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Ritorno ai cinque sensi. Anzi, agli otto

di Cesare Cavalleri - 28/09/2011

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«L'uomo moderno ha sognato di sostituire i sensi con strumenti tecnologici, con centrali di informazioni precise, pronte a connettersi e comunicare al suo bisogno o comando. Si è così realizzata la fantasia di collegare direttamente la mente umana al mondo, tagliando fuori il corpo, fardello da sempre ingombrante e, dopo l'abbandono dei sensi, terreno di caccia della cosmetica e della chirurgia estetica». Lo scrive Claudio Risé in Guarda tocca vivi. Riscoprire i sensi per essere felici (Sperling & Kupfer, pagine 214, euro 16,50), e ha perfettamente ragione. I sensi non sono soltanto i noti cinque sensi (tatto, vista, udito, olfatto, gusto), ma bisogna aggiungerne altri tre: il senso del sé, il senso del movimento, il senso dell'altro, ed è a questi tre ultimi che Risé dedica le pagine più interessanti di un libro già interessante di suo. Il Sé è il centro complessivo della personalità conscia e inconscia, e siamo chiamati a prenderne gradualmente coscienza, fin da quando, da bambini, abbiamo cominciato a dire "io" (l'io e il sé non si sovrappongono senza residui, ma in questa sede sorvoliamo). Il modello di cultura odierno, sempre più "virtuale", tende proprio a indebolire il senso del sé, collegato al senso vitale (capacità di riconoscere il proprio benessere o malessere), fino ai casi estremi alla Michael Jackson, il grande artista nero che voleva essere bianco, maschio ma con desiderio di identità femminile, adulto ma inchiodato alla condizione adolescenziale. Il senso del movimento è ciò che permette il cambiamento e la trasformazione corporea, cerebrale e psichica: immobilizzato davanti al computer e al teleschermo, l'uomo d'oggi lo sta perdendo. Particolare e suggestiva importanza Risé assegna al grounding, cioè il contatto con le radici, l'avere "i piedi per terra" (ground). Il grounding fornisce l'essere umano di una "presa a terra", attraverso la quale scaricare la propria energia, istituendo un rapporto con il piano della realtà contrapposto a quello mentale e immaginario. Il senso dell'altro è rivolto all'incontro con persone, cose, idee, al di fuori di sé e del proprio corpo. Chiama in causa l'organo dell'affettività, il cuore, capace di amore e di odio, di simpatie e di antipatie. È il tema dell'empatia, cioè della capacità di cogliere ciò che l'altro sente o sta per fare, che ha una base cerebrale nei "neuroni specchio" che si attivano quando partecipiamo attraverso sensi ed emozioni a gesti, intenzioni e sentimenti dell'altro. Il rischio attuale è di non istituire rapporti con altri in carne e ossa, ma con avatar, immagini bidimensionali colte sullo schermo e con le quali ci si illude di comunicare, per quanto interattiva sia la comunicazione elettronica. Risé analizza inoltre i cinque sensi anche nella loro fisiologia, per auspicare un ritorno alla sensorialità. Perché sempre più ci si convince che l'utopia di attendersi la salvezza dalle tecnoscienze ha prodotto soprattutto infelicità. L'illusione di una vita totalmente artificiale si scontra, infatti, con un ambiente naturale irriducibilmente più vasto e non controllabile come le periodiche catastrofi (Fukushima è la più recente) dolorosamente insegnano. Grazie all'industria farmaceutica il corpo vive più a lungo, ma perde la capacità di procreare ed è minacciato dalle malattie degenerative cerebrali e del sistema nervoso (Alzheimer, Parkinson). Il ritorno ai sensi è la via per la ricerca di un'autentica felicità. Del resto, anche per la conoscenza è sempre valido l'assioma tomista: «Nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu». Nella mente non c'è nulla che non sia passato attraverso i sensi: in tutti i cinque (o otto) sensi, non solo nel senso della vista che la cultura informatica privilegia.