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Spesso, ormai, nei sogni proibiti femminili non c’è l’uomo, ma un’altra donna

di Francesco Lamendola - 01/06/2011




Fino a che punto la donna, e specialmente la donna moderna, è ancora interessata al maschio e fino a che punto, invece, è attratta dalle altre donne?
La tradizione, la morale e le comodità di una vita sicura, stabilita entro binari certi, la spingono ancora verso l’uomo; ma il suo interesse sessuale per lui sembra sempre più in declino: sovente, tutto quello che cerca in lui è la possibilità di avere dei figli, mentre, per il resto, non si direbbe che gliene importi molto.
In compenso, pare che il suo interesse si sia ridestato nei confronti delle altre donne: nelle quali vede sempre, certo, delle rivali; ma, al tempo stesso, anche delle proprie simili, che la possono comprendere molto più dell’uomo e, che forse, la renderebbero felice, più di quanto lui non sarebbe mai in grado di fare.
Può darsi che una componente di omosessualità latente sia presente da sempre in molte donne, proprio per la consapevolezza che solo una donna può capire sino in fondo le esigenze, anche fisiche, di un’altra donna, mentre gli uomini hanno sempre mostrato molta ignoranza e grossolanità a questo riguardo; ma è anche possibile che la donna moderna, per le particolari circostanze che l’hanno sospinta sulla via di una progressiva virilizzazione, abbia accentuato, forse inconsapevolmente, questa tendenza.
Non bisogna lasciarsi ingannare dal fatto che, apparentemente, l’animosità della donna verso le altre è sempre una delle sue caratteristiche comportamentali più evidenti; sarebbe estremamente ingenuo, dal momento che di rado gli esseri umani manifestano apertamente, in maniera franca e diretta, i loro desideri, specialmente quando questi ultimi sono imbarazzanti o socialmente riprovevoli.
Abbiamo già parlato di questo aspetto della questione in un precedente articolo («Cosa si nasconde dietro l’avversione implacabile della donna nei confronti delle altre?», apparso sul sito di Arianna Editrice in data 14/10/2010), per cui ora non ci soffermeremo oltre su di esso, ma punteremo dritti verso il nocciolo del problema: il disamore progressivo della donna verso l’uomo e, parallelamente, il suo crescente interesse per le altre.
In fondo, ciò che definisce la natura dei rapporti fra l’io e il tu è la coscienza di sé; ma, in tempi di relativismo e di confusione, non bisogna aspettarsi che quest’ultima sia limpida e chiara, bensì bisogna saperne leggere e interpretare i sogni proibiti, le fantasie inconfessabili.
Osserva Nancy Friday, la nota autrice del «Mio giardino segreto», nel libro «La vita allo specchio» (tiolo originale: «The Power of Beauty», Milano, TEA, 2000, p. 193):

«Fino a vent’annui fa, le fantasie femminili concernenti altre donne erano relativamente scarse. Oggi rappresentano il tema maggiormente diffuso. In realtà le donne si sento sessualmente attratte da altre donne, tanto nella vita reale che nella fantasia, così universalmente attratte da comparire l’una nelle braccia dell’altra  nelle foto di moda, nei film, ovunque. È un dato di fatto che le donne entrano ed escono dai letti di altre donne senza pensarci due volte. In un certo senso, sembra la cosa più logica in un mondo in cui esse stanno reinventando il significato di essere e apparire donna. Facciamo gli stessi lavori degli uomini, ma ci avvinghiamo più che mai al desiderio di sembrare una donna. Chi è la donna oggi?  Cosa significa essere donna? Ci voltiamo piene di curiosità , ansiose di esaminarci da vicino e di trovare conferma su cosa significhi essere femmine, proprio come quando avevano nove anni.»

