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La Nato in bancarotta

di Ferdinando Calda - 09/10/2011



Dove non è riuscita l’Unione Sovietica (e la sua caduta) potrebbe avere successo la crisi economica. Ieri i ministri della Difesa dei Paesi membri della Nato si sono riuniti a Bruxelles per discutere del futuro dell’Alleanza Atlantica. Ma più delle strategie e collaborazioni militari, a tenere banco è stato il problema dei finanziamenti. La questione è semplice: gli Stati Uniti non possono più permettersi (o non hanno più intenzione) di sostenere la stragrande maggioranza delle spese. Già a giugno scorso, prima di lasciare il proprio posto a Leon Panetta, l’allora segretario alla Difesa Usa Robert Gates aveva descritto un futuro a tinte fosche per la Nato (la parola usata fu “spettrale”), scagliandosi contro quei Paesi membri che “si godono i benefici ottenuti grazie agli sforzi degli altri”. Gates si riferiva soprattutto a Germania, Olanda, Spagna, Turchia e Polonia, