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La lezione di due guerre: perderemo in Iraq e Afghanistan

di Stephen M. Walt - 31/08/2011

   
   

Uno dei modi più appropriati per realizzare una proficua politica militare nazionale è la riluttanza nel chiamare le cose col loro nome e di affermare semplicemente quello che sta davvero accadendo. Se state descrivendo una situazione difficile in un modo depistante o inaccurato, tantissime persone ricaveranno le conclusioni sbagliate e continueranno a sostenere politiche che non hanno granché senso.

Due esempi che fanno al caso: le guerre in Afghanistan e in Iraq. Ci viene continuamente detto che "la ricostruzione ha funzionato" in Iraq e che il presidente Obama ha modo di poter dire che la situazione è tollerabile per poter finalmente riportare le truppe a casa. Anche se è sempre più evidente che la ricostruzione ha fallito nel determinare una significativa riconciliazione politica, che non ha fatto neanche finire l’insurrezione e che tenere le truppe statunitensi negli ultimi tre anni è riuscito a realizzare ben poco.

Allo stesso modo, ci viene ripetuto che stiamo per raggiungere una sorta di "pace onorevole" in Afghanistan, anche se l’aver mandato ancora più soldati non ha reso il governo afghano più autorevole, non ha eliminato la capacità dei talebani di agire con violenza e non ha aumentato la nostra influenza in Pakistan. Alla fine, quello che succede nell’Asia Centrale verrà determinato dagli asiatici che vivono nella zona, nel bene e nel male, e non da noi.

La verità è che gli Stati Uniti e i suoi alleati hanno perso la guerra in Iraq e perderanno la guerra in Afghanistan. Proprio così. Per "perdere", intendo che ritireremo le nostre forze armate senza aver raggiunto i nostri obbiettivi fondamentali, e che la nostra posizione strategica sarà indebolita. Abbiamo preso Osama bin Laden, alla fine, ma si è trattato di un azione più energica da parte dell’intelligence e delle iniziative anti-terrorismo del Pakistan e non ha niente a che fare con la contro-insurrezione che stiamo combattendo. Le truppe degli Stati Uniti hanno combattuto con coraggio e dedizione, e il popolo americano ha sostenuto questi sforzi per molti anni. Ma avremo fallito perché i nostri obbiettivi erano scorretti fin dall’inizio, e perché la dirigenza nazionale (e specialmente l’amministrazione Bush) ha fatto alcune analisi strategiche madornali nel corso del tempo.

Specificamente: invadere l’Iraq non è mai stato necessario, perché Saddam Hussein non aveva alcun collegamento con Al Qaeda e non aveva armi di distruzione di massa, e perché non avrebbe mai potuto usare questi armamenti, nel caso un giorno fosse riuscito a ottenerli, senza dover affrontare una rappresaglia devastante. È stato un errore marchiano perché distruggere lo stato baathista ci ha lasciato in dote una nazione profondamente divisa che non abbiamo mai avuto la più lontana idea di come poter governare. Ha anche distrutto il bilanciamento di poteri nel Golfo e ha rafforzato la posizione regionale dell’Iran, non proprio un’idea brillante dal punto di vista americano. Invadere l’Iraq ha anche distratto risorse e attenzione dall’Afghanistan, e la cosa ha aiutato a far riguadagnare terreno ai talebani e ha sviato i nostri sforzi iniziali per assistere il governo Karzai.

Il Presidente Obama ha ereditato queste due guerre costose, e il suo errore principale è stato di non riconoscere che non erano vincibili a un costo accettabile. Ha saggiamente adottato (più o meno) un piano di ritiro dall’Iraq, ma ha stupidamente deciso di aumentare gli sforzi in Afghanistan, nella speranza di creare quella stabilità che ci avrebbe permesso di lasciare il paese. Questa mossa potrebbe essere stata abile politicamente, ma ha solamente comportato la dissipazione di ancora più risorse senza influire sul risultato finale.

Da un punto di vista più allargato, queste guerre sono state perse perché c’è un’enorme differenza tra lo sconfiggere un esercito convenzionale di terzo piano (quello che aveva Saddam) e governare una popolazione restìa, profondamente divisa e ben armata con un’avversione epocale a tutte le forme di interferenza esterna. Non c’era modo di "vincere" questo conflitto senza creare istituzioni locali efficaci che avrebbero potuto governare (per poter andare via), ma era la sola cosa che non sapevamo fare. Non solo non sapevamo chi mettere al potere, ma una volta che abbiamo appoggiato qualcuno, la sua legittimazione è decaduta all’istante. E lo stesso è successo alla nostra influenza, mentre persone come il presidente Karzai hanno compreso che il nostro prestigio era in discussione e che non ci saremmo potuti permettere di lasciarlo cadere.

Le buone notizie, comunque, sono che la sconfitta in Iraq e in Afghanistan – non ci sbagliamo, di questo si tratta – ci dice relativamente poco sulla posizione di forza degli Stati Uniti o sulla sua capacità di plasmare gli eventi significativi in qualsiasi parte del mondo. Ricordate che gli Stati Uniti persero anche la guerra in Vietnam, ma furono facilitati per il riavvicinamento con la Cina negli anni ’70 e alla fine rafforzarono la nostra posizione in Asia. Quattordici anni più tardi l’Unione Sovietica collassò e gli Stati Uniti vinsero la Guerra Fredda. Ma nessuno dovrà trarre conclusioni azzardate sulla determinazione degli Stati Uniti; al contrario, queste due guerre mostrano che gli Stati Uniti dovranno combattere per lungo tempo in condizioni difficili. Per questo, il solo fatto che stiamo fallendo in Iraq e in Afghanistan non costituisce di per sé un ulteriore declino, se riusciremo a prendere decisioni migliori nel futuro.

La vera lezione che si può ottenere da queste sconfitte è che gli Stati Uniti non sanno come costruire società democratiche in paesi musulmani grandi e distanti che sono divisi da fattori settari, etnici o tribali, e specialmente se questi paesi hanno una storia di instabilità o di violenza interna. Nessun altro sarebbe comunque in grado di farlo. Ma non è una missione che dovremmo cercare di realizzare nel futuro, perché potrà solo generare maggiori rancori per gli Stati Uniti e indebolire ancora la nostra forza.

Gli Stati Uniti sono diventati la potenza mondiale rimanendo lontani da guerre costose o entrandoci relativamente tardi per poi vincere la pace. Hanno vinto la Guerra Fredda mantenendo in essere un’economia che era molto più forte di quella dell’Unione Sovietica, assemblando una coalizione di alleati che era più affidabile, stabile e prospera di quello del blocco comunista, e rimanendo ragionevolmente rispettosi di una serie di ideali politici a cui altri si sono ispirati. I maggiori passi falsi sono avvenuti quando si sono esagerate le partecipazioni a conflitti periferici, come in Indocina. Fortunatamente, l’Unione Sovietica fece ancora più castronerie di noi, e partendo da una base più debole.

Dal 1992 gli Stati Uniti hanno dilapidato parte dei margini di superiorità mal gestendo la propria economia, permettendo all’11 settembre di annebbiare le proprie analisi strategiche, e indulgendo nella stessa arroganza contro cui gli antichi Greci si misero in guardia. La questione principale è se impareremo da questi errori, e avviare una politica militare nazionale basata su un sano realismo invece che sulle fantasie neo-conservatrici o sullo sfacciato entusiasmo liberale per l’interventismo. Sfortunatamente, i primi passi della campagna presidenziale per il 2012 non mi riempiono proprio di fiducia.

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Fonte: Lessons of two wars: We will lose in Iraq and Afghanistan


Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE