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La tempesta tradotta

di Gianluca Freda - 27/08/2011

 


 
 

tempesta

 

“Mi hai insegnato il tuo linguaggio, e il profitto che ne ho tratto è che adesso so come maledirti. Ti stermini la peste rossa per avermi insegnata la tua lingua!”

(W. Shakespeare, La Tempesta)

 


Gli Stati Uniti stanno per essere colpiti da una tempesta di gigantesche proporzioni. Questa tempesta è il fallimento completo dell’operazione mediatica con cui, a partire da sabato scorso, avevano proclamato la “liberazione” di Tripoli e la vittoria del gruppo di masnadieri che sulla stampa vengono chiamati “ribelli” o “insorti”, ma che sarebbe più esatto definire macellai e sadici assassini, in gran parte mercenari dei paesi NATO o membri di Al Qaeda reclutati qua e là nei paesi arabi. A una settimana dai proclami di vittoria, le forze lealiste di Gheddafi resistono, controllano ancora gran parte della capitale, nonché almeno 20 città libiche che la stampa internazionale, mentendo spudoratamente, aveva dato per “conquistate dai ribelli”.


L’operazione mediatica era stata progettata con cura, in stretta cooperazione con le reti televisive e le agenzie di stampa internazionali a cui si abbeverano anche i lacché del giornalismo nostrano. Per tutta la scorsa settimana si era continuato a parlare, con toni sempre più trionfalistici, di fantomatiche conquiste compiute dai “ribelli” (le città di Zliten, Zawiyah, perfino Misurata), conquiste che erano inspiegabili, stante la totale deriva politica e militare in cui il movimento degli insorti, già di per sé inconsistente, era venuto a trovarsi dopo l’uccisione del loro capo, il colonnello Abdel Fatah Younis. La grancassa mediatica ha strepitato per tutta la settimana gli stessi avvertimenti assordanti: I ribelli si avvicinano a Tripoli! I ribelli hanno circondato la capitale! I ribelli stanno arrivando!


Finalmente, sabato 20 agosto, tutto l’apparato dei media dell’impero ha iniziato a trasmettere la notizia tanto attesa dell’”arrivo degli insorti a Tripoli”. Era tutto falso. Gli insorti non erano “arrivati” da nessuna parte, ma si trattava di “cellule dormienti” già presenti nella capitale libica, poco più di un centinaio di persone a cui era stato dato l’avviso che l’operazione mediatico/militare era iniziata. Parte di questi individui hanno iniziato a impazzare per le strade cittadine, saccheggiando e uccidendo, esattamente come hanno fatto nel resto della Libia negli ultimi sei mesi, allo scopo di terrorizzare la popolazione e distrarre le forze militari. Un’altra parte si è appostata, in qualità di cecchini, in punti chiave della città, in particolare presso l’Hotel Rixos, che ospitava i giornalisti stranieri indipendenti. L’ordine era di impedire ai reporter di uscire dall’Hotel, affinchè non vedessero cosa realmente stava accadendo. Per assicurarsi al 100% che venisse eseguito, i giornalisti sono stati esplicitamente minacciati di morte da alcuni “colleghi” della CNN, che erano in realtà agenti della CIA e dell’MI6 sotto copertura. Una minaccia mostruosa, che gli stessi giornalisti non riescono nemmeno a spiegare agli organi di stampa di cui sono corrispondenti e ai loro lettori/spettatori, visto che per la stampa e le persone comuni i servizi segreti e i loro misfatti sono “un’invenzione dei complottisti”.


La banda di grassatori è stata prontamente neutralizzata e il giorno dopo Tripoli sembrava di nuovo tranquilla. I giornalisti indipendenti riferivano che la città era calma. Uno di loro, Franklin Lamb, nel corso della mattina compiva un lungo giro in bicicletta per le strade cittadine, senza notare nulla di strano. Ma al suo ritorno in albergo veniva colpito a una gamba dal proiettile di un cecchino. Un altro giornalista, Mahdi Darius Nazemroaya, veniva sfiorato da due proiettili mentre cercava di appendere il cartello “stampa” ad una delle porte dell’hotel. Era un avvertimento preciso: rimanete nelle vostre stanze, non uscite all’esterno.


