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Swastika: analisi storico antropologica di un simbolo millenario

di W. Norman Brown - 21/06/2011

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The swastika is the symbol used on flags,
arm bands, books and banners by the National
Socialists of Germany, the Nazis.
Adolf Hitler and other leaders of the Nazis
have made the claim that the swastika is
the historic property of the so-called
Aryan people and that it has a traditional
Christian significance.
What is really known about the swastika?
What is the scientific basis for the Aryan claim?
Dr. W. Norman Brown, a distinguished
American scholar, professor of Sanskrit at
the University of Pennsylvania and a leading
Orientalist, submits the Nazi claims to
the tests of historical, scientific evidence.
In this terse essay, Dr. Brown gives a complete
account of the origin of the swastika
symbol and its use among ancient peoples.
 
(dal risguardo di copertina dell’edizione originale americana)
 
di W. Norman Brown
 
Adolf Hitler e i nazionalsocialisti usarono lo Swastika come loro emblema.
Asserivano che si trattasse di un puro simbolo “Aryano”, che ebbe origine in Europa tra gli “Aryani” e che è una caratteristica speciale dei popoli “Aryani” in generale e del popolo tedesco in particolare. Tutti i dati oggi disponibili mostrano che queste rivendicazioni sono infondate.
Affermavano, inoltre, che lo Swastika ha avuto un uso speciale nel Cristianesimo delle origini; questa affermazione è anch’essa senza fondamento.
1. Il significato
della parola “Aryano”
 