L’autrice si compiace di queste riflessioni e vanta una supposta superiorità della franchezza femminile, che non si vergogna delle proprie tendenze omosessuali, rispetto all’inibizione maschile, che se ne vergognerebbe molto: questione di punti di vista.
In un altro suo best-seller, «Donne sopra», ella aveva raccolto decine e centinaia di interviste-confessione da parte delle donne riguardo ai loro sogni proibiti e alle loro fantasie erotiche, scoprendo che anche donne eterosessuali, o che si dichiarano tali, godono ad immaginare di trovarsi coinvolte in situazioni omosessuali più o meno esplicite.
Così, ad esempio, dopo aver evidenziato l’esibizionismo e l’eterno bisogno di essere seduttrici, la forte componente sadica presente in molte fantasie sessuali femminili e il costante desiderio di assumere una posizione di controllo, la scrittrice americana passa ad esaminare le fantasie lesbiche e si accorge che sono anche delle donne regolarmente sposate o fidanzate a coltivarle e a servirsene per preparare o potenziare l’orgasmo con il loro uomo.
Una ventottenne di nome Natalie, laureata e impiegata in uno studio legale, è fidanzata e in procinto di sposarsi; si dichiara eterosessuale nella pratica, ma non nelle fantasie; quindi descrive alcune di queste ultime e si sofferma sulla seguente (N. Friday, «Donne sopra»; titolo originale:«Women on Top», 1991; traduzione italiana di Anna Rusconi, Milano, Mondadori, 1992, pp. 186):

«La fantasia che segue è la mia preferita. La mia amica Ann e io stiamo andando in bicicletta per i boschi. È un giugno meraviglioso, abbiamo preparato i cestini con la colazione e una bottiglia di vino, e adesso percorriamo un sentiero poco battuto. Dopo una giornata fantastica, sulla via verso casa ci rendiamo conto che abbiamo bisogno della toilettte. Mancano cinque chilometri, ma per cortesia io decido di trattenerla. Ann, invece, non ce la fa., così ci allontaniamo un po’ dal sentiero e cerchiamo un posticino nascosto. Ann mi precede, si abbassa in jeans e mutandine e si china per fare pipì. Mi volta la schiena e mentre anch’io mi abbasso a sfiorare con la testa il tappeto di aghi di pino, osservo il rivoletto che scende da quel luogo segreto fra le sue gambe. Non ho mai visto Ann nuda prima di allora, e sono sorpresa dalla bellezza del suo culetto.
Il rivolo si assottiglia fino a spegnersi e io mi rialzo per allontanarmi, quando Ann mi chiede di aspettare un momento. Abbassa ulteriormente le natiche e comincia a spingere. ..»

Segue una descrizione molto minuziosa della soddisfazione dei bisogni corporali dell’amica, cosa che provoca nella protagonista una inattesa, sconvolgente eccitazione sessuale; poi è lei che viene assalita da una necessità fisiologica, e l’altra la osserva, facendo aumentare la sua eccitazione; infine cominciano a procurarsi reciprocamente l’orgasmo in maniera diretta.
Quello che qui ci interessa osservare è che una donna come Natalie - e probabilmente ve ne sono molte come lei, oggi - può anche affermare di essere eterosessuale e di sentirsi impaziente di sposare l’uomo perfetto, con il quale è fidanzata; ma ciò mostra solo fino a che punto può arrivare l’autoinganno di una donna, che pure è abbastanza spregiudicata da raccontare proprie fantasie più intime a un’estranea, sapendo che verranno pubblicate e lette da milioni di persone.
Del resto, è vero che fra amiche si crea una intimità fisica e psicologica molto più naturalmente di quanto avviene fra amici maschi; numerosi romanzieri e registi hanno trattato questo tema, sovente con buon gusto e delicatezza, come ha fatto Michel Deville nel film «Le voyage en douce» (1981), interpretato da Dominique Sanda e Geraldine Chaplin.
Resta il fatto che, naturalezza e buon gusto a parte, per molte donne - come evidenzia anche la Friday - l’attrazione omosessuale è vista come relativamente ovvia e perfettamente conciliabile con quella per l’uomo; mentre, se un uomo diviene consapevole di una simile attrazione verso un altro uomo, prova dei sentimenti fortemente conflittuali.
La Friday ne desume, invero con un ragionamento un po’ ellittico, che l’identità sessuale è più forte nella donna che nell’uomo, probabilmente partendo dal sottinteso freudiano che a spaventarci è ciò che, nel profondo, ci attrae; per cui le donne, non essendo spaventate dalle proprie tendenze omosessuali, avrebbero anche una più salda identità di genere.
A noi sembra che si potrebbe rovesciare il ragionamento e sostenere esattamente il contrario, ossia che la più forte identità sessuale è quella che viene testimoniata dal rifiuto e dal disgusto nei confronti delle inclinazioni omosessuali; in fondo, si tratta di vedere se il presupposto di Freud è giusto e  se  sia lecito assolutizzarlo.
Proviamo a riflettere.
La tesi di Freud è che quanto più una cosa trova rispondenza nel nostro inconscio, tanto più fortemente noi la respingiamo, se essa è in contrasto con le norme del super-io: per cui è ossessionato dall’ordine chi, segretamente, sarebbe disordinato; è un fiero moralista, colui che sarebbe portato ad infrangere la morale corrente;  si comporta in modo duro e arrogante colui che ha una scarsa fiducia in se stesso e, in fondo, non desidererebbe altro che essere dominato, manipolato, ridotto a oggetto sessuale da una personalità più forte della sua.
Ora, senza negare che tale disposizione psicologica possa darsi, a noi pare che ciò accada più che altro nell’ambito della psicopatologia: perché sono le persone che hanno delle difficoltà di ordine psicologico a reagire in una tale maniera ai propri impulsi, non quelle che hanno raggiunto un buon grado di stabilità e di armonia con se stesse.
E questo è appunto il difetto fondamentale della psicoanalisi freudiana: l’avere assolutizzato i risultati delle osservazioni fatte su dei soggetti più o meno gravemente disturbati, nevrotici, squilibrati e avervi costruito sopra addirittura una filosofia e una teoria della religione (con l’ invenzione di Dio come proiezione angosciosa della figura paterna).
Ma, tornando al nostro discorso, il procedimento freudiano basato sul sospetto, che è un procedimento poliziesco nella sua tecnica e nella sua essenza concettuale, pretende addirittura di capovolgere ogni comportamento nel suo contrario, quanto alla verità degli istinti profondi: il che è aberrante.
Sarebbe come dire che chiunque mostri amore per suo padre, in realtà vorrebbe vederlo morto e cerca solo di placare i sensi di colpa, magari inconsci, che ciò gli provoca; che chiunque tenga in gran conto con l’amicizia per un caro compagno, sia in realtà un omosessuale che non osa dichiararsi tale e che si nasconde dietro il velo di nobili e disinteressati sentimenti; che chiunque intrattenga caldi e affettuosi rapporti con il proprio fratello o con la propria sorella, in realtà è divorato dalla gelosia e da un’invidia feroce e sta unicamente sforzandosi di dissimulare la rivalità e l’odio che nutre da sempre nei loro confronti.
Ancora: se uno studente fa i complimenti ad un compagno per un esame brillantemente superato, vuol dire che, sotto sotto, sta schiattando d’invidia e avrebbe voluto vederlo bocciato e umiliato; se una maestra fa una carezza sul viso a un bambino, nel suo inconscio ribolliscono vergognose pulsioni erotiche, degne d’un pedofilo; e se una persona si dice soddisfatta della propria casa, del proprio lavoro, della propria famiglia, ciò significa, in realtà, che detesta la propria casa, che vorrebbe cambiare lavoro e che non ne può più dei familiari.
Eh, andiamoci piano: questo è un delirio allo stato puro.
Lasciamo dunque a Nancy Friday le sue convinzioni freudiane e, per parte nostra, accontentiamoci di mettere in dubbio il suo assunto.
Il problema del rapporto fra i sessi, in questa tarda modernità, è che la scarsa identità di genere spinge sia gli uomini che le donne verso la scorciatoia delle pratiche omosessuali, nelle quali si crede di esorcizzare la paura del diverso, buttandosi tra le braccia del proprio simile: il che è pressappoco come voler curare il mal di testa con le decapitazioni.
La ricchezza e la bellezza del rapporto fra uomo e donna sono e rimangono quanto di meglio due esseri umani possono scambiarsi reciprocamente lungo le strade, talvolta faticose, sempre problematiche, della vita; tuttavia, perché si tratti di un’esperienza felice, è necessario che entrambi vi portino la propria parte migliore, sia come identità di genere, sia come identità personale: affettiva, intellettuale, spirituale.
Solo un uomo e una donna spiritualmente evoluti, liberi dal doppio attaccamento della paura e della brama, possono realizzare un incontro del genere; e solo se entrambi vi giocano la propria parte migliore, con lealtà, con umiltà e con senso di responsabilità.