La sera di domenica iniziava l’invasione vera e propria. Non certo dalle inesistenti “città conquistate”, ma dal mare. Un gruppo di un migliaio di tagliagole, trasportato da mezzi NATO e sotto copertura di elicotteri Apache, veniva fatto sbarcare sulle coste di Tripoli, non più difese militarmente dopo la distruzione della flotta libica ad opera dei missili della coalizione. Iniziava così una delle campagne di disinformazione più allucinanti e disgustose che mai si siano viste nella storia del giornalismo. In assenza di fonti indipendenti che potessero verificare ciò che realmente stava accadendo, i media “embedded” e i giornalisti sguatteri dei paesi colonizzati (tra cui ovviamente l’Italia) hanno potuto sbizzarrirsi nel dare in pasto all’opinione pubblica le più incredibili e plateali menzogne. Si è detto che gli insorti avevano “liberato” Tripoli senza incontrare resistenza, che il popolo era sceso in piazza per festeggiare (menzogna consueta di tutte le guerre USA), che Gheddafi era fuggito in Venezuela, che tre dei suoi figli (compreso Seif Al Islam) erano stati catturati dai ribelli, che un quarto figlio, Khamis, era stato ucciso (morte già annunciata dai media per tre o quattro volte negli scorsi mesi e sempre rivelatasi una menzogna). Di tutto e di più. Le TV trasmettevano immagini in diretta dell’avanzata dei tagliagole miste ad immagini preregistrate e perfino a filmati girati in India (!), per far credere che Tripoli fosse totalmente nelle mani dei “ribelli” e che l’esercito lealista di Gheddafi si fosse sciolto come neve al sole. Contemporaneamente gli aerei della NATO iniziavano un bombardamento indiscriminato e violentissimo, colpendo quartieri civili, ospedali, scuole. Una strage degli innocenti, che sarebbe proseguita senza interruzione nei giorni successivi.

 

Il giorno seguente, buona parte dei “ribelli” veniva circondata dai lealisti nella zona di Bab-al-Azizia e uccisa o arrestata. Ma era solo la prima ondata. Il peggio sarebbe iniziato la sera stessa e nei giorni successivi, con lo sbarco sulla costa di Tripoli di altri 6000 uomini circa, in gran parte mercenari francesi e inglesi, misti a ceffi di Al Qaeda provenienti dal Qatar, dagli Emirati Arabi e da altre zone del globo. Insieme ai bombardamenti NATO, che proseguivano incessanti, questa truppa di assassini si sarebbe resa responsabile di un bagno di sangue di proporzioni inaudite, culminato nell’assalto al quartiere di Abu Slim avvenuto il 25 agosto. Il quartiere di Abu Slim ospita i dipendenti dello stato, l’elite libica che consentiva il funzionamento delle istituzioni della Jamahiriya. I mercenari della NATO lo hanno assaltato in forze, con il pretesto che in quelle case sarebbe stato nascosto Gheddafi. I media di tutto il mondo, ubbidienti come servette, titolavano “Gheddafi circondato”, mentre i contractors della NATO e i “ribelli” rimasti si davano allo sterminio degli abitanti. Si tratta esattamente della stessa strategia utilizzata dagli USA in Iraq: i “tecnici” del paese occupato vengono massacrati, per assicurarsi che le vecchie istituzioni non possano mai più essere ripristinate. Sul massacro il CNT ha mantenuto il più assoluto silenzio, ma esso è stato di tali proporzioni che perfino alcuni media “embedded” non hanno potuto fare a meno di rilevarlo. L’inviato di France24, Matteo Mabin, riferiva: "Non si tratta di combattimenti, ma di una caccia agli ultimi seguaci del colonnello Gheddafi, o meglio ai tecnici del sistema di Gheddafi, piccoli funzionari che servono direttamente lo Stato, raggruppati in questo quartiere di Abu Slim, in blocchi di appartamenti e che, stando qui, non hanno avuto la possibilità di fuggire, per scampare alla vendetta della ribellione. Quella che vediamo oggi, è certamente la fase più triste della guerra in Libia, con le colonne di ribelli che si accaniscono su questo quartiere, sui suoi abitanti, sulle famiglie che hanno trovato rifugio in questi blocchi di appartamenti. I nostri colleghi vengono adesso dal principale ospedale di Tripoli dove hanno visto per tutta la notte e questa mattina arrivare un gran numero di vittime di arma da fuoco, tra cui anziani, donne e persino bambini. Il CNT ha mantenuto il più totale silenzio su questi avvenimenti. Non vi è alcun invito ad arrendersi. Ci si avvicina sicuramente alla fase più triste del conflitto, ed è probabile che il CNT ed i ribelli vogliano una resa dei conti [...]. Siamo in una fase di epurazione che sembra assolutamente incontrollata, con la banda di Misurata, città martire della Libia, che è venuta fino a Tripoli per compiere la sua vendetta”.