I nazionalsocialisti adoperano il termine “Aryano” nel senso che gli scienziati danno alle parole “Indoeuropeo” e “Indo-Germano”. Queste designano un numeroso gruppo di popoli uniti da una comune cultura la cui caratteristica più rilevante è l’affinità linguistica.
In un dato periodo, più di quattromila anni fa, gli originari Indoeuropei costituivano un gruppo di tribù incivili che vivevano in un’area relativamente piccola, con una religiosità abbastanza omogenea, con istituzioni più o meno similari, parlando dialetti molto affini tra loro. Dove fosse la loro prima sede non lo sappiamo con certezza. Alcune autorità l’hanno posta in questa o quella zona d’Europa; altri hanno optato per l’Asia. Ovunque fosse stata, sappiamo ora che verso il 2000 a.C. molte di queste tribù cominciarono a migrare verso vari posti dell’Europa e dell’Asia, dove si scontrarono con alcune grandi civiltà antiche, salendo così alla ribalta della storia. Nel giro di pochi secoli assunsero la direzione della scena mondiale e da allora sono cresciuti d’importanza tanto che oggi costituiscono il più potente insieme di popoli e il loro linguaggio è il più diffuso.
Anche in epoca antica e medievale gli Indoeuropei dominavano su una vasta area. Nell’estremo sud-orientale del loro territorio c’erano gli abitanti dell’India settentrionale e centrale, e i Persiani, noti assieme come “Indo-Iranici”, a costituire un sottogruppo a cui gli studiosi riservano il termine “Aryani”. Più lontano a nord e a occidente c’erano gli Armeni; poi i Balto-Slavi da cui sono discesi Lituani e Lettoni, Russi, Polacchi, Serbi, Cechi, Croati, Sloveni ed altri Slavi. In Asia Minore c’erano i Frigi. Oltre l’Ellesponto e il Mar Nero c’erano gli Sciti e i Traci. Nell’Europa meridionale stavano Greci, Albanesi, Latini ed altre tribù italiche. I Celti stavano nell’Europa occidentale e settentrionale. Ancora più a nord, tra Celti e Balto-Slavi, vi erano le tribù germaniche, compresi i cosiddetti “Anglo-Sassoni”. C’erano anche numerosi popoli Indoeuropei minori disseminati fra Asia ed Europa. Infine, gli Ittiti dell’Antico Testamento si è scoperto nei decenni passati che possedevano molte affinità con gli Indoeuropei. Molti di questi numerosi popoli hanno da allora perso la loro identità, ma il numero globale degli Indoeuropei è andato costantemente aumentando e il loro campo d’influenza è anch’esso aumentato.
Nei tempi moderni gli Indoeuropei si sono diffusi su tutta l’America e su gran parte dell’Africa, hanno raggiunto l’Australia, le isole del Pacifico e preso possesso dei Poli.
Il termine “Indoeuropei” o “Aryani” nell’accezione “nazista”, ha il suo pieno significato applicato alla cultura. Riferito alla razza fisica non dice invece nulla. Ci sono ancora vestigia popolari di una credenza che i primi Indoeuropei fossero Nordici, un tipo umano alto, a cranio allungato, dai capelli biondi e gli occhi blu; ma questa credenza è vista da filologi e antropologi come nulla più che un mito. Da nessuna parte lungo tutto l’intero mondo indoeuropeo abbiamo tracce di un tempo in cui vi fosse un tipo fisico con caratteristiche di purezza che potesse definire la razza indoeuropea. Ovunque c’è ora, e c’è sempre stato, un rimescolio di razze. Anche in Scandinavia, attuale roccaforte dei Nordici, ogni evidenza, compresa quella preistorico-archeologica, garantisce la presenza di tipi fisici differenti fianco a fianco con i Nordici: corporatura piccola, occhi scuri “mediterranei”; tarchiati, crani arrotondati “alpini”; e incroci delle tre.
Neanche culturalmente l’espressione “Indoeuropeo” o “Aryano” indica totale uniformità. In ogni epoca vi furono fra i vari popoli adattamenti religiosi, artistici, linguistici, sociali, politici e di altro tipo, e col tempo trascorso, queste variazioni e difformità si sono accresciute. In molti casi moderni ci sono state sostituzioni di antiche istituzioni con altre nuove introdotte da un ambiente non indoeuropeo. La vecchia religiosità indoeuropea è tramontata, e gli Indoeuropei d’Europa e d’America hanno adottato per lo più il Cristianesimo, una fede le cui origini vanno ricercate in un gruppo culturale completamente diverso, i Semiti. Altri Indoeuropei, come in India, aderiscono a religioni che al massimo di aryano hanno solo l’aspetto. Gli elementi religiosi indoeuropei, molto forti fra gli Indù, che composero gli inni del Rig-Veda, sono ora stati ampiamente soppiantati dalle usanze che gli invasori aryani avevano trovato in India e che assimilarono, o svilupparono dopo il loro arrivo. Poco rimane oggi in India o altrove dell’originaria religiosità indoeuropea, e laddove rimane, è incastrato come un fossile nel materiale estraneo come, per esempio, i nomi dei nostri giorni della settimana: Tuesday, Wednesday, Thursday, Friday, che riecheggiano i non più venerati dèi del nostro passato teutonico.
Dei molti aspetti della cultura indoeuropea, il linguaggio è quello che è rimasto il più costante; ma anch’esso è stato pesantemente alterato nel momento stesso in cui gli Indoeuropei avanzavano nei nuovi territori e la loro parlata si incrociava con quelle altrui. Nessuno è nato parlando sia inglese che hindi, o inglese e russo, e probabilmente sarebbe incredulo se gli si dicesse che le due lingue sono cugine. Anche quelle relativamente vicine, come l’inglese e il tedesco, o le ancor più vicine francese e italiano, sono tra loro incomprensibili. Possiamo anche dimostrare il legame tra questi linguaggi, e sulla base di ciò e sulle analogie possiamo ricostruire una gran mole di informazioni sulla preistoria indoeuropea. I linguaggi presentano un sostrato di base simile nella cultura indoeuropea diffusa nel mondo, che può variare profondamente in un altro, più chiaro ed esterno; qualità e linguaggio, perciò, costituiscono il criterio che caratterizza un popolo o una persona come indoeuropea.
Questo fatto è rigorosamente dimostrabile negli Stati Uniti. Il nostro paese e noi siamo Indoeuropei. Ma siamo anche una mescolanza dei più svariati apporti razziali e culturali. Abbiamo la pelle bianca, scura, gialla, nera. L’inglese è la lingua madre, non solo di quegli antenati che numerose generazioni fa parlavano inglese, tedesco, francese, italiano, russo ed altri idiomi indoeuropei, ma anche di quelli che parlavano i dialetti negri dell’Africa, i dialetti mongoli dell’Asia, i dialetti dei nativi d’America. E’ ancora il vincolo di una cultura comune prevalente su tutti i linguaggi comuni nativi, che ci rende ora tutti Indoeuropei. Condizioni analoghe vigono anche oggi, e sempre hanno prevalso, in tutto il mondo Indoeuropeo.
In modo più ristretto, lo stesso tipo di situazioni vige nei nazionalismi. Dove non c’è un linguaggio comune, la nazionalità è sempre messa in pericolo dai dissensi interni, come nell’ex Impero Austriaco, o in Belgio o in Canada. Perché, dei molti elementi che possono contribuire alla coscienza nazionale, quello di un comune linguaggio è il più importante. L’inglese, per esempio, è il risultato della mescolanza di numerose tribù, le più in viste delle quali erano i Celti e i Germani; e la civiltà inglese deriva da Celti, Danesi, Anglo-Sassoni, Franco-Normanni, Romani, Greci e attraverso quest’ultimi dall’intera civiltà dell’Asia occidentale e dell’Egitto. Oggi in Germania il tedesco è parlato non solo dagli antenati dei Germani, ma anche dai discendenti dei Cechi, dei Celti, dei Prussiani (un popolo che nel Medioevo apparteneva al gruppo baltico, come oggi i Lituani). Un popolo inglese o tedesco “puro” non esiste, a meno che noi riconosciamo come criterio distintivo della purezza nazionale il linguaggio di nascita. Da un punto di vista scientifico, tutti quelli che in Inghilterra e Germania parlano inglese o tedesco quale loro lingua-madre sono per ciò stesso Inglesi o Tedeschi. Allo stesso modo, quelli che parlano un idioma indoeuropeo quale loro lingua nativa sono Indoeuropei. Ogni sforzo distintivo dovuto alla religione o ad una precedente ancestrale affinità non è scientifico.
 
