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La caccia a Gheddafi

di Franklin Lamb - 29/08/2011

   
   

Voci e voci ripetute rimbalzano questa mattina come conchiglie che si separano dai muri di cemento e, a seconda di quello che ognuno è incline a credere, l’ex leader della Libia, il colonnello Gheddafi, è al sicuro in Algeria, nella sua città natale Sirte, nel vasto deserto meridionale libico, in uno dei tunnel labirintici nelle profondità di Bab-el-Azizia (la porta splendida) o in un appartamento nel sud di Tripoli con i figli.

Al momento quelli che sanno non parlano, ma la NATO sta considerando di autorizzare la dirigenza dei ribelli a offrire una taglia del tipo di quelle di Saddam Hussein o di Osama bin Laden, pensando che possa sbarazzarsi del “leader”.

L’ex portavoce del regime, l’eloquente Ibrahim Moussa, è apparso questa mattina via telefono per dire che la resistenza agli “aggressori della NATO, ai colonialisti e ai non credenti” sta per cominciare offrendo alla NATO un’altra possibilità per un cessate il fuoco e il dialogo al fine di evitare un bagno di sangue e la minaccia di un’interminabile guerra civile. Sempre questa mattina, come fu il caso del 19 marzo 2011, la NATO e il gruppo del suo delegato Consiglio Nazionale di Transizione ha rifiutato l’offerta e si crede tra i giornalisti e i rimanenti diplomatici che voglia ottenere un solo risultato. Ossia che Gheddafi e suo figlio escano dalla tana, preferibilmente morti.

Il CNT ha tenuto una conferenza stampa la scorsa notte con poco da offrire se non la supplica di un’immediata concessione dei fondi e la suo desiderio di rilevare gli uffici governativi a Tripoli quando saranno ritenuti sicuri.

Parlando dello sblocco dei fondi, gli archivi del governo libico (che devono essere tradotti dall’arabo) sono stati resi disponibili da un ricercatore statunitense per poter documentare parte dei soldi libici che sono stati trafugati nel corso degli anni dai più alti dirigenti del CNT, così come gli archivi dei casi dove si riporta che per loro intervento sia stato versato del sangue in Libia. Ai leader del CNT è stato chiesto di restituire questi fondi prima che il Sud Africa acconsenta totalmente allo sblocco dei fondi libici bloccati dai membri della NATO. Per quanto riguarda l’ex ministro della Giustizia Abdel Jalil, dirigente chiave del CNT, e la sua offerta di affrontare il processo, è accusato di aver sentenziato varie condanne a morte ai detrattori del regime durante il suo mandato al Ministero della Giustizia libico, e questo sembrerebbe un buon primo passo se fosse seguito da altre figure del CNT. È stato Jalil, Ministro della Giustizia tra il 2007 e il 2011, che fu reputato dall’Human Rights Council delle Nazioni Unite responsabile dell’”intransigenza” delle Corti d’Appello libiche, di cui era Giudice Supremo, nel confermare le condanne a morte nel processo delle “infermiere bulgare”. Quando gli sono state richieste informazioni sulle indagini per gli omicidi extra-giudiziali tra il 2007 e il 2011, il Ministro della Giustizia Abdel Jalil ha respinto le accuse dichiarando di non essere in grado di disporre un’indagine sugli abusi degli ufficiali della Sicurezza Interna perché disponevano di un’“immunità di stato”.

In un altro recente sviluppo, alcuni amici di membri della famiglia di Gheddafi hanno chiesto a un avvocato internazionale degli Stati Uniti di riunire velocemente un gruppo di legali con avvocati americani e di tutto il mondo nel caso in cui i mandati del TPI comportassero il deferimento all’Aja. Ci sono molte preoccupazioni tra le persone che hanno sostenuto il precedente governo per un processo che, se tenuto in Libia, si trasformerebbe in un altro processo farsa stile Saddam Hussein travestito da giustizia.

