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L’America che corre e quella che annaspa

di Roberto Marchesi - 02/10/2011

Che gli Stati Uniti d’America siano la patria del capitalismo d’elezione è cosa nota da tempo. E anche che la crisi non colpisca tutti allo stesso modo è cosa abbastanza risaputa.
In un periodo come questo, di sostanziale “stagnazione”, i prezzi non solo non salgono ma per molti generi di consumo addirittura scendono. Quindi questo momento, che per molti è particolarmente penoso, diventa per altri eccezionalmente prosperoso, dato che non solo i ricchi, ma anche quelli della classe media di reddito, quelli cioè che hanno conservato un buon lavoro e un buono stipendio, possono permettersi persino di più che in precedenza.
Chi stava bene tende a star meglio. Chi già stava male o, a causa della crisi, ha iniziato a star male, tende inesorabilmente a scivolare ancor più in basso.
A causa di questa prolungata crisi si allarga il numero di quelli che escono dall’area dei benestanti ed entrano in quella dei poveri, o in quella ad essa immediatamente prossima.
Tuttavia si nota agevolmente che nella popolazione c’e un’ampia fascia di persone che può permettersi nel privato una vita tranquilla e spensierata, anche in piena crisi, mentre un’altra fascia, sempre più larga, annaspa miseramente nel quotidiano cercando disperatamente riscontro a quella orgogliosa e fatua promessa di “opportunità” per tutti, che appare invero ormai alla massa dei predestinati nient’altro che un insano miraggio.
Gli indicatori di questa situazione sono diversi, e sono noti a tutti gli economisti. Il tasso di disoccupazione, la “confidenza” dei consumatori, il volume delle scorte per le imprese, ecc., sono tutti indicatori che segnalano la salute di una economia persino di più che l’indice dell’inflazione, segnalata da qualcuno come un pericolo, ma in realtà al momento pressoché inesistente.
Eppure c’è in America un indicatore che può essere considerato il vero termometro della situazione, ed è l’indice del mercato immobiliare, più specificamente, quello della compravendita di case.
È noto che l’attuale recessione è partita proprio da questo settore, che ha conosciuto a partire dalla fine degli anni 90, e per più di dieci anni consecutivi, una continua crescita, fino a diventare vera e propria “bolla”, poi scoppiata nel 2007 con l’emergere degli scandalosi mutui concessi praticamente a chiunque e per importi anche superiori al 100% del valore della casa.
Dal 2007 il valore complessivo del mercato immobiliare americano è sceso ovunque. In alcune aree della Florida, della California e dell’Arizona persino con punte fino al 60%. Una fase che però, a oltre 4 anni dall’inizio della crisi, non si è ancora esaurita se si guarda ai dati recenti non solo per quanto riguarda il prezzo delle transazioni che si concludono, ma anche al tempo medio in cui la vendita si perfeziona; con Boston, New York, Philadelphia e Chicago tra le città più lente.
Però, come dicevamo all’inizio, la crisi non morde tutti in modo uguale. Ci sono anche quelli che possono approfittarne per fare buoni affari.
Tra l’altro una delle ragioni per le quali il mercato immobiliare non si riprende è che, dopo l’ubriacatura dei “subprime mortgage”, le banche, un po’ per nuove regole, un po’ per ristrettezza di liquidità, sono diventate estremamente ritrose nella concessione dei mutui, e naturalmente quelli che lo ottengono sono quelli che finanziariamente stanno meglio.
Ma i benestanti non vogliono prendere casa nei quartieri poveri. Così diventano sempre più frequenti fenomeni di estrema differenza nel valore delle aree abitative, persino in aree tra di loro confinanti.
Consideriamo p.es. la città di Detroit, particolarmente colpita dalla crisi del settore auto, dove è possibile con circa 10.000 dollari comprare una casa di due locali più servizi. Ma a poche miglia di distanza, a Birmingham, il prezzo delle case si aggira sul milione di dollari e passa.
Oppure in Florida, a Miami, dove si può comprar casa in condomini residenziali dotati di giardini, servizi e piscina al prezzo stracciato di circa 25.000 dollari (oltre il 60% in meno di quello che costavano 5 anni fa). Ma anche lì basta fare poche miglia per arrivare in zone dove un appartamento in condominio costa attorno al milione di dollari.
Probabilmente molti non si sorprenderanno nel vedere tali differenze nei prezzi, anche se non è molto frequente di norma trovare differenze così macroscopiche in aree così vicine.
Quello però che sicuramente sconcerta è il fatto che fanno meno fatica a vendersi gli appartamenti milionari che quelli a prezzi stracciati. E non sono casi isolati. Le statistiche degli agenti immobiliari parlano chiaro. Negli immobili di pregio le compravendite sono in forte crescita, sia nel numero che nei prezzi. In tutte le altre categorie invece continua la crisi.
Si allarga perciò nella società americana il solco tra chi ha tanti soldi e chi ne ha pochi, riportando a galla disfunzioni sociali come il classismo e persino il razzismo, che solo pochi anni fa sembravano quasi del tutto superati.