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Turchia, tra bombe e politica

di Christian Elia - 21/09/2011



 


L'attentato di Ankara si presta a mille congetture, di sicuro c'è tensione per il giacimento di Cipro

Poteva essere una strage. La bomba esplosa oggi, 20 settembre 2011, ad Ankara ha causato la morte di tre persone e il ferimento di altre quindici. Secondo fonti di polizia locale, non confermate, c'erano altre bombe nella zona della municipalità di Cankaya, alle porte di Ankara, e la zona è stata evacuata. Una donna sarebbe stata fermata subito dopo l'esplosione dell'auto.

Tensione interna, ma il momento della Turchia è complesso sotto tutti i punti di vista, questo non potrà che alimentare mille sussurri sulla bomba di Ankara. Pista curda? Servizi turchi? E perché non il Mossad israeliano? Può essere tutto, visto la violenta offensiva anti curda condotta anche in territorio iracheno, per non parlare della continua tensione tra governo e militari in Turchia, fino alla guerra delle parole con Israele.

Come - quasi - sempre è probabile che non si otterrà una risposta concreta, ma il clima è avvelenato da tante, troppe pressioni. Un allarme in questo senso l'ha dato il cancelliere tedesco Angela Merkel, che ha espresso al presidente turco Abdullah Gul le sue preoccupazioni per la recente crescita della tensione fra Ankara e il governo israeliano.

L'Ue, da tempo, con Ankara non sa che pesci prendere. Non può perdere la Turchia, non può invitarla a pieno titolo nel club di Bruxelles, viste le resistenze a cominciare dalla Francia, non può e non si vuole trovare coinvolta in una degenerazione dei rapporti tra la Turchia e Israele. Il premier turco Erdogan, due giorni fa, ha minacciato la rottura delle relazioni diplomatiche con l'Ue. Obiettivo degli strali di Erdogan, questa volta, è la presidenza dell'Unione che, da luglio a dicembre del 2012, toccherà alla Repubblica di Cipro. La parte greca, perché in Europa c'è solo quella.

La storia è nota: nel 1974 l'esercito turco occupa la parte settentrionale dell'isola del Mediterraneo. La popolazione turca, in maggioranza al nord, 'necessitava' della protezione di Ankara secondo i militari turchi. Da allora l'isola è divisa e un tentativo di riunificazione, in extremis, dell'Onu è naufragato nel 2004, perché la parte a maggioranza greca si è opposta alla riunificazione. Erdogan, adesso, minaccia di non riconoscere alcuna legittimità alla presidenza cipriota, in quanto non rappresentativa di tutta l'isola.

La questione è, in realtà, un altra e ha a che fare con quella che è stata già ribattezzata la 'guerra del gas' tra Turchia, Cipro e Israele. ''Una provocazione contraria al diritto internazionale'' è stato definito da Erdogan l'annuncio cipriota dell'avvio di trivellazioni per la ricerca di idrocarburi presso le coste orientali dell'isola, chiedendo che vengano bloccate con effetto immediato, dichiarandosi pronto a pattugliare la zona ''con aerei, fregate e torpediniere''.

Si tratta delle ricerche nel cosiddetto Blocco 12, il grande giacimento sottomarino Leviathan, scoperto tra Israele e Cipro. Una compagnia statunitense, la Noble Energy, è pronta a iniziare i lavori. Ma Cipro Nord, repubblica riconosciuta solo da Ankara, sarebbe tagliata fuori. Erdogan non ci sta e minaccia tuoni e fulmini. Al punto che, come tanti altri prima di lui, vien da chiedersi quanto sia strumentale la polemica con Israele.

Il gas, si sa, fa molto gola a una potenza economica emergente. Una crescita che veleggia, mentre il mondo economico globale agonizza, al 9 percento annuo, ha bisogno di risorse energetiche. Ritrovarsi in casa, perché Ankara tratta Cipro Nord come una regione del Paese, è un boccone troppo grosso per non affondarci i denti. Le tensioni con Israele, acuite dal viaggio di Erdogan in Libia, Tunisia ed Egitto, potrebbero sgonfiarsi appena Israele accettasse di trattare. Anche perché, se non è così, non si capisce davvero dove Erdogan voglia arrivare.