2. Alcuni popoli incontrati
dagli indoeuropei
 
Opposti agli Indoeuropei ci sono altri gruppi di popoli, come gli Uralo-Altaici, che includono Mongoli, Finni, Magiari (Ungheresi), Turchi e altri; oppure gli Hamiti, nell’Africa settentrionale, o ancora i Semiti nell’Asia sud-occidentale. Con alcuni di essi e con altri poco conosciuti al pubblico americano, gli Indoeuropei hanno avuto importanti contatti nel corso delle loro peregrinazioni sulla terra.
C’è il gruppo Dravidico, che stava in India prima che gli Aryani arrivassero dal nordovest verso il 1500 a.C. o più tardi, e sembra che abbia costituito una civiltà. Gli Aryani non si sono mai mossi prima dalla partenza dei Dravidici verso est e sud fino ad oggi dove sono quasi tutti confinati nella parte meridionale della penisola indiana.
Un altro gruppo è quello dei Semiti, che occuparono l’Arabia e la Fenicia e almeno parte della Mesopotamia allorché gli Indoeuropei giunsero in Asia Minore e in Persia. I Semiti, attraverso i Babilonesi e gli Assiri, dettero alla Persia gran parte della sua civiltà; e attraverso gli Ebrei e gli Arabi, dettero al mondo le religioni giudaica, cristiana e maomettana.
Un altro gruppo, su cui l’archeologia ci fornisce quasi giornalmente nuovi dati, è quello che dal 3000 a.C. si estese lungo l’altopiano iranico dal Balucistan a oriente fino ai confini della Mesopotamia e dell’Asia Minore a occidente, e dal Caucaso e dal Caspio a nord fino al Golfo Persico a sud. Questa regione venne poi assoggettata dai Persiani, e sembra fosse lungo il percorso seguito dagli Aryani per giungere in India. Conosciamo ancora molto poco di questa cultura, ma ci sono considerevoli evidenze che ne proclamano l’esistenza; gli è stato dato il nome di “Jafetica” – termine che una volta era stato proposto, ma senza successo, per gli stessi Indoeuropei.
A occidente della cultura jafetica c’era un’altra cultura, non ancora ben delineata, che gli archeologi definiscono “Anatolica”.
Un’altra importante cultura che gli Indoeuropei trovarono ancor più a occidente è quella chiamata “Egea”. Prevaleva ad Hissarlik, il sito dell’antica Troia, nel terzo e secondo millennio a.C., nella parte occidentale dell’Asia Minore, a Creta, Cipro, nelle isole egee e sul continente greco; la sua civiltà precorse quella greca classica.
Quali rapporti intercorressero tra i Dravidici, gli Jafetici, gli Anatolici e gli Egei durante il quarto e terzo millennio a.C. lo stiamo scoprendo solo ora. E’ probabile che tutte queste culture, che si irradiarono dalla zona degli altopiani, fossero strettamente connesse, ma circa il legame etnico dei loro progenitori, ben poco si sa finora.
Uno dei fatti più impressionanti che si verificano quando le diverse culture vengono a confronto è quello quando si scambiano le loro caratteristiche minori o maggiori. Un esempio tra i più eclatanti è nella totalità con cui gli Indoeuropei d’Europa aderiscono ora alla fede semita dei Cristiani. Ovunque gli Indoeuropei, come stranieri, assoggettarono un popolo urbanizzato, furono sempre lesti ad imparare dal conquistato. Roma civilizzò i Teutoni che devastavano e bruciavano le città romane. I Persiani crebbero sulla grande civiltà che li precedette; così pure gli Aryani dell’India; così, ancora, fecero i Greci. Gli Indoeuropei sono stati geniali nella conquista politica e nell’assimilazione, nello sviluppo e nella diffusione delle più avanzate culture da essi incontrate. Nel loro stato originario erano forti di corpo e di mente ma incolti. Quelli che vinsero gli dettero una cultura che essi poi utilizzarono per costruire il loro attuale edificio intellettuale, sociale, industriale e politico.
 