Nel momento in cui scrivo, il sito di “Repubblica” riporta, senza vergogna: “Scoperto l’ospedale degli orrori, 200 cadaveri”. In realtà i cadaveri, negli ospedali dell’orrore di Tripoli, sono molti di più, tutti provocati dalle stragi della NATO e dei fantomatici “ribelli” che Repubblica avalla da mesi attraverso le sue menzogne. Il “massacro di civili” di cui parla tardivamente l’orrida Amnesty International, è riportato in un trafiletto in fondo al box, perché i lettori non ci facciano troppo caso. La stampa del fascismo era un modello di correttezza e imparzialità giornalistica, al confronto di questi cialtroni, e anche quando mentiva lo faceva almeno in nome di interessi nazionali, non in ossequio alla criminalità stragista di un impero coloniale straniero.

 

rep

 

Nonostante l’accurata preparazione, quest’attacco combinato di barbarie omicida, di manipolazione psicologica, di colossali menzogne a mezzo stampa e violazione plateale dei limiti definiti dalla risoluzione 1973 dell’ONU, è miseramente fallito. Le truppe leali a Gheddafi controllano ancora buona parte della capitale e del territorio del paese e la “vittoria” annunciata per via televisiva dagli Stati Uniti e dalle agenzie di stampa si rivela, ogni ora che passa, per l’immensa bugia che è. Perfino l’ONU, in un rapporto di  Ian Martin, consigliere del segretario generale Ban-Ki-Moon, inizia a denunciare gli abusi compiuti dai ribelli. Il trasferimento del CNT a Tripoli, annunciato in pompa magna dai paesi della coalizione e dai loro organi di propaganda, risulta a questo punto non solo una risibile foglia di fico politica (il CNT è un organismo evanescente, gestito da individui privi di ogni capacità politica o militare, odiato dalla popolazione e squassato da lotte intestine), ma anche un’operazione difficilmente realizzabile sul piano logistico, vista la strenua resistenza dei lealisti nella capitale e altrove.


Di fronte a questa Caporetto dei loro piani, pare che Obama e i suoi progettisti militari abbiano ordinato ai portaborse dei media di spostare altrove l’attenzione del pubblico, nell’attesa che qualcuno escogiti un altro sistema per uscire dal pantano libico. Così, nel momento in cui scrivo, “Repubblica” e gli altri giornali mettono la Libia in secondo piano, concentrandosi sull’arrivo dell’uragano Irene a New York, propagandato e ingigantito ad arte dai funzionari dei regimi occidentali con le tecniche terroristiche e di psyop che ben conosciamo, sperimentate con dovizia di titoli a otto colonne sulla nostra pelle, nel corso degli anni. Si tratta di un penoso diversivo, che tradotto nella nostra lingua dal linguaggio criptico dei media di regime, che abbiamo imparato a decifrare e interpretare nel corso degli anni, è una dichiarazione di disperata impotenza. L’impero ha impiegato tutta la propria mastodontica batteria di fuoco, le forze congiunte di una quarantina di protettorati, il poderoso apparato di fabbricazione e distorsione della realtà di cui si serve per coprire i suoi crimini; e nonostante questo non è ancora riuscito a piegare la determinazione di una microscopica nazione di 5 milioni di abitanti, vedendosi così costretto ad ordinare ai suoi sgherri una precipitosa marcia indietro. Questo dietrofront vigliacco, nascosto dietro l’improvvisa sostituzione dei titoli di testa, è una vera e propria gioia per gli occhi. Ed è per me un piacere offrire al pubblico la traduzione in termini strategici di questo SOS imperiale, che sembra preludere al giorno in cui il linguaggio segreto con cui esso ha perpetrato e coperto i suoi crimini verrà svelato e ritorto contro i parlanti. Sarà una tempesta magnifica, di cui voglio godermi ogni lampo, ogni esaltante raffica di vento.