supporto nella capitale. Avviene a est, dove ci sono i giacimenti di petrolio, che è destinato alla Cina. […] Gli scambi tra Stati Uniti e Libia lo scorso anno ammontavano a 2,7 miliardi di dollari e compagnie come Halliburton, Dow Chemical, Fluor, Occidental, Hess, Marathon, Conoco Phillips, Caterpillar, Boeing e ExxonMobil si stanno facendo strada a gomitate nei settori dell'ingegneria, dell'edilizia e dell'energia.”

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Obama, Cameron e Sarkozy hanno mandato un messaggio all'Unione Africana nell’op-ed del 14 aprile. Bloccheranno qualsiasi tentativo di negoziazione di pace in Libia che non comprenda l'estromissione di Gheddafi e l'apertura dell'economia libica.

La seconda direttiva ci è fornita nell'op-ed dei tre leader. La Libia, scrivono, deve "sviluppare delle istituzioni che fondino una società prospera ed aperta". É eloquente che i tre leader dicano ai libici quali istituzioni debbano sviluppare. E se i libici non volessero una società aperta a questo punto del loro sviluppo? E se volessero fare come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Francia in lunghi periodi della loro storia (e tuttora): una società chiusa agli estranei in aree strategiche?

Mentre le istituzioni di una società aperta non sono esclusivamente economiche, in una società aperta si aprono le porte all'integrazione incondizionata nell'economia globale. In ciò differisce l'integrazione strategica del governo di Gheddafi, basata su rapporti finalizzati all'aumento dei redditi reali in Libia, piuttosto che al ritorno economico massimizzato degli investitori stranieri. Non si può dire che la Libia abbia ostacolato gli investimenti stranieri laddove hanno favorito lo sviluppo del paese, ma è probabile che la società aperta che Obama, Cameron e Sarkozy prevedono per la Libia abbia poco a che vedere con ciò che favorisce la Libia e abbia invece a che vedere con ciò che favorisce gli investitori e le corporation statunitensi, inglesi e francesi (Stephen Gowans, Wordpress, 23 aprile 2011, “West on guard against the outbreak of peace in Libya”.

(4) L'AOPIG (African Oil Policy Initiative Group) ha avuto un certo peso nell'organizzazione dell'US African Command. Un rapporto AOPIG ha evidenziato che l'U.S National Intelligence Council ha stimato che nel 2015 gli Stati Uniti acquisteranno il 25% del loro petrolio dall'Africa. La Naval Postgraduate School della Marina USA ha evidenziato che nel gennaio 2007 la politica degli Stati Uniti verso l'Africa, almeno a medio termine, sembra essere ampiamente caratterizzata dal terrorismo internazionale, dalla crescente importanza del petrolio africano per le necessità energetiche americane e dalla notevole espansione e dal miglioramento delle relazioni sino-africane. [Lawson, Letitia (gennaio 2007) "U.S Africa Policy Since the Cold War", Strategic Insights and AFRICOM, Wikipedia]

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Fonte: http://www.countercurrents.org/janson100511.htm

10.05.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GIADA GHIRINGHELLI