3. Storia originaria
dello Swastika
 
Lo Swastika è uno dei tanti prestiti minori che gli Indoeuropei hanno preso dai loro vicini.
Le origini di questo come di molti altri diffusi simboli, si perde nell’oscurità della preistoria. Non sappiamo come successe, il punto preciso dove successe, o perché successe. Sappiamo che in diverse località e in diversi momenti ha avuto differenti significati. E’ stato considerato un simbolo del sole, della fertilità femminile, dell’uomo macrocosmico. Oggi in Germania simboleggia la tensione aryana verso la luce. Ma la più antica delle interpretazioni conosciute, così come la più recente, può solo intendersi come la razionalizzazione di un carattere favorevole che il simbolo ha assunto per alcune ragioni fin qui a lungo dimenticate.
Infatti il solo elemento interpretativo sullo Swastika che sembra costante è quello relativo alla sua buona fortuna. Il vero nome “Swastika” è una parola sanscrita che significa “oggetto beneaugurante” e sebbene il primo caso conosciuto di questa parola è di soli duemila anni posteriore ai primi esemplari indostani conosciuti del simbolo, il significato probabilmente è sempre stato lo stesso.
Oggi, questo simbolo ha molti altri nomi, come gammadion, fylfot, Hakenkreuz, e altri, ma Swastika è il più comune. Ha avuto anche molte variazioni ed elaborazioni nel suo aspetto, ma la forma più semplice, è quella di una croce ad angoli retti a quattro bracci uguali, ognuno dei quali si continua ad angolo retto in una identica direzione circolare, cioè si muovono tutti a destra (destrogiri) o a sinistra (levogiri).
In alcune località il movimento a destra è considerato favorevole mentre quello a sinistra negativo ma in generale, la distinzione non è considerata, e tutte e due le direzioni sono viste come positive.
Sebbene ci siano delle lacune nella nostra conoscenza dello Swastika, specialmente per i primordi della sua storia, abbiamo nondimeno un enorme numero di esempi provenienti da ogni parte del mondo. Molti di essi ci giungono da recenti scavi archeologici, e grazie ad essi siamo ora capaci di delineare una storia approssimata e provvisoria delle origini del simbolo e della sua prima migrazione, cosa che non è stato possibile fare in precedenza.
Il fatto rilevante circa lo Swastika nell’antichità è che il suo areale d’origine era un vasto territorio che partiva dalla valle del fiume Indo in India e si estendeva verso occidente lungo la Persia e l’Asia Minore fino a Hissarlik (antica Troia), ai bordi dell’Ellesponto.
 
