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In Vietnam la vita valeva 33 dollari

di Giuseppe Culicchia - 21/09/2011

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Nell’opera autobiografica Mettimi in un sacco e portami a casa lo scrittore americano Timmy O’Brien racconta la sua esperienza di soldato in Vietnam.
O’Brien rappresenta uno dei numerosi veterani di guerra statunitensi che hanno faticato a lasciarsi alle spalle la traumatica esperienza della guerra. O’Brien si sofferma soprattutto sulle violenze e sulle ingiustizie verso la popolazione civile a cui egli ha assistito impotente. Questi ricordi dolorosi hanno spinto l’autore a raccontare la sua esperienza personale in un libro.


Il conflitto del Vietnam, conclusosi il 30 aprile 1975 con l’entrata dei Vietcong a Saigon e l’evacuazione dell’ambasciata Usa, immagini rimaste nella memoria collettiva anche grazie al fatto che all’epoca non esisteva il giornalismo «embedded», ha prodotto una memorialistica piuttosto impressionante da parte di personaggi coinvolti a vario titolo nel medesimo, dallo sceneggiatore Michael Herr al segretario alla guerra Robert McNamara. Mettimi in un sacco e spediscimi a casa di Tim O’Brien appartiene a questo genere di opere. Al contrario diInseguendo Cacciato, altro celebre titolo dell’autore, non è strettamente un romanzo ma appunto un memoir, in cui il protagonista Timmy racconta in prima persona - e però con le doti narrative di un romanziere - la sua esperienza di combattente. […]
Ma dopo aver accarezzato l’ipotesi di disertare, Timmy finisce in Vietnam. È il 1969. L’escalation del conflitto iniziato sotto Kennedy con l’invio di poche decine di consiglieri militari è già cominciata. Dopo un corso rapido volto a familiarizzare i nuovi arrivati con il combattimento nella giungla, il lancio di granate e la neutralizzazione di mine antiuomo e trappole esplosive che costano a militari e civili la vita, le braccia o le gambe, Timmy viene assegnato alla compagnia Alpha. E allora scopre la paura, e la cattiveria. Se prima della guerra i suoi eroi erano stati personaggi immaginari come Alan Ladd in Il cavaliere della valle solitaria o Humphrey Bogart in Casablanca, tra le palme e le risaie del Vietnam Timmy scopre come nell’orrore della guerra nemmeno il famoso motto «grazia sotto pressione» adottato da Hemingway serva a distinguere i vigliacchi dai coraggiosi: «Un vigliacco muore mille volte, un uomo coraggioso una volta sola. Anche questo mi sembra sbagliato. Si è vigliacchi una volta per tutte? Eroi una volta per tutte? È più probabile che gli uomini a volte si comportino da vigliacchi e altre volte con coraggio, ciascuno in varia misura, ciascuno con varia coerenza». Comandati a proteggere un piccolo villaggio che campa grazie alla laguna su cui è stato edificato, Timmy e i suoi commilitoni fanno amicizia con i bambini del posto, ai quali danno i biscotti delle razioni «K» in cambio di gamberi. I soldati nuotano nella laguna, pescano, lanciano ciottoli sulle acque calme e talvolta passeggiano sulle spiagge addirittura disarmati, come se quell’angolo di Vietnam fosse una sorta di paradiso preservato dalla violenza dell’uomo.
Ma una sera assistono impotenti al bombardamento del villaggio da parte dell’artiglieria americana. Si tratta di un errore. Le famiglie delle vittime, dopo l’inchiesta di rito, verranno risarcite: venti dollari per ogni ferito, trentatré dollari e novanta cents per ogni morto. Timmy sfiora la strage di My Lai, commessa da un battaglione della sua stessa compagnia. Viene mandato nelle retrovie, e poi congedato. Molti suoi commilitoni faranno non poca fatica a reinserirsi nella vita civile, dopo gli orrori visti o commessi durante la permanenza in Vietnam. Lui potrà contare sulla scrittura, che com’è noto in certi casi evita le cure psichiatriche. Insomma: sono cambiati fucili e uniformi, clima e paesaggio, ma a tratti sembra davvero di leggere la storia dolente ma priva di retorica di un reduce da Baghdad o da Kabul, arruolatosi dopo aver ascoltato quand’era bambino tanti racconti di veterani del Vietnam.

Tim O’Brien, Mettimi in un sacco e spediscimi a casa, Piemme, pp. 219, € 16,50.