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Emigrazoni dall'Africa ai primordi? Falso

di Gabriele Beccaria - 05/10/2011

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Il segreto degli aborigeni “Furono i primi esploratori”
Il Dna dai capelli riscrive le teorie sull’emigrazione dall’Africa


Il reperto La ciocca di capelli che ha permesso le ricerche raccontate su «Science»
Eroici Gli antichi australiani sono stati protagonisti di un’epopea unica

Anno 1923. L’antropologo britannico A. C. Haddon fa quello che tutti i suoi colleghi fanno. Raccoglie campioni umani. Anche i più innocenti, come i capelli, che spesso i «selvaggi» cedono senza discussioni. Nel carico di quella stagione c’è una lunga ciocca, regalatagli da un giovane aborigeno con cui ha fatto amicizia.
Anno 2011. Un team internazionale si dedica a quella che, scherzando un po’, è nota come «Jurassic Park science». Riscopre la ciocca, lasciata a impolverarsi in una teca, ne estrae il Dna e comincia il grande gioco dei confronti. Il risultato - come adesso è stato raccontato sulla rivista «Science» butta all’aria tutte le certezze sulla colonizzazione del Pianeta. Se i test genetici non mentono, la storia delle migrazioni umane, finora rozzamente rappresentate come una serie di linee che dall’Africa prima salgono in Europa e poi piegano verso l’Asia, sono clamorosamente sbagliate.
Il succo della scoperta è che gli aborigeni di oggi sono i discendenti diretti dei primi esploratori. I loro antenati, infatti, non hanno perso tempo. Usciti dal continente primigenio, hanno subito seguito la rotta Est, senza tappe intermedie, fino a raggiungere l’Australia, mentre gli avi di quelli che sarebbero diventati europei e asiatici stavano ancora muovendo i primi passi, non oltre quello che è oggi il Medio Oriente. E’ successo, all’incirca, 70 mila anni fa, vale a dire almeno 24 mila anni prima che iniziassero le altre migrazioni. Così, se sono arrivati a destinazione in un tempo remotissimo, già 50 mila anni fa, ora gli aborigeni possono vantare l’«albero genealogico» più straordinario.
Il merito è di quel ragazzo gentile di cui si è perso il nome e di cui sopravvive solo la ciocca. I suoi mattoni di Dna sono stati sovrapposti a molti altri genomi, un migliaio di persone selezionate dai 5 continenti, e si è visto che tra il suo popolo e i Sapiens più antichi c’è una differenza davvero minima, pari a meno dell’1%. «Mentre i predecessori di europei e asiatici stavano seduti da qualche parte in Africa o nel Medio Oriente, quelli che sarebbero diventati gli aborigeni si muovevano rapidamente, attraversando terre sconosciute in Asia e solcando il mare, fino all’Australia ha spiegato il coordinatore dello studio, Eske Willerslev, biologo evoluzionista all’università di Copenhagen -. E’ stato un viaggio davvero incredibile, che deve aver richiesto eccezionali capacità di sopravvivenza e coraggio».
I «Jurassic Park scientists» sentono crescere l’emozione. Vogliono continuare a indagare e decifrare le successive «fughe» dall’Africa della nostra specie. E poi vogliono buttare un occhio su un altro grande mistero: la colonizzazione delle Americhe. Quando si è verificata e come? Sono nascoste anche lì altre sorprese? Di sicuro i musei di tutto il mondo sono ricchi di reperti vergini, che la scienza del Dna non ha ancora sondato con i propri test.
Ma intanto una prova indiretta dell’antichità degli aborigeni arriva da un altro set di analisi, stavolta sul più enigmatico gruppo di esseri che hanno condiviso la Terra con noi umani, i Neanderthal e i Floresiensis: i Denisova. Il Dna ha svelato che parte dei loro geni è passato in molte popolazioni asiatiche, fino agli abitanti della Nuova Guinea. Sarebbero stati loro i protagonisti della «seconda grande ondata», intorno a 30 mila anni fa, invadendo le pianure della Siberia e poi scendendo verso Sud, senza però mai incontrare i primi australiani. Ora gli aborigeni del XXI secolo, dopo decenni di discriminazioni e persecuzioni, possono quindi vantare di essere tra gli sponsors della ricerca guidata da Willerslev.
La loro organizzazione si chiama «Goldfields Land and Sea Council» e da pochi giorni, grazie a qualche capello e alle lunghe sequenze disegnate dal Dna, si sente custode di una tradizione più che unica. Seguendo le «vie dei canti», si arriva dritti all’alba della nostra specie.