Nella valle dell’Indo
Per continuità cronologica, frequenza, e ottima fattura, gli esempi della Valle dell’Indo sono tra i più interessanti.
Nel 1924 la Sovrintendenza Archeologica dell’India annunciò i primi risultati degli scavi che erano stati eseguiti in quella valle in due siti chiamati Mohenjo Daro e Harappa, e nel 1931 fu descritto il lavoro compiuto in tre grossi ma concisi volumi ricchi di numerose ed ottime illustrazioni. Gli archeologi hanno fatto molte scoperte sensazionali, ma la scoperta della civiltà della Valle dell’Indo fu tra le più sensazionali. Fino a quel tempo non si avevano reperti materiali dall’India che indicassero una civiltà precedente il primo millennio a.C. Ora, con relativamente pochi colpi di vanga, abbiamo la certezza che sono esistite città altamente organizzate nell’India occidentale proprio duemila anni prima. Queste due città erano grandi e ben costruite; le case di mattoni erano edificate con cura a più piani e con molte stanze. Un aspetto caratteristico era la grande attenzione per il deflusso delle acque, sia delle case che delle strade. C’era la scrittura ma noi non siamo ancora stati in grado di decifrarla. Furono trovati resti di ceramica, pietra e metallo. Siamo anche in grado di fare delle deduzioni sulla religione. L’arte era ben sviluppata, specie per quello che si vede dai molti sigilli, che raffigurano sia animali che disegni geometrici lineari.
Questa civiltà non era limitata ai due siti scoperti; nella Valle dell’Indo ci sono altri rialzi del terreno che aspettano di venire scavati. Molte problematiche di grande interesse sono sorte dalle scoperte di Mohenjo Daro e Harappa e ne sono conseguite molte nuove conoscenze. Prima di tutto c’è il fatto che la civiltà dell’India può venir fatta retrocedere ad un periodo che si avvicina all’antichità nota della Mesopotamia e dell’Egitto. In secondo luogo, c’è il fatto che questa cultura ritrovata mostra una duplice similitudine, da una parte, con le più antiche civiltà storiche dell’India dal primo millennio a.C. in poi, e dall’altra, alle antiche e ancora in parte sepolte civiltà che stanno a occidente di essa in Balucistan, Persia, Mesopotamia ed anche Egitto.
Sfortunatamente non sappiamo proprio quale popolo sviluppò questa grande cultura. Essa non sorse tra gli Aryani, poiché esisteva 1500 anni prima che gli Aryani invadessero l’India. Si può congetturare che fosse una civiltà dravidica, il popolo che gli Aryani spinsero davanti a sé nella loro avanzata. Se potessimo decifrare i numerosi sigilli scritti, saremmo probabilmente capaci di risolvere la questione.
Tra gli scavi di Mohenjo Daro e Harappa si sono trovati numerosi sigilli con splendide raffigurazioni dello Swastika. Nei volumi pubblicati dalla Soprintendenza Archeologica dell’India nel 1931 se ne sono riprodotti una quindicina, e tale quantità dimostra che il simbolo non era occasionale, ma abbastanza comune. L’India, durante il suo periodo storico, è stata la patria dello Swastica per eccellenza; e da tempo è risaputo che il simbolo qui ha avuto, per oltre duemila anni, una frequenza e varietà di utilizzo senza raffronti altrove. Ora sappiamo che lo Swastika fu anche completamente ben stabilito nella più antica civiltà indiana. Compare tra i primi reperti delle civiltà, fin dal 2500 a.C., probabilmente dal 3000 a.C., e compare in forme compiutamente sviluppate, in contrasto con altre meno recenti ma più primitive e imperfette trovate in seguito in occidente. Esisteva prima dell’arrivo degli Aryani in India da cui però prese il nome. Come altri simboli adoperati in India dagli Aryani nelle monete e nelle sculture di pietra, gli venne trasmesso dai loro predecessori non-Aryani. Fu un semplice dettaglio nel bottino che i vincitori presero ai vinti.
 
