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Restituire al popolo la proprietà della moneta

di Andrea Angelini - 06/06/2011

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Il 14 maggio 2011 è nato il Comitato per la presentazione della legge d’iniziativa popolare per il ritorno al popolo della proprietà della moneta. L’iniziativa è stata lanciata dal monetarista Savino Frigiola che ha ripreso le tematiche che erano state sollevate a suo tempo dal professor Giacinto Auriti dell’Università di Teramo.  Tematiche che la crisi finanziaria internazionale, il ruolo dell’euro come moneta “virtuale” rendono quanto mai attuali.
A giudizio di Frigiola, il perdurare della crisi economica ed occupazionale spinge inesorabilmente a far comprendere ai lavoratori ed ai datori di lavoro la necessità di recuperare la perduta sovranità monetaria nazionale. In economia la moneta ha la stessa funzione fisiologica dell’acqua nell’organismo umano. Di conseguenza entrambe debbono essere pubbliche poiché svolgono la funzione di pubblica utilità. La “Teoria del Valore Indotto della moneta” enunciata da Giacinto Auriti, e venne confermata dalla successiva denuncia dei patti di Bretton Woods fatta il 15 agosto 1971 dal presidente Usa Richard  Nixon, quando la Casa Bianca mise fine alla convertibilità del dollaro in oro, a causa dell’enorme quantità di petrodollari in circolazione che, se portati al’incasso, avrebbero prosciugato le riserve auree di Fort Knox.

Entrambe questi fatti, insiste Frigiola, hanno definitivamente stabilito che il valore della moneta è conferito dai cittadini che la utilizzano e non dalle banche centrali che l’approntano. L’attuale crisi economica ed occupazionale, che è ancora molto lontana dall’essere superata, è stata realizzata con la violenta sottrazione di liquidità dal mercato e pubbliche amministrazioni, nonché dalla massa debitoria generata dall’emissione monetaria ad opera dei privati e dal pagamento dei relativi interessi passivi.  Il recente patto di stabilità europeo ha imposto all’Italia il rientro del debito pubblico di un ventesimo ogni anno dell'importo che eccede il 60 % del PIL, circa 45 miliardi di Euro ogni anno. E questo corrisponde al doppio della già pesante finanziaria in corso.

Il nostro “Sistema Paese” che è già fortemente debilitato non è in grado di poter sostenere un simile salasso da cavallo. Per rilanciare i processi produttivi ed occupazionali vi è invece l’assoluta necessità di poter ridisporre almeno della liquidità che ci è stata fatta sparire con le truffaldine operazioni finanziarie legate ai “Bond cabriolet” profusi a piene mani. E questo dovrà avvenire senza indebitarci ulteriormente verso il sistema monetario che ha anche il potere di poter aumentare i tassi a suo piacimento per poi incassarli.
E’ necessario agire rapidamente per bloccare la crisi come quelle imposte a Portogallo, Irlanda, Grecia e Islanda. Oggi, dopo Spagna e Belgio, sotto tiro ci siamo proprio noi. Lo Stato Italiano deve smetterla d'indebitarsi per monetizzare il mercato o per pagare i suoi titoli di debito che vengono quotati dalle società di rating secondo le desiderate della cricca monetaria anglosassone ed europea. Se i titoli del debito pubblico dello Stato italiano sono buoni e valgono, al punto da essere accettati e scontati dagli avveduti e prudentissimi banchieri privati, debbono valere anche i titoli monetari emessi dallo stesso Stato.

Poiché vantiamo una positiva ed invidiabile esperienza di emissione monetaria diretta da parte dello Stato, occorre che il mondo della produzione e dei consumi, abbandonati da una “politica” che è in balia dei banchieri, si coalizzino per costringere la Pubblica Amministrazione a riassumere il ruolo che le compete, a tutela degli interessi dei cittadini tutti. Questo dovrà avvenire mediante la guida economica dell'intera Nazione che non può essere separata da quella monetaria, che è affidata in modo sciagurato alla “cupola” dei banchieri. Tutto questo accade inevitabilmente quando si affidano o si abbandonano queste funzioni ai banchieri privati, la cui prima caratteristica è quella di essere famelici ogni oltre misura. Bisogna  smetterla di non vedere che la politica è riuscita a mettere i topi a guardia del formaggio. E poiché quando si hanno i topi in casa non si può guardare al colore dei gatti, è altrettanto opportuno, nell’interesse generale,  che tutte le categorie economiche e produttive, si apprestino a fornire i propri gatti anche se dai colori più variegati, affinché si possa con una azione comune realizzare la derattizzazione nelle casse dello Stato che sono di proprietà di tutti i cittadini.

Lo Stato deve tornare a battere moneta in nome e per conto dei propri cittadini; deve acquisirne la proprietà a titolo originario per rilanciare l’economia, l’occupazione e la ricerca. come conferma la centennale esperienza effettuata dal 1874 al 1975. Questa impostazione aveva consentito, subito dopo l’unità d’Italia, di realizzare tutte le infrastrutture necessarie al nuovo Stato nazionale nascente, compreso i palazzi e quartieri “umbertini”, che ancora troneggiano nelle nostre città, senza imporre tasse e senza accendere debiti. Successivamente utilizzando sempre la stessa emissione monetaria si sono realizzate una miriade di opere pubbliche ancora esistenti dalle inconfondibili linee architettoniche. Tutto questo venne realizzato senza aumentare le tasse e senza aumentare il debito pubblico che anzi, sino al 1940 era rimasto stabile al 20 % (tra i più bassi della storia d’Italia) per passare poi al 25% nel 1945, dopo una guerra persa.

Successivamente lo Stato italiano continuò a battere moneta sino al 1975. Gli introiti così incamerati hanno seriamente contribuito alla ricostruzione del territorio nazionale devastato dagli eventi bellici. A tale proposito va ricordato che all’inizio degli anni 70 il debito pubblico era sceso al 20 %. Tutte queste esperienze storiche confermano e dimostrano che il debito pubblico è generato dall’emissione monetaria dei banchieri privati. Giova trarre profitto dalle esperienze altrui: in Islanda hanno cacciato i vecchi governanti e hanno messo giustamente sotto processo otto banchieri, mentre gli altri sono fuggiti. Cominciamo allora a muoverci per non lasciare ai nostri figli un mondo peggiore di quello che abbiamo trovato.