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Se dieci anni vi sembran pochi

di Massimo Fini - 27/06/2011

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Adesso è ufficiale: gli americani stanno trattando col Mullah Omar per una 'exit strategy' dall'Afghanistan. Lo ha confermato il ministro uscente della Difesa Robert Gates, anche se per evidenti motivi non ha fatto il nome di Omar su cui pende ancora formalmente una taglia di 25 milioni di dollari. È curioso che Gates rimproveri agli europei la scarsa efficacia dell'intervento in Libia proprio mentre sta cercando di svignarsela dall'Afghanistan. In fondo in Libia gli europei ci sono solo da tre mesi e hanno di fronte un esercito che ha ancora carri armati e un minimo di contraerea. In Afghanistan gli americani, con i loro alleati, ci sono da dieci anni e hanno di fronte guerriglieri che combattono quasi a mani nude (kalashnikov, granate, mine imrovvisate e kamikaze), ma che, nonostante l'enorme disparità negli armamenti, non solo sono riusciti a tenere in scacco il più potente, tecnologico e robotico esercito del mondo ma lo hanno messo sotto rioccupando il 75/80% del territorio del loro Paese (stime Usa). Del resto gli americani non hanno alternative. Nel mezzo di una crisi economica acutissima non ce la fanno più a sostenere la spesa per la guerra all'Afghanistan che gli costa 400 miliardi di dollari l'anno. Il pretesto buono per andarsene, adesso ce l'hanno: Bin Laden è stato ucciso, sia pur in modo postumo (era morto sette anni fa) e quell'ectoplasma di Al Zawahiri che ne ha preso il posto ha affermato che cellule di quel che resta di Al Quaeda operano in Yemen, Somalia, Cecenia, Iraq, Maghreb. Nessuno può più decentemente sostenere che il terrorismo internazionale sia ancora in Afghanistan. Inoltre gli americani sono preoccupati perchè da mesi Karzai chiama gli 'alleati' Nato 'forze di occupazione'. Anche lui sta trattando, da tempo, con Omar. Negli incontri, fra emissari, avvenuti in Arabia Saudita nel 2008 il Mullah aveva lasciato pochissimo spazio a Karzai: solo un salvacondotto per lui e la sua cricca. Ora Omar ha cambiato strategia e ha fatto a Karzai due proposte. 1) "Tu, formalmente, sei il presidente dell'Afghanistan democraticamente eletto. In questa veste chiedi alle forze straniere di lasciare il Paese. Voglio vedere con quali argomenti potrebbero risponderti di no". 2) "Unisciti all'insurrezione e col tuo esercito che gli stessi americani hanno armato, cacciamo, insieme, gli stranieri con la forza. Così ti riscatterai da dieci anni di collaborazionismo e potrai avere ancora un ruolo in Afghanistan". Quale opzione sceglierà il Mullah Omar dipende dall'andamento delle trattative con gli americani. Se accetteranno di sgombrare senza lasciare sul suolo afgano nemmeno un soldato e tantomeno un aereo il Mullah è disposto, in cambio, ad ammorbidire la sharia. Se gli americani non accetteranno si alleerà con Karzai, pashtun come lui. Oppure continuerà la guerra da solo, contando sul tempo e sul favore della maggioranza della popolazione che non ne può più degli stranieri.

In questa situazione così fluida è arrivato in Afghanistan Renato Schifani, noto cuor di leone, che, trasportato con impressionanti misure di sicurezza, all'avamposto italiano di Bala Murghab, ha dichiarato:"Fermare ora la missione sarebbe un errore gravissimo. La ritengo intoccabile.... Parlare di un ritiro a breve proprio ora che si dovrebbero cogliere i frutti significa darla vinta ai terroristi". Non ha capito una mazza, come al solito. Nella stessa occasione il generale Giorgio Cornacchione ha rassicurato:"La gente ha iniziato a fidarsi di noi". Beh, se dopo dieci anni "ha iniziato" vuol dire che siamo un tantinello indietro col programma.

Non so se il Mullah Omar ce la farà. Ma il giorno che dovesse rientrare da trionfatore a Kabul sarebbe una vittoria speciale: dell'uomo contro il denaro. E contro la macchina.