Nella regione “Jafetica”
In numerose altre località dell’India occidentale si sono rinvenuti antichi reperti di Swastika. Recenti veloci esplorazioni in Balucistan hanno rivelato una vasta e diffusa civiltà, antica quanto quella della Valle dell’Indo, sconosciuta ancora un decennio fa, e tra i pochi reperti portati via dalle investigazioni preliminari dei siti vi furono i sigilli con lo Swastika. Ancor più verso occidente, nella generica regione “jafetica” da noi citata in precedenza, si sono trovati numerosi sigilli mostranti diverse varietà di Swastika, comprese le più antiche già note. Queste, inoltre, risalgono circa al 3000 a.C. Nella pià antica ceramica dipinta di Susa, in Persia, in quella stessa regione e nello stesso periodo, se ne sono trovati alcuni esemplari di ottima e bellissima fattura.
Questi diversi esemplari di Swastika (e di triskelion) risalgono a prima dell’arrivo nella regione degli Indoeuropei, che noi sappiamo avvenne dopo il 2000 a.C.
 
Nella cultura egea
Il successivo livello cronologico per lo Swastika è quello di Hissarlik, il sito della Troia omerica e di molte altre più antiche città che sorsero e decaddero prima. Qui, nella “seconda città”, nota anche come la “città bruciata”, risalente a circa il 2000 a.C., se ne sono trovati molti di terracotta. L’antica Hissarlik faceva parte della civiltà “Egea”; e durante tutto il periodo del bronzo di questa civiltà, finito verso il 1100 a.C., lo Swastika compare sulla ceramica assieme a disegni geometrici e di altra natura. E’ a Hissarlik o altrove in Asia Minore che gli Indoeuropei possono per la prima volta aver incontrato lo Swastika. E’ facile che non molto dopo che nel 2000 a.C. gli Ittiti ebbero fondato da quelle parti il loro impero, alcuni elementi indoeuropei vennero a mescolarsi con le popolazioni di quella regione.
 
Ingresso in Europa
Si può ragionevolmente considerare Hissarlik il punto da cui lo Swastika si diffuse in Europa. Attraverso l’Egeo giunse in Grecia, e fu in epoca post-micenea, cioè dopo il collasso della civiltà egea, che apparve sui vasi di Cipro, Rodi e Atene a partire dal settimo secolo a.C. Fu istoriato su un carro funebre e su altre figure appartenenti al culto di Artemide e altre divinità asiatiche. Raggiunse poi il nord Italia, dove è stato trovato su urne funerarie.
La grande industria del bronzo nell’Egeo, specie a Hissarlik, diffuse i propri articoli e la sua tecnologia in Europa attraverso le vie commerciali. Quando, nell’ultima età del bronzo, manufatti dipinti compaiono nella regione del basso Danubio, lo Swastika è tra questi. I Celti, abili lavoratori del bronzo e dell’oro, impiegarono lo Swastika.
Infine lo acquisirono i Germani, adoperandolo abbondantemente. Lo usarono a scopo ornamentale alla fine dell’età del bronzo, e dopo che incontrarono i Romani lo impiegarono nella lavorazione di raffinate opere di cesellatura. Almeno in un caso, lo Swastika e altri simboli compaiono assieme ad una figura maschile, forse un dio, ma certamente non il dio dei Cristiani. Sia i Franchi che i Germani lo adoperarono, e durante il periodo Franco-Romano in Aquitania e Britannia, lo si rinviene sugli altari, dov’è associato al fulmine, fatto che ricorda l’analogia che si dice vi fosse in Scandinavia tra lo Swastika e il dio Thor.
 
Antiche civiltà ignare
dello Swastika
Uno degli aspetti più caratteristici della storia dello Swastika è la sua relativa mancanza in alcune parti dell’antico mondo civilizzato. L’Egitto sembra non lo abbia conosciuto fino ad epoca ellenistica. Assiria e Palestina, per quanto ne sappia, non lo conoscevano.
Sebbene sia diffuso dal 2000 a.C. dall’Indo fin oltre l’Ellesponto, passò a fianco del grande mondo semitico senza toccarlo. Gli Ebrei non lo usarono. I primi Cristiani non sembra lo conoscessero. Lo adoperarono solo dopo che la loro religione si impiantò in Europa.
 
