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Unità d’Italia al Sud: invasione o liberazione?

di Gennaro Grimolizzi - 25/05/2011




Quali benefici ha apportato l’Unità d’Italia per il Sud, considerato che la questione meridionale si è riproposta in tutta la sua gravità? Il dibattito in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia è aperto su più fronti e non risparmia, oltre alla storiografia, le istituzioni, la politica e le associazioni.

Il ministro per i Rapporti con le regioni, Raffaele Fitto, giudica utile il confronto, purché non si cada nell’errore delle facili strumentalizzazioni. «Tutte le riflessioni storiche sulle vicende che hanno portato all’Unità – dichiara al Sole-24 Ore Sud – non possono che essere positive. Anche quelle che è invalso l’uso di definire “revisioniste”, perché mettono in discussione le ragioni che portarono all’unificazione italiana e soprattutto i metodi che vennero impiegati per conseguirla. Si è anche tornati a rileggere le condizioni sociali, economiche, amministrative e politiche sia del Regno delle Due Sicilie che del Regno di Sardegna». Il ministro Fitto diffida dell’uso politico della storia: «Vedo un pericolo che non viene tanto dall’approfondimento in senso proprio, quanto da un suo uso tendente a contrapporre una retorica “nordista” ad una “sudista”. Non mi iscrivo tra gli appassionati della “memoria condivisa”, essendo la memoria quanto di più soggettivo possa esistere e confidando nel fatto di vivere in un Paese nel quale la democrazia è talmente forte da poter ospitare anche una proficua dialettica tra memorie e sensibilità diverse».

Secondo lo storico Franco Cardini, il processo di unificazione ha determinato reciproche influenze tra Nord e Sud. «La storia d’Italia – afferma Cardini – è policentrica e municipalistica, per cui una soluzione di tipo “federale” sarebbe stata più adatta e opportuna di quella che, fra l’altro, generò la colonizzazione e lo sfruttamento del Sud da parte del Nord con fenomeni collaterali quali il brigantaggio e la sua tanto orribile, quanto in parte vana, repressione e la meridionalizzazione di buona parte delle strutture pubbliche del giovane regno».

Nel dibattito si inseriscono anche monarchici e neoborbonici. I primi evidenziano il ruolo preminente dei Savoia per l’unificazione dell’Italia e mettono in guardia dal pericolo dell’esaltazione del brigantaggio. «Oggi – afferma Sergio Boschiero, segretario nazionale dell’Unione monarchica italiana – con un revisionismo storico da marciapiedi viene tanto celebrato il cosiddetto brigantaggio, come se fosse stata la risposta natural-popolare di un Meridione invaso e saccheggiato dalle truppe sabaude. Oggi si onorano i briganti e si va affermando una cultura dell’anti-Stato, che rasenta un inedito culto del delitto». Diametralmente opposto il parere del magistrato napoletano Edoardo Vitale, direttore della rivista meridionalista “L’Alfiere” impegnata nel riproporre una diversa lettura dei fatti. Vitale parla senza esitazioni di «mala Unità». «Il Risorgimento – commenta – si è appoggiato su uno stato di ingiustizia sociale. L’Unità si realizzò con la forza e l’inganno ed il brigantaggio fu una reazione alla “piemontesizzazione” del Mezzogiorno, fu una guerra contro l’invasione». Il 5 febbraio 2011 “L’Alfiere” celebrerà il suo anniversario: il 150° anno dall’assedio di Gaeta, dove i borbonici tentarono di opporsi alle truppe piemontesi guidate dal generale Cialdini.

La senatrice Adriana Poli Bortone (Io Sud) chiede al ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini di pubblicare un opuscolo integrativo da distribuire nelle scuole sulla storia d’Italia «al fine di rendere quanto più attendibile e veritiera la storia del Mezzogiorno».

Intanto, fra pochi giorni ritornerà in libreria, a quasi quarant’anni dalla prima edizione, “La conquista del Sud” (Edizioni Il Cerchio) di Carlo Alianello, scrittore e giornalista di origini lucane scomparso nel 1981. L’autore descrive in chiave revisionista avvenimenti e protagonisti che portarono all’unificazione del Mezzogiorno all’Italia.