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Ecco la tribù che non ha bisogno del tempo

di Paolo Manzo - 23/05/2011

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“Giorni, mesi e anni? Per gli Amondawa non esistono”


San Paulo. Oltre la relatività del tempo ci può essere soltanto la sua negazione. È quanto rivela all'uomo occidentale un gruppo di indios dell'Amazzonia brasiliana, gli Amondawa, la cui cultura e lingua sono diventati un rompicapo straordinario, che sta impegnando molti scienziati da tutto il mondo.
Negare il tempo non come rifiuto, ma semplicemente per un «non bisogno». A questa conclusione è arrivato un team dell'Università statunitense di Portsmouth che, lavorando a stretto contatto con i colleghi dell'Università brasiliana della Rondô nia, ha monitorato la comunità degli Amondawa, pubblicando i risultati dello studio sulla prestigiosa rivista «Language and Cognition».
Un gruppo davvero sparuto quello degli Amondawa, composto da uomini, donne, bambini e anziani che vivono negli Stati brasiliani della Rondônia e dell'Acre, vicino al fiume Jiparaná. Sono poco più di un'ottantina, una cifra ridicola, se paragonata all' immensa estensione della foresta amazzonica (più di 6,5 milioni di kmq, di cui il 65% in Brasile ), ma custodiscono un segreto unico. Nella loro cultura non esiste l'idea di tempo. E non esistono neppure i calendari e quindi le persone non sanno la loro età. Al punto che le fasi della vita - infanzia, adolescenza, giovinezza, maturità e vecchiaia - vengono «raccontate» nella comunità cambiando il nome della persona.
Quello che per gli occidentali è il lento e inesorabile fluire del tempo in Amazzonia diventa una totale trasformazione della persona, del suo essere. Di religione animista, del resto, questi indios riconoscono un'anima o uno spirito in ogni cosa, negli oggetti come nella natura, che nell' Amazzonia è maestosa e dominatrice. «Noi siamo quello che abbiamo intorno», spiega con saggezza antica un indio, che tutti chiamano in portoghese Pedro, anche se il suo vero nome è Tupirim. Solo che intorno non c'è il tempo, aggiungiamo noi.
Secondo Chris Sinha, docente di filosofia del linguaggio nell'Università di Portsmouth e a capo del team di ricerca, «non possiamo, in realtà dire, che siano un popolo fuori dal tempo». Come altri indios «parlano di eventi e sequenze di eventi. Ciò che non riscontriamo, però, è la nozione di tempo come condizione indipendente dagli eventi a cui è legato. Gli Amondawa non hanno cioè la nozione del tempo come qualcosa dentro il quale un fatto avvenga». Mancano così nella loro lingua parole per indicare «anno», «mese», «settimana». Vivono cioè in una dimensione composta da eventi, ma non riescono a vedere questi episodi come parte del fluire del tempo.
Com’è possibile? Secondo i ricercatori, l'assenza del concetto di tempo deriverebbe dall'assenza del «tempo tecnologico», ovvero di un calendario, correlato a sua volta all' esistenza di un sistema numerico. Non saper contare avrebbe dunque impedito lo sviluppo della nozione di tempo tra gli Amondawa, che, peraltro, hanno goduto di un isolamento straordinario, visto che sono stati «contattati» dagli antropologi in tempi relativamente recenti, nel 1986. Da allora hanno cercato in tutti i modi di preservare il proprio stile di vita, arricchito da continue feste e rituali. Come l'Yreruá, per esempio, in cui gli uomini fanno finta di lanciare le proprie frecce, mentre le donne danzano, stringendosi alle loro braccia, e un «capo» dà il ritmo con un flauto e battendo i piedi.
Il mistero, tuttavia, è tutt’altro che risolto. Per Pierre Pica, linguista francese, è necessario effettuare ulteriori studi, perché il linguaggio - di per sé - può anche non rivelare quello che in realtà esiste nella percezione collettiva. Ovvero la possibilità che gli Amondawa abbiano un’idea di tempo più sofisticata di quanto appaia in superficie. La questione, quindi, resta ancora aperta, mentre sulla foresta amazzonica torna a scendere il buio: per noi è il domani che arriva, per gli indios soltanto la conclusione di un evento isolato.

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Ci possono essere tanti modi di concepire e trasmettere il concetto di tempo o di spazio. Non ci deve essere per forza un calendario o un orologio per percepire e comunicare sequenze di eventi». Per Alberto Mioni, docente di linguistica all’Università degli Studi di Padova, nonché esperto di sociolinguistica e di lingue africane, «non esistono griglie uniche per definire il tempo e lo spazio e, probabilmente, gli Amondawa ne hanno una loro peculiare».
Professore, ci sono davvero popoli senza tempo?
«Non credo sia possibile. Ci sono invece modi relativi di rappresentare il tempo e lo spazio. Esistono popoli che, pur non avendo parole che indichino i concetti di “anno”, “mese” e “settimane”, seguono altre griglie di riferimento temporale».
Ad esempio?
«Un anno può essere collocato facendo riferimento a un evento particolare. Non necessariamente il tempo deve essere numericamente definito. Per noi questo è l’anno 2011, per altri popoli è l’anno in cui si è verificata un particolare evento, per esempio un’alluvione. Ritengo quindi possibile che per questa tribù amazzonica il tempo sia scandito da fatti memorabili, piuttosto che da un calendario. Stesso discorso si può fare per lo spazio».
In che senso?
«Noi indichiamo la distanza da un punto a un altro in km. Si è scoperto che ci sono popoli che utilizzano classi di misura diverse. Alcune tribù Indios usano i corsi dei fiumi per indicare specifici punti. Ma anche da noi ci sono casi simili: in alcuni popoli di montagna, come i Mocheni in Trentino Alto Adige, le descrizioni spaziali sono associate ai concetti di “a valle” e “a monte”. Definizioni, queste, che hanno un significato per loro e che possono non averlo per noi».
Tempo e spazio sono quindi sempre concetti relativi?
«E’ più corretto dire che i modi di concettualizzare e definire il tempo e lo spazio siano relativi. Gli esseri umani percepiscono le sequenze di eventi, ma le possono concettualizzare in modi diversi».
Esistono modi giusti e modi sbagliati?
«Non in senso assoluto. Ma senza un calendario o un orologio è più difficile lo sviluppo tecnologico e scientifico. La società, infatti, ha bisogno di definire in modo preciso il tempo e lo spazio per riuscire a progredire».