Ulteriore diffusione
dello Swastika
La storia recente di questo simbolo è molto ricca. Circa quarant’anni addietro il signor Thomas Wilson, del Museo Nazionale degli Stati Uniti, scrisse e pubblicò (1896) un saggio di 250 pagine sullo Swastika sulla base del materiale al tempo disponibile. Da allora molto altro materiale si è aggiunto, parte del quale è stato da me utilizzato per questa trattazione. Oggi si potrebbe scrivere un nuovo libro simile a quello del signor Wilson per ampiezza.
Quando il Buddismo si diffuse oltre l’India, fece conoscere il simbolo nell’Asia Centrale, in Tibet, Cina, Giappone e altrove. Siccome le culture di Grecia, Roma e Bisanzio, e poi ancora dell’Arabia, vennero conquistate da vari invasori stranieri, lo Swastika divenne comune in nord-Africa e in altre parti.
Un curioso problema è quello della presenza dello Swastika in America prima di Colombo. E’ frequente in nord, centro e sud America in forme e fogge differenti. E’ possibile che si sia sviluppato in questo continente indipendentemente dall’Europa e dall’Asia, ma può anche esservi stato portato. Antichi contatti tra Asia ed America sono oggi ammessi, ma la loro natura ed estensione sono sconosciuti.
 
Conclusioni
Le conoscenze disponibili ci consentono di formulare alcune più o meno precise definizioni sullo Swastika. Il suo originario areale di diffusione sembra sia stato l’altopiano iranico, ma il preciso luogo d’origine può essersi trovato in un qualunque luogo tra il fiume Indo a oriente e la Persia o l’alto Iraq a occidente. Si diffuse poi sull’intera regione a partire dal 3000 a.C. Apparve successivamente nella cultura egea, particolarmente ad Hissarlik, verso il 2000 a.C.; da qui si propagò da una parte alla Grecia, e dall’altra al basso Danubio. Da queste due regioni si diffuse a tutto il resto dell’Europa.
Non fu inventato dagli Indoeuropei. I popoli tra i quali apparve per la prima volta furono i cosiddetti “Jafetici” e le genti della valle dell’Indo. Per diversi che fossero tali popoli, non si trattava di Indoeuropei; quest’ultimi, come ci mostrano i riferimenti, non conobbero lo swastika che mille anni dopo che tra quelle genti se ne possedevano degli esemplari. Gli Indoeuropei possono averlo trovato molto presto in Asia Minore nel secondo millennio a.C. o nell’alto Iraq o in Persia prima o poi, e di nuovo in India successivamente. Non risulta che i Germani possedessero il simbolo fino al primo millennio a.C.
Lo Swastika ha assunto una posizione di rilievo nel culto di certe religioni indostane, e forse fu importante in certe religioni dell’Asia occidentale. Tuttavia non ha avuto nessun rilievo nel simbolismo cristiano, dove la sua rilevanza è del tutto accidentale e abbastanza posteriore, non primaria.
Non è né un peculiare simbolo aryano né un peculiare simbolo cristiano; là dove vi è traccia di esso, è perché vi è stato importato da più antiche religioni o da più antichi popoli.
La rivendicazione “nazista” è indifendibile. Proprio come la loro teoria della purezza razziale aryana, anche il loro impiego dello Swastika come simbolo aryo-cristiano, con funzione antigiudaica, antipacifista e antimarxista, è completamente arbitraria. La parola “Aryano” o “Indoeuropeo” non ha nulla a che vedere con l’integrità razziale ed ha solo un debole nesso di uniformità culturale, mentre lo Swastika è molto più antico e diffuso ed è un patrimonio dell’umanità che mal sopporta le loro limitate speculazioni.

trad. Vittorio Fincati
 
Titolo originale: The Swastika, a Study of the Nazi Claims of its Aryan Origin
 
W. Norman Brown
Emerson Books, Inc.
New York 1933
Traduzione di
Vittorio Fincati