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Aboliamo l'insegnamento della Storia!

di Simone Boscali - 23/06/2011

 




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La Storia dovrebbe essere una disciplina ben conosciuta e propedeutica ad ogni altra pratica umana, tecnica o umanistica che sia. Essa si rivela una fonte inesauribile di insegnamenti utili a praticare nel presente l'economia, la politica, la sociologia, il giornalismo. Ma al contrario di ciò che potrebbe e dovrebbe essere oggi, la Storia è diventata esattamente l'opposto, una materia cristallizzata e garante di un sapere finito e statico, utile a conservare lo status quo nelle sue diverse declinazioni.
Per essere concreti occorre dire che la Storia andrebbe studiata e affrontata con lo stesso rigore e metodo di una vera scienza. In chimica, in fisica nessun sapere, nessuna legge o formula sono necessariamente eterni e al contrario la comunità scientifica deve essere pronta a rifiutare una determinazione anche secolare quando questa venisse confutata e sostituita da una nuova determinazione valida. Ne consegue che anche la ricerca debba essere dinamica, infinita, così da avvicinarsi sempre più alla verità.
Si pensi, per fare un esempio classico, a Galileo Galilei e ai suoi studi la cui condanna da parte della Chiesa di allora costituiscono proprio ciò che non vorremmo mai vedere oggi da un uomo di scienza e ricerca.
Come accennato la Storia, diciamo a partire dal '900, ha cessato di essere trattata con rigore scientifico per diventare puro nozionsimo statico. Eventi di importanza epocale per l'umanità non sono più oggetto di ricerca –quando addirittura non si arrivi alla "verità per decreto" come nel caso del cosidetto revisionismo olocaustico– e se il loro studio da parte dei professionisti si limita alla pura conservazione delle versioni ufficiali, il loro insegnamento nelle scuole e università è ancora più superficiale ed ex cathedra.
Giunti a questo punto è lecito chiedersi se un totale annullamento dell'insegnamento della Storia non sia preferibile a una sua interpretazione fiabesca. Oggi politici, economisti, giornalisti, movimentisti si trovano a dover agire facendo i conti con un passato che conoscono in edizione ridotta e filtrata, con fatti distorti a piacimento quando non addirittura inventati.
Ne sia esempio l'attuale struttura del Consiglio di [in]Sicurezza delle Nazioni Unite, retaggio dell'ordine planetario risultato dal secondo conflitto mondiale. Ma cosa c'entra il mondo di oggi con l'equilibrio di settant'anni fa? Forse Italia, Germania e Giappone devono essere gli eterni "cattivi" della Storia mentre USA, Cina e persino la Francia i "buoni"? Se un ipotetico politico italiano con un minimo di sovranità conoscesse il cammino della Storia negli ultimi decenni, si renderebbe conto che quelle condizioni sono totalmente cadute.
Ne sia ulteriore esempio l'ordine monetario dell'Occidente, risultato di un lungo percorso che dal Medioevo ha toccato nel '900 tappe fondamentali verso il dominio delle banche centrali, un percorso che oggi viene bellamente ignorato dagli economisti (nel senso che proprio non lo conoscono) che pertanto continuano a ragionare e proporre ricette improbabili alle crisi finanziarie cicliche per il semplice motivo che non hanno la più pallida idea di quale ne sia la causa a monte.
Per agire nella contemporaneità tenendo conto della Storia la conoscenza di questa deve essere totale, approfondita e aperta a nuove scoperte. Oggi, al contrario, non è ne totale, ne approfondita ne aperta, ma al contrario parziale, superficiale, cristallizzata.
Viene quindi il dubbio se non sia meglio cancellare del tutto ogni insegnamento della Storia così da liberare chi ha la responsabilità delle decisioni da ogni condizionamento dettato dallo pesudo-passato e lasciare che agisca solo in base alle condizioni attuali e contingenti: una totale e beata ignoranza fa certamente meno danni di una conoscenza errata e artatamente costruita.