Si sono sentite molte voci negli ultimi due giorni sul destino dell’imam sciita del Libano, Musa Sadr, che è scomparso 33 giorni fa mentre era in Libia per colloqui e per assistere il 1° settembre all’annuale celebrazione della Fatah, la Rivoluzione. Due persone che asseriscono di essere state presenti stanno parlando dell’assassinio di Musa Sadr e uno sta offrendo i resti bruciati di Musa Sadr e dei suoi compagni, lo sceicco Mohammed Yacoub e il giornalista Abbas Badreddine. Il compagno di gioventù di Gheddafi e per lungo “numero due”, Abdel Salem Jalloud, secondo uno dei suoi cugini, afferma che i resti sono nel deserto meridionale libico mentre l’intelligence iraniana riporta voci che i corpi sono stati buttati in mare attaccati a blocchi di cemento.

Il perché Musa Sadr sia stato ucciso è un altro argomento di molte delle “informazioni interne” dei funzionari governativi e di altre sfere. Un alto funzionario libico che ha rappresentato la nazione in vari Paesi nell’ultimo quarto di secolo ha affermato che, quando la verità verrà a galla su chi abbia richiesto al regime di Gheddafi di eliminare Musa Sadr - una figura popolare e carismatica nella comunità sciita -, verranno condannati alcuni ufficiali libanesi, così come altri in Iran e in Iraq, che vedevano Musa Sadr guadagnare troppo sostegno popolare, troppo rapidamente, e che veniva considerato “politicamente e religiosamente inaffidabile”. Sembra che, visti gli interessi in gioco su Musa Sadr e i suoi associati e il numero di ufficiali viventi e di testimoni che affermano di conoscere gli eventi che hanno portato alla sua morte brutale, che la verità possa finalmente emergere dopo tanto tempo.

Nel corso di una riunione di questa mattina con uno degli alti ufficiali della Brigata di Tripoli, che riporta di essere stato addestrato in marzo e aprile dalle forze speciali USA nelle montagne vicine al confine tunisino a sud-est di Tripoli, alcune dei suoi alleati di Tripoli hanno preso velocemente una decisione quando è stato attaccato il compound di Gheddafi lo scorso sabato. Quindi la Brigata Tripoli si è mossa molto rapidamente ad aiutare gli oppositori prima che la NATO avesse dato il verde. Secondo un ufficiale di questa brigata, la NATO ritiene che Gheddafi li abbia presi per i fondelli a Tripoli dove aveva 8000 truppe nascoste nella parte sud e che fosse pronto a far versare il sangue alle sue milizie in uno scontro urbano. Si dice anche che la NATO creda, come altri, che Gheddafi stia cercando di allettare i ribelli per entrare nella aree tribali di Warfalla, dove molte delle 54 sottotribù sono ancora al fianco di Gheddafi.

La tribù Warfalla è la più grande in Libia è ha svolto un ruolo fondamentale nell’espellere i colonizzatori italiani dopo essere stata inizialmente neutrale, quando gli italiani entrarono nella loro terra.

Si dice anche che la NATO sia preoccupata della varie milizie dei ribelli, una compagine davvero disperata, perché si ritiene che i ribelli stiano cercando negli ultimi giorni di prendere controllo di alcune zone – ad esempio, lungo il porto nei pressi del nostro albergo – per usare il loro territorio come merce di scambio nei giorni in cui potranno dire, “OK, controlliamo questa zona, cosa ne riceviamo politicamente?” La stessa fonte, il cui compito è fare da collegamento con la NATO, afferma che la NATO ritiene che Gheddafi sia in grado di combattere per mesi e che sia al momento irraggiungibile. La NATO sta freneticamente cercando di trovarlo e di ucciderlo mentre il CNT dice di volerlo processare.

Nel frattempo l’ambasciatore russo si è unito alla Croce Rossa Internazionale e al ministro degli Esteri maltese e si dice che abbia annunciato un ora fa che le sue navi evacueranno quelli che vogliono lasciare la Libia, iniziando da questo pomeriggio fino a domani. Come la gran parte delle informazioni che circolano, sono tutte voci ma la violenza continua è invece una realtà.

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Fonte: The Hunt for Gheddafi


Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE