Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Libia: le balle dell’informazione Atlantica

Libia: le balle dell’informazione Atlantica

di Giancarlo Chetoni - 04/07/2011

http://www.rinascita.eu/mktumb640a.php?image=1308153719.jpg

A distanza di un mese dal primo attacco di elicotteri Apache finalizzato alla distruzione di centri comunicazione e radar in prossimità di Marsa el Brega la situazione sul terreno è rimasta pressoché immutata.
Le forze di Gheddafi in Cirenaica continuano a mantenere sia il controllo di questo terminal energetico, di importanza strategica, posizionato a 800 chilometri da Tripoli che di ampie zone del territorio circostante fin sotto Ajdabiya.
L’ultima strage dall’aria, quindici morti tra i residenti, è arrivata a ridosso del porto della Cirenaica, nel centro città, nelle stesse ore in cui è uscita allo scoperto un’altra clamorosa balla sulle travolgenti avanzate dei ribelli del Cnt lanciate alla conquista del compound di Bab al Azizia per consegnare Gheddafi, come hanno solennemente promesso, al Tpi dell’Aja.
L’ha raccontata il 27 giugno alla Reuters da un cellulare (!) il solito testimone creato dal nulla che questa volta ha assunto il nome di Juma Ibraim.
Il “suo” racconto è arrivato dalla periferia sud di … Bir el Ghanam.
La “ notizia” è rimbalzata nel Bel Paese con l’Ansa. La diffusione della flagrante patacca su giornali e tv è stata tanto capillare da trovare spazio anche su quotidiani come “Il Sole 24 ore” e “Milano Finanza”.
Ci siamo presi la briga di andare a vedere sulle mappe dove si trovasse questo nuovo caposaldo dato nelle mani dei “sostenitori” di Re Idriss.
È un villaggio abbandonato di qualche decina di abitazioni, posizionato ad ovest di un tracciato in ambiente desertico a 87 km da Tripoli, difficilissimo da raggiungere a ridosso com’è di una invalicabile catena collinare di sabbia.
Il 29 giugno Le Figaro ha poi dato notizia di altre armi paracadutate dalla Francia di Sarkozy per “formazioni di irregolari” a Misurata, a Nalut, Tiji, al Javash, Shakshuk e Yafran, precisando la natura dei “vettovagliamenti” dall’aria: danaro, logistica, lanciarazzi, fucili d’assalto, mitragliatrici e missili anticarro Milan.
In realtà, al momento, di ribelli lanciati alla conquista di Tripoli in giro non se ne vedono da un pezzo. Rimangono sulla difensiva in Cirenaica solo esigue formazioni “fluide” di tagliagole attestate ai margini della Litoranea, oltre i 30‘ nord e i 20‘ sud, pronte a innestare le marce avanti dei pick-up per qualche centinaio di metri nelle ore immediatamente successive ai bombardamenti della Nato e a ingranare le retromarce nei momenti di pausa tra uno strike e l’altro.
Una sorta di claque, vestita di un pagliaccesco criminale, usata fin dalla prima settimana di marzo da “Odissey Down” per dare credibilità a una rivolta popolare “repressa nel sangue dalle forze di Gheddafi”, capace di giustificare un “intervento umanitario” dall’esterno e di portare a maturazione il progetto di Stati Uniti e Unione “europea” di destabilizzare - con l’esplicito appoggio di Ban Ki Moon - uno Stato Sovrano.
Metodo già ampiamente adoperato dall’Alleanza Atlantica in Kosovo con il sostegno economico, politico militare e politico offerto all’Uck, compreso l’addebito di stragi di migliaia di “albanesi” fatto a Belgrado (che si rivelerà poi la reale vittima delle epurazioni) per poi giustificare a livello di “comunità internazionale” la devastante aggressione alla Serbia di Milosevic.
Nonostante il portavoce di Unified Protector Mike Bruken còmputi a oltre 7.000 le missioni aeree di attacco al suolo, di protezione e sorveglianza aerea effettuate sulla Jamahiriya ed elenchi, con dovizia di particolari, le perdite inflitte dai cacciabombardieri della Nato all’esercito del Rais, al momento non ci sono notizie di ritiro, confermate da inviati e osservatori indipendenti, dei “lealisti” di Tripoli dalle posizioni tenute sul campo.
Le uccisioni del figlio minore Saif Al Arab e dei suoi tre nipotini, Cartago di 3 anni, Saif di 2 e Mistura di 2 mesi, seppelliti sotto le macerie dalle bombe della Nato, sono riuscite a cementare intorno a Gheddafi un’autentica solidarietà popolare.
Gli elicotteri d’attacco Linx, Gazzelle, Apache e Tiger di Francia e Gran Bretagna per ora non hanno prodotto sul campo i risultati che si aspettavano sia il segretario atlantico Rasmussen che il generale canadese Carles Bouchard, capo, dalla sede di Napoli, di Unified Protector. La risposta va cercata nella disponibilità da parte delle forze libiche di ben 2.600 missili Sa 14, 16 e 24 e da un numero elevatissimo di piattaforme mobili, con elevata capacità di sopravvivenza, di sistemi antiaerei e antimissile che fanno, o hanno fatto, della Jamahiriya un osso particolarmente duro, ben al di là delle aspettative della Nato, da vincere sul terreno.
Esaminando in dettaglio in numero e qualità i mezzi della Difesa Aerea della Libia siamo rimasti semplicemente di stucco.
La Russia di Putin ha fatto in tempo a fornire al Rais sia i temutissimi sistemi Sa 300 V (Sa 12 B Giant ) a lungo raggio che batterie a breve di altrettanto modernissimi Thor M 1 ( Sa 15) Gauntlet oltre a decine di Sa 9 Gaskin e Sa 13 Ghoper. Senza la pioggia di Tomahawak (tra i 500 e i 600 sui 110 ammessi ufficialmente) lanciati da sommergibili e incrociatori di Gran Bretagna e Usa le perdite aeree di Odissey Down sarebbero state particolarmente elevate.
Basterà un dato su tutti a smentire clamorosamente la notizia diffusa dopo il 17 marzo dal ministro della “Difesa” La Russa sull’impossibilità da parte libica, assicuratagli dai suoi consulenti militari, di poter colpire il nostro territorio metropolitano.