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L’Europa è malata. Nella testa

di Claudio Risé - 02/10/2011


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Il declino dell’Europa preoccupa il mondo. Dall’americano Tim Geithner ai Brics (i Paesi più ricchi del globo), tutti invitano l’Europa a svegliarsi, a produrre e creare ricchezza, non debiti. Si punta il dito verso l’economia mal gestita. Siamo sicuri che l’origine del male stia lì?
L’Organizzazione Mondiale della Sanità dell’ONU ricorda che nell’ultimo anno il 27% della popolazione europea ha sofferto di almeno un tipo di disturbo mentale.
L’Europa è malata. Innanzitutto nella testa.
Soltanto tra la popolazione adulta (che non è peraltro messa peggio di quella giovanile) 83 milioni di persone sono state colpite. Si tratta di una quantità impressionante di malessere, invalidità e di costi sociali. E’ però una stima approssimata per difetto, perché si è tenuto conto solo delle patologie più note ed evidenti, e non si sono raccolti i dati sulle persone di più di 65 anni, il gruppo in cui compaiono gran parte delle malattie mentali degenerative dell’età avanzata.
Tra i giovani poi, oltre il 20% dei soggetti in età evolutiva soffre di una qualche forma di disturbo mentale; un quadro nel quale il suicidio diventa oggi la terza causa di morte in età adolescenziale.
Parallelamente si assiste a un imponente aumento dei disturbi del comportamento, correlati innanzitutto a situazioni di dipendenza da droghe e alcool ed a problemi relazionali.
Il futuro è poi, secondo l’OMS, ancora meno tranquillizzante del presente. Nel 2020, secondo le ultime valutazioni dell’Organizzazione, una parte ancora più consistente della popolazione soffrirà di disturbi psichiatrici.
Il malessere giovanile inoltre sembra annunciare guai anche per il futuro, dato che una percentuale importante delle persone sofferenti in età adulta hanno avuto le prime manifestazioni in età evolutiva.
La pessima situazione psicofisica della popolazione europea non sembra certo una premessa favorevole neppure per aiutare una ripresa e un rilancio della situazione economica. Lo sviluppo è sempre una manifestazione di salute mentale e di una visione positiva della vita, non può nascere da menti e corpi indeboliti da patologie psichiche coi loro frequenti comportamenti autodistruttivi. Però, quando si parla dei vari aspetti della “crisi” europea (e naturalmente italiana), quelli politici, economici, culturali, non li si collega mai al quadro psicologico, e a quello psichiatrico.
E’ questo uno degli aspetti meno considerati dello “stigma”, dell’esclusione e dell’artificiale “apartheid”, separatezza, nella quale viene mantenuto il mondo della malattia mentale. Senza considerare che, di fronte a malesseri e numeri così elevati nessuna separazione è possibile.
Se il 30% della popolazione adulta è colpito, è chiaro che questo comprende anche una parte considerevole della classe dirigente, dei decisori politici ed economici, del mondo dell’insegnamento e della giustizia.
E’ allora sterile ridurre ogni singolo episodio a casi individuali, senza inserirli nel loro quadro generale, che è quello (illustrato ad esempio dagli studi dell’Oms), rappresentativo di una società malata. Di cosa esattamente? La risposta esige cautela. E’ difficile però non pensare ad una relazione tra le patologie più diffuse, come l’assunzione di sostanze intossicanti, i disturbi alimentari e le patologie fisiche ad essi correlate (la crescente diffusione del diabete ad esempio), le forme euforiche e depressive, l’ansia, e gli stili di vita delle nostre società ancora ricche, ma in ripiegamento, e soprattutto, sempre meno motivate e motivanti.
Il volto psichiatrico della crisi andrebbe invece investigato con attenzione.