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Gli USA danno il via alla corsa ai droni in tutto il mondo

di William Wan e Peter Finn - 11/07/2011

   
   

Alla recente mostra di Zhuhai dedicata all'aeronautica, l’evento di primo piano dell’industria aerea cinese, le folle si sono accalcate intorno a un modello di drone armato e con la propulsione di un jet e sono rimasti meravigliati dalla dimostrazione delle sue prodezze belliche.

In un video e su una cartina geografica, il magro e slanciato drone ha individuato quello che sembrava essere un gruppo di portaerei USA vicino a un’isola incredibilmente simile a Taiwan, e ha poi restituito sulla costa le informazioni necessarie all’individuazione, scatenando così un devastante fuoco di fila di missili cruise contro lo schieramento navale.

Poco si sa delle effettive potenzialità del drone WJ-600 e anche della ventina e più di altri modelli cinesi che erano in mostra a Zhuhai questo novembre. Ma la velocità alla quale sono stati sviluppati evidenzia come i successi militari degli Stati Uniti hanno cambiato le ipotesi strategiche in tutto il mondo e scatenato una corsa globale agli aerei non pilotati dall’uomo.

Più di cinquanta paesi hanno acquistato droni per il pattugliamento e molti hanno iniziato programmi per lo sviluppo di versioni armate, dato che nessun paese sta esportando droni armati a parte una manciata di scambi intercorsi tra gli Stati Uniti e i suoi alleati più vicini.

“Questa è la direzione in cui sta andando tutta l’aviazione”, ha detto Kenneth Anderson, un professore di legge all’American University che studi gli aspetti legali sull’uso dei droni in ambito bellico. “Tutti finiranno per usare questa tecnologia perché diventerà lo standard per molti, molti utilizzi che ora sono effettuati dagli aerei pilotati dall’uomo.”

I pianificatori del settore militare di tutto il mondo ritengono che i droni siano armamenti relativamente poco costosi e strumenti di ricognizione molto efficaci. Quelli avviati sul terreno utilizzati dalle truppe di terra possono costare qualche decina di migliaia di dollari. Vicino alla cima della classifica, c’è il Predator B o MQ9-Reaper, prodotto da General Atomics Aeronautical Systems, che costa circa 10,5 milioni di dollari. Come pietra di paragone, un solo jet d’assalto F-22 costa più o meno 150 milioni di dollari.

La spesa per la difesa destinata ai droni è diventata uno dei settori più dinamici dell’industria aerospaziale, in base a un report del Teal Group di Fairfax. La ricerca di mercato elaborata dal gruppo per il 2011 stima che, in questo decennio, lo spesa mondiale per i droni raddoppierà, arrivando a 94 miliardi di dollari.

Ma l’espansione della flotta dei droni in tutto il mondo e le pressioni per dotarli di sistemi d’arma hanno allarmato alcuni accademici e attivisti per la pace; ritengono che la guerra robotica sollevi questioni profonde sulle regole d’ingaggio e sulla protezione dei civili, e potrebbe incoraggiare i conflitti.

“Potrebbe abbassare la soglia per entrare in guerra”, ha detto Noel Sharkey, un professore di intelligenza artificiale e robotica all’Università di Sheffield in Inghilterra. “Uno dei più grandi inibitori del conflitto è la conta dei morti, ma tutto questo si accompagna all’idea di una guerra senza rischi.”

La Cina sempre convulsa

Nessun’altra nazione ha alimentato il settore della ricerca negli ultimi anni quanto la Cina. Espose per la prima volta un modello di drone alla mostra aeronautica di Zhuhai cinque anni fa, ma adesso tutti i grandi produttori cinesi di armamenti hanno un centro ricerca destinato ai droni, secondo gli analisti di questo paese.

La maggior parte del lavoro rimane segreta, ma il gran numero di droni alle recenti esposizioni sottolinea non solo la determinazione della Cina nell’entrare in questo settore – progettando modelli equivalenti a quelli per la sorveglianza e il combattimento degli USA, il Predator e il Global Hawk – ma anche la sua intenzione di vendere questa tecnologia all’estero.

“Gli Stati Uniti non esportano molti droni d’assalto, così stiamo prendendo un vantaggio in questa lacuna del mercato”, ha detto Zhang Qiaoliang, un esponente dell'Istituto di Ricerca e Progettazione Aerea Chengdu, che produce molti dei velivoli militari più avanzati dell’Esercito Popolare di Liberazione. “La ragione principale è la notevole domanda del mercato dopo l’11 settembre.”

Anche se i droni per il pattugliamento sono oramai largamente usati in tutto il mondo, i droni armati sono molto più difficili da acquistare.

Israele, il secondo più grande produttore di droni dopo gli Stati Uniti, ha fatto volare modelli armati, ma pochi dettagli sono stati resi disponibili. L’India ha annunciato quest’anno che ne sta sviluppando alcuni che spareranno missili e voleranno a 10.000 metri di altitudine. La Russia ha già esposto modelli di droni armati, ma non si sa ancora se sono operativi.

Il Pakistan ha riferito di voler acquisire droni armati dalla Cina, da cui ha già ricevuto quelli per la sorveglianza.

Gli Stati Uniti non sono ancora minacciati da questi progetti. Nessun altro paese può disporre del suo schieramento di aerei dotati di armamenti avanzati e di sensori, insieme con i sistemi satellitari e di telecomunicazione necessari per dispiegare con successo i droni in tutto il pianeta.

“Siamo molto avanti nell’aver realizzato sistemi che sono già attivi”, ha detto il generale in pensione David A. Deptula, l’ex capo aggiunto della squadra di intelligence, pattugliamento e riconoscimento dell’Air Force. “Ma la capacità delle altre nazioni non potrà far altro che crescere.”

L’allarme che cresce

Nei conflitti recenti gli Stati Uniti hanno in prima battuta usato droni guidati da terra, ma stanno sviluppando una versione pilotata da un mezzo aereo da schierare nel Pacifico. Gli analisti della difesa dicono che il nuovo drone ha in parte lo scopo di contrastare il missile contro le portaerei a lunga gittata che la Cina sta sviluppando.

Con l’ascesa della forza militare cinese, gli alleati degli USA nel Pacifico considerano sempre di più gli Stati Uniti come l’unico bastione che si possa opporre alla sempre più potente Cina, che ha a sua volta indirizzato le sue ricerche militari in risposta alle capacità degli USA.

Un drone guidato dal mare darebbe agli Stati Uniti la capacità di ricoprire in volo una distanza tre volte maggiore rispetto a un normale jet d’assalto della marina, potendo così tenere una flotta di portaerei più vicina alla costa cinese.

Questo uso possibile dei drone USA nel Pacifico è diventato fonte di allarme nei notiziari cinesi, e anche sui media di stato nord-coreani.

Ci sono preoccupazioni simili negli Stati Uniti per l’industria dei droni cinese sempre più in crescita. Un report dello scorso novembre pubblicato dalla U.S.-Cina Economic and Security Review Commission ha evidenziato che il settore militare cinese “ha schierato diversi tipi di veicoli aerei non guidati dall’uomo sia per le pattuglie che per il combattimento.”

Il report ha anche detto che la Cina ha in preparazione diversi droni a lunga percorrenza, per medie e elevate altitudini, che potrebbe allargare le possibilità di scelta della Cina per la sorveglianza a lungo raggio e per gli attacchi.

I rapidi progressi della Cina hanno costretto i suoi vicini a prendere iniziative. Dopo uno scontro diplomatico con la Cina lo scorso inverno sui territori contesi nel Mar Cinese Meridionale, il Giappone ha annunciato di aver pianificato l’invio di ufficiali militari negli Stati Uniti per studiare il funzionamento e la manutenzione dei droni Global Hawk. Nella Corea del Sud quest’anno i parlamentari hanno accusato la Cina di essersi infiltrata nei computer delle forze armate per avere informazioni sulle intenzioni di acquisto dei Global Hawk, che potrebbero spiare non solo la Corea del Sud, ma anche parte della Cina e nei paesi confinanti.

Oltre alle sempre maggiori preoccupazioni dei singoli Stati, ci sono anche questioni sollevate in ambito internazionale sul fatto che qualche governo non sia in grado di proteggere questi nuovi armamenti dagli hackers e dai terroristi. Sharkey, il professore dell’Università di Sheffield cofondatore dell’International Committee for Robot Arms Control, ha notato come i ribelli iracheni, usando un software da trenta dollari, avessero intercettato le trasmissioni dai droni USA; il video fu scoperto in un secondo momento su un computer di un militante catturato.

Ammorbidire i controlli alle esportazioni USA

Mentre la Cina e altre nazioni stanno iniziando a mettere sul mercato i propri droni, gli Stati Uniti stanno cercando di incrementare le vendite escogitando nuove vie per ammorbidire i controlli statunitensi alle esportazioni.

Il vice-amministratore William E. Landay III, direttore della Defense Security Cooperation Agency che sovrintende alle vendite di armamenti all’estero, ha detto recentemente in un briefing al Pentagono che la sua agenzia sta cercando di stilare una lista, approvata in precedenza, di paesi che sarebbero qualificati ad acquistare droni con capacità stabilite: “Se le industrie capiranno dove possono avere l’opportunità di vendere - e dove non la si può avere – sarà una cosa molto utile per loro.”

Secondo Kimberly Kasitz, la portavoce di General Atomics, l’azienda di San Diego che produce i droni U.S. Predator ha ricevuto l’approvazione per esportare nel Medio Oriente e in America Latina un Predator della prima generazione privo di sistemi d’arma. La compagnia è ora in trattativa, tra gli altri, con Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed Egitto.

Allo stesso tempo alcuni funzionari USA hanno cercato di limitare altri paesi nella vendita dei droni. Dopo che Israele ha venduto un drone d’assalto anti-radar alla Cina, il Pentagono ha temporaneamente escluso Israele dal programma del F-35 Joint Strike Fighter per dimostrare la propria contrarietà.

Nel 2009 gli Stati Uniti si sono opposti a una vendita alla Russia da parte di Israele di droni sofisticati, secondo i cablogrammi diplomatici pubblicati da WikiLeaks. Una più piccola coproduzione fu interrotta invece dai russi, che non furono molto contenti del fatto che la Georgia avesse schierato droni israeliani per il pattugliamento contro le proprie forze armate nel corso del conflitto del 2008 tra i due paesi.

Ma per la Cina ci sono poche restrizioni alla vendita. Ha già iniziato a mettere in mostra i prototipi di drone da combattimento alle esposizioni internazionali, come lo scorso mese a Parigi, dove un produttore cinese ha messo in vetrina un aereo, chiamato Wing-Loong, che sembrava una contraffazione di un Predator. Alcuni analisi delle forze armate dicono che non è chiaro quanto siano lontani il Wing-Loong o altri droni armati di questo tipo dall'essere effettivamente prodotti o resi operativi, a causa del controllo stretto che la Cina esercita sulla sua tecnologia militare.

Secondo le informazioni diffuse dall’Azienda Industriale Aerea Cinese, questa compagnia ha iniziato a offrire ai clienti internazionali un drone da pattuglia e da combattimento simile al Predator chiamato Yilong, o “pterodattilo”. Zhang, dell’Istituto di Ricerca e Progettazione Aerea Chengdu, ha detto che la compagnia si aspetta di vendere in Pakistan, in Medio Oriente e in Africa.

Comunque, lui e altri espositori dei droni a una recente convention contro il terrorismo hanno sminuito la minaccia costituita dalla tecnologia raggiunta dalla Cina con i droni.

“Non credo che la tecnologia dei droni cinesi abbia raggiunto il livello più avanzato al mondo”, ha detto Wu Zilei dell'Azienda Industriale di Costruzioni Navali Cinese, ripetendo una frase già sentita più volte: “I droni per il riconoscimento vanno bene, ma quelli per l’attacco sono ancora anni dietro quelli degli Stati Uniti.”

Ma Richard Fisher, un membro di lunga data dell’International Assessment and Strategy Center di Washington, ha detto che affermazioni del genere sono oramai una routine e vogliono sminuire le preoccupazioni sulle ambizioni militari di questo paese: “I cinesi stanno recuperando molto velocemente. Questo lo diamo per certo. Non dovremmo cullarci sugli allori per qualche ritardo da noi presunto sul potenziale dei sensori o dei satelliti. Si tratta solo di una questione di tempo.”

I ricercatori Julie Tate a Washington e Zhang Jie a Pechino hanno contribuito a questo report.

Foto: Il prototipo di Telemos, un drone sviluppato dalla Dassault francese e dalla BAE britannica. (Foto Reuters)

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Fonte: http://www.washingtonpost.com/world/national-security/global-race-on-to-match-us-drone-capabilities/2011/06/30/gHQACWdmxH_story.html

 

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE