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Una matrigna Italia promuove la morte in Afghanistan

di Giancarlo Chetoni - 07/07/2011

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Gaetano Tuccillo, 29 anni, caporalmaggiore, originario di Nola, Napoli, è il 39esimo militare del Bel Paese tornato in una bara dall’Afghanistan. Non ha avuto scampo: gli è stato impossibile sottrarsi al rito “dell’eroe”.
Gaetano è tornato a pezzi a Ciampino col solito C130 dell’Aeronautica Militare, accolto dalle “autorità” che sostano ogni volta per qualche secondo con apparente mestizia di fronte alle bare.
Lunedì è toccato a lui essere sostenuto a spalla dal picchetto che ne aveva prelevato i resti nell’Hercules. Un “prescelto” ha posato la mano sulla cassa di legno ricoperta dal tricolore. Questa volta è toccato all’ “amore di Sara”, La Russa, ripetere il rito.
La scorta d’onore ha accompagnato il feretro fuori dal terminal dell’aeroporto dove erano in attesa, affranti dal dolore, Marianna, la più piccola delle sorelle, e Giovanna, la gemella, insieme al padre, alla madre e alla moglie Evelyn.
Gli ufficiali donna per l’assistenza psicologica hanno sorretto per le ascelle, stretto per le mani o cinto con le braccia i familiari di Gaetano.
Poi il peggio: parole di ipocrito conforto e scontati gesti di “attenzione” alla famiglia da parte dei rappresentanti delle “istituzioni” e del “governo”.
Letta, il sottosegrerio di Stato abituato a confabulare con vescovi e cardinali, se l’è cavata di lusso.
Nessuno, neanche questa volta, ha mai visto un’autorità di questa Italietta morente dedicare delle attenzioni a degli adolescenti, figli di militari. Anzi: le tv hanno ripreso, per una frazione di secondo , un “pezzo grosso” con gli occhi rivolti un paio di volte all’orologio.
Gaetano, come la maggior parte dei suoi commilitoni giovani in media dai 22 ai 32 anni, era arrivato ad Herat dal Kosovo. Era stato anche in Libano. Ma era un militare “esperto” per poter operare nella Terra delle Montagne? Non lo possiamo sapere. Quel che è certo è che aveva maturato le sue esperienze militari in territori oggi non “difficili”. Un conto è pattugliare zone “pacificate” altro è operare in aree incendiate da una feroce guerra permanente.
E poi basta qualche mese di “allenamento” nella province di Herat e Farah per poter acquisire l’occhio capace di “fiutare”, di percepire, una condizione di imminente pericolo ai margini di una carreggiata? E’ una domanda, anche questa, che non potrà avere risposta.
Sia per La Russa che per Frattini la morte di Gaetano lascia le cose al punto in cui stanno. L’impegno dell’Italia in Afghanistan non è in discussione, la “missione di pace” andrà avanti al di là del “dolore” per le perdite di personale.
Napolitano e Berlusconi, in perfetta intesa con il Pd di Bersani, hanno già espresso sull’incidente” la loro posizione. L’Italia continuerà a fare il suo “dovere” a livello internazionale per sradicare il terrorismo dall’Afghanistan operando a fianco di Usa, Nato e Onu.
Né hanno qualche valenza gli slogans “basta morti via da Kabul, i militari ci costano troppo, Berlusconi mi ha promesso il ritiro dall’ Afghanistan”, senza specificare date di “uscita”, pronunciati dal ministro Umberto Bossi.
Una performance che puzza lontano un miglio. Le manifestazioni di sofferenza fisica e mentale che colpiscono l’Alberto da Giussano di Gemonio lo rendono soggetto non idoneo di sviluppare autonomamente sofisticate tattiche di propaganda per contenere nella stessa area del centrodestra la crescente opposizione popolare ai dispendiosissimi impegni “fuoriteatro” della Repubblica delle Banane. Peccato che sia sparito dal codice penale il reato di “plagio” e non ce ne sia mai stato uno finalizzato a punire la circonvenzione “politica” di incapace.
Al Cavaliere fischierebbero le orecchie.