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Israele e Grecia sfidano Ankara

di Eugenio Roscini Vitali - 21/09/2011



Il primo prodotto del piano di cooperazione militare sottoscritto il 4 settembre scorso dai ministri della Difesa di Grecia ed Israele è l’approvazione da parte del Parlamento greco dell’acquisto di 400 kit di conversione SPICE (Smart Precise Impact and Cost Effective) 1000 e 2000, con equipaggiamenti per la trasformazione delle bombe a caduta della serie Mark-80 in armamenti guidati di precisione con una percentuale di acquisizione dell’obbiettivo pari al 95%.

Il kit, che nel caso delle MK-84/BLU-109B verrebbe installato su ordigni del peso nominale di oltre 900 kg capaci di penetrare corazze di metallo di 38 cm o colate di cemento armato di oltre 3 metri di spessore, verrà fornito all'Hellenic Air Force (HAF) dalla Rafael Advanced Defense Systems, industria israeliana produttrice di tecnologia high-tech per sistemi d’arma destinati al mercato degli armamenti e ad applicazioni spaziali.

L’operazione, il cui costo totale è calcolato in 155 milioni di dollari, rientra nel memorandum di intesa siglato lo scorso anno dal primo ministro greco George Papandreou e dall’omologo israeliano Benjamin Netanyahu. La bozza del contratto, finalizzato durante la visita a Gerusalemme del ministri della Difesa greco, Panos Beglitis, risale all’8 febbraio scorso, ma è dal 2005 che la Grecia mostra interesse per questo tipo di tecnologia e i primi contatto con la Rafael risalgono all’estate del 2009.

Per alcuni analisti la ragione della cooperazione militare va ricercata nel ruolo economico che Israele potrebbe svolgere nelle crisi finanziaria greca, ma l’annuncio della volontà israeliana di rafforzare i legami militari con Atene risale all’agosto 2010, dopo l'incidente della Freedom Flotilla e la rottura diplomatica tra Ankara e Tel Aviv. E’ in quella stessa estate che a Creta l’Hellenic Air Force e l’Israel Air Force (IAF) dettero vita ad un’esercitazione congiunta, con Atene che mise a disposizione dei piloti israeliani le batterie missilistiche russe S-300 perché potessero sviluppare un adeguato addestramento ai metodi di distruzione degli stessi sistemi di difesa aerea che Mosca era in procinto di vendere alla Repubblica Islamica e che aveva già fornito alla Siria.

Stessa cosa nel 2008, quando i bombardieri israeliani erano stati autorizzati ad entrare nello spazio aereo greco per effettuare missioni di addestramento a lungo raggio e di rifornimento in volo; in quel caso veniva sfruttata l’identica distanza che separa lo Stato ebraico dall’Iran e dalla Grecia (1.900 km) per preparare un attacco ai siti nucleari dello Stato sciita.

Sul piano strategico-militare gli effetti della rinvigorita cooperazione greco-israeliana trovano il primo banco di prova nelle acque a largo della Repubblica di Cipro, nella Zona Economica Esclusiva (Zee), dove la compagnia texana Noble Energy ha posizionata la piattaforma per trivellazioni petrolifere Homer Ferrington. Dopo aver condotto ricerche a largo di Ashdod, nell’area del giacimento israeliano off-shore noto come Noa, la Homer Ferrington sta infatti iniziando una fase di prospezione nel settore greco-cipriota denominato Blocco 12.

Il trasferimento della piattaforma, che dovrebbe cominciare le trivellazioni nei prossimi giorni, è stato monitorato dalla marina e dall’aeronautica militare turca, impegnate nell’esercitazione “Operazione Barbarossa”, un impegno di risorse militari gestito dal Comando navale di Izmir e al quale stanno assistendo, a dovuta distanza, la Sesta Flotta USA e le componenti navali degli Stati europei membri della NATO.

Com'era prevedibile, la Turchia non gradisce quello che, indubbiamente, appare come un accordo tra Atene e Tel Aviv destinato a rimettere in discussione gli equilibri dell’area. Ankara afferma che Cipro ed Israele non hanno alcun diritto a condurre ricerche nelle rispettive Zee e che le prospezioni condotte dal governo di Nicosia rappresentano un ostacolo per la continuazione dei negoziati per la riunificazione dell'isola.

Secondo le autorità turche una parte degli eventuali proventi derivanti dallo sfruttamento dei giacimenti del Blocco 12  spetterebbe  ai ciprioti che vivono nel settore dell’isola occupata militarmente dalla Turchia dal 1974 e se questo non dovesse avvenire Ankara sarebbe pronta a stipulare un accordo con la Repubblica turca di Cipro del Nord per condurre prospezioni nel tratto di mare a nord dell'isola.

E’ dal 14 settembre scorso che la Difesa turca segue con particolare apprensione gli spostamenti della Homer Ferrington e, secondo Tel Aviv, in questa fase le navi di Ankara sarebbero spinte a meno di 80 chilometri dalla acque territoriali israeliane. A questo si aggiunge il fatto che la Grecia ha già protestato per la presenza della marina militare turca nelle vicinanze dell’isola greca di Kastellorizo, dove si suppone stesse scortando la nave norvegese Bergen Surveyor, imbarcazione per ricerche geologiche che attualmente naviga tra Cipro e il golfo di Antalya.

Il rischio di un incidente è quindi elevato, soprattutto da quando i vertici politici del paese membro della NATO hanno autorizzato la marina ad avvicinare le navi israeliane fino ad una distanza di 100 metri e a prendere tutte le misure necessarie a disabilitarne i sistemi d’arma. La decisione di monitorare da vicino la Homer Ferringoton e di pattugliare con una massiccia presenza navale il Mediterraneo orientale deriverebbero comunque dallo scarso numero di aeromobile a pilotaggio remoto a disposizione. Il problema deriva soprattutto dalla decisione americana di  negare i Predator ad un paese che minaccia Israele e  c’è poi la questione degli Heron israeliani acquistati prima della crisi del 2010 e della decisione di espellere il personale tecnico che li gestiva.

Per ora nel settore dei velivoli senza pilota (UAV) l’aviazione militare turca può contare solo sui droni di produzione nazionale, gli Anka della Turkish Aerospace Industries (TAI), un velivolo che secondo gli israeliani ha lamentato problemi di quota e trasmissione dati in tempo reale durante la caccia ai guerriglieri del PKK tra le montagne Kurdistan turco. Per quanto riguarda gli Heron israeliani il dubbio è legato all’immediata capacità dei turchi di rimpiazzare i tecnici della Israel Aerospace Industries espulsi lo scorso anno e alla possibilità di mantenere in linea di volo un adeguato livello di efficienza. Secondo le ultime informazioni, del lotto di dieci velivoli acquistati nel 2008  i turchi ne avrebbe la metà; cinque sarebbero stati inviati in Israele per la manutenzione e mai più tornati indietro; due non sarebbero operativi e tre avrebbero gravi problemi tecnici al sistema di propulsione Rotax 914.