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Sweet crude of mine

di Pepe Escobar - 26/08/2011

   
   

Si sono visti passi di danza nei corridoi reali di Riyadh. L’erede al trono libico, il Principe al-Senussi, un nipote del Re Idriss che fu deposto da Muammar Gheddafi e da altri in un colpo di stato senza spargimento di sangue nel 1969, si è imbarcato in una campagna auto-promozionale, dicendo che è pronto a tornare in Libia e persino a "guidare la nazione".

Niente al mondo potrebbe essere più dolce per la Casa di Saud – ed estremamente disgustoso per le repubbliche laiche arabe – di un nuovo emirato amico, nuovo di zecca, nell’Africa del Nord.

Ma la North Atlantic Treaty Organization (NATO), la vincitrice di questa guerra tribale/civile libica, potrebbe pensarla diversamente. Mahmoud Jibril, il primo ministro dell’inaffidabile Consiglio Nazionale di Transizione – parlando dal Qatar, ha esplicitamente ringraziato i vincitori facendone i nomi: Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Qatar ed Emirati Arabi Uniti. Di questi cinque, i primi tre dell’Occidente potrebbero dare il benvenuto, in teoria, a un docile emirato, ma solo fino a quando non esibisca tendenze ultra-fondamentaliste come nel caso del Nord Waziristan, nelle aree tribali del Pakistan.

È una partita aperta, perché in questa fase nessuno conosce davvero il grado di influenza che gli islamisti riusciranno a vantare nella Libia post-Gheddafi. Fra un settimana, alcune di queste domande verranno messe sul tavolo; sarà quando gli "amici della Libia" (FOL) si riuniranno con il dirigente del Consiglio Mustafa Abdul Jalil e col primo ministro Jibril per parlare del necessario ad attrezzare quello che sarà un nuovo protettorato della NATO.

Nel frattempo, da Bengasi alle capitali europee, il ballo segue il ritmo del successone dei Guns 'n Roses, ora ribattezzato “Sweet Crude of Mine”. La Francia e la Germania stanno già mettendo pressione alla dirigenza dei "ribelli NATO" per quegli affari succulenti, l’Italia parte oggi (il Primo Ministro Silvio Berlusconi si sta incontrando con Jalil a Milano) e i Britannici e gli americani stanno per unirsi nella lotta.

Fino a questo momento, la Compagnia Petrolifera Nazionale libica stava solamente assegnando contratti di appalto per i vecchi e remunerativi giacimenti di petrolio alle sussidiarie nazionali della Libia. Ma quello che voglio le BP, Total, Exxon Mobil e la compagnia petrolifera del Qatar è un serio coinvolgimento nei nuovi pozzi, e a quei famosi accorsi di condivisione della produzione (PSA) che consentono profitti stratosferici. Voglio tutta quella manna che non sono riusciti a ottenere in Iraq, dove alcuni dei contratti più succosi sono andati alle controparti russe, cinesi o malesi.

E quegli attori che erano già presenti sul suolo libico, come la spagnola Repsol e l’italiana ENI, stanno già pianificando di tornare in rotta prima della fine di settembre. Nessuno conosce il destino degli investimenti cinesi.

Quello che WikiLeaks ha già rivelato [1] avrà certamente delle conseguenze sotto forma di gazzarre, come quelle tra le compagnie statunitensi e l’italiana ENI per la crema dei contratti. Soprattutto per i legami "bunga bunga" molto stretti di Berlusconi con Gheddafi, l’ENI stava già pompando quasi 200.000 barili di petrolio al giorno prima della guerra tribale/civile.

Comunque, dal punto di vista delle multinazionali collegati ai “vincitori” del conflitto, Gheddafi fuori dai giochi è già una garanzia affidabilissima per i contratti più polposi e per una vasta gamma di concessioni.

Segui i soldi

Sul fronte bancario, WikiLeaks ha ancora una volta rivelato [2] che la privatizzazione della banca centrale libica era considerata come un’"opportunità" magnifica per le banche statunitensi. La fittizia banca dei "ribelli", agevolata da HSBC, con tutta probabilità prenderà il posto della precedente Banca Centrale Libica, ovviamente non in modo indipendente ma allineata alla Banca dei Regolamenti Internazionali (BIS) con sede in Svizzera, la banca centrale della banche centrali.

Quindi addio alle idee unificanti e "sovversive " di Gheddafi, come quella di scaricare il dollaro USA e l’euro, per far sì che le nazioni arabe e africane avessero iniziato a fare scambi con una nuova moneta, il dinaro d’oro. È cruciale notare che la gran parte dei paesi africani, e molti di quelle arabi, avevano appoggiato l’idea. Gli unici davvero contrari nella regione erano il Sud Africa e la Lega Araba (influenzata dalla Casa di Saud). Ovviamente Washington e l’Unione Europea si erano infuriati, al punto di chiamare la NATO per il soccorso.

Non è mai sufficiente ricordare che alla fine del 2002 l’Iraq sotto Saddam Hussein aveva iniziato ad accettare pagamenti in euro invece del dollaro per il suo petrolio. Tutti sanno quello che è successo poco dopo. Non ti immischiare con i petrodollari, sennò…

E quindi il petrolio e il flusso di danaro saranno al sicuro nelle mani dei "vincitori". E via al progetto strategico. L’Africom del Pentagono, dopo la sua prima guerra di successo africana, verrà ricompensato con la sua prima base in Africa, abbandonando così il suo quartier generale in quella piacevole landa africa, Stoccarda. E la NATO proseguirà nella sua sacra missione di trasformare il Mediterraneo in un "lago della NATO". Il Nord Africa è già in saccoccia; ora nel Mediterraneo orientale, per impartire una lezione a quei seccanti siriani.

Di chi è questa bandiera?

Qualificare la congrega di personaggi del CNT come inaffidabile è in effetti un eufemismo. Praticamente tutti sono "invisibili". In pochi possono ricordare che Jalil del CNT era il giudice che aveva condannato a morte quelle infermiere bulgare, un caso molto noto in Francia che giustifico un intervento muscolare da parte del neo-Napoleonico Nicolas Sarkozy, che aveva irreggimentato la sua moglie trofeo per sedurre il Grande G. Dopo che furono liberate le infermiere, Jalil fu promosso da Gheddafi ministro della Giustizia, rimanendo in carica dal 2007 fino alla sua opportunistica defezione dello scorso febbraio.

Credere che questa razzamaglia di tribù dal cattivo umore, islamisti radicali, falsi "socialisti" versione Tony Blair, cinici opportunisti a libro paga dei giganti petroliferi, militari disertori e delinquenti matricolati andranno a pregare sull’altare della "democrazia" è proprio un miraggio. Per non menzionare il fatto che hanno invitato la NATO e le regressive monarchie arabe a bombardare la loro terra, certamente non dove vivono, ma "l’altra parte", la Tripolitania.

Rimane da vedere come si relazioneranno la gran parte della gente e delle tribù della Tripolitania con il popolo della Cirenaica, da loro considerato un insieme di villici incivili, quando saliranno al potere. Già stanno fumando di rabbia per essere stati degradati nella nuova bandiera libica, che è in pratica la bandiera della Cirenaica (un rettangolo nero con la mezzaluna bianca dell’Islam) con due strisce aggiuntive, rossa per i Fezzan e verde per la Tripolitania.

Nessuno sa cosa si dipanerà nella prossima fase di questa guerra "cinetica" che non è una guerra (copyright: La Casa Bianca). E ci sono serie ragioni per crede che possa trasformarsi in una devastante replica degli scenari "Talebani Sconfitti” del 2011 e "Missione Compiuta" del 2003.

I beduini e i berberi, in guerra, sanno tutto di ritirata strategica e di imboscate. Di questo si parla, di guerriglia. Nessuno è a conoscenza del livello di sostegno tribale che Gheddafi possa ancora vantare non solo vicino a Tripoli ma in tutto il suo feudo della Sirte o nelle zone desertiche. È una scommessa vinta puntare che prenderà la strada della guerriglia. Se finirà come Saddam o se continuerà a percorrere la strada infinita dei talebani è la domanda da 100 miliardi di dollari (l’ammontare dei fondi scongelati dai "vincitori"). Il pantano incombe.

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Note:

1) Vedi WikiLeaks cables show that it was all about the oil.

2) Vedi Libia makes progress on banking reform.

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Fonte: Sweet crude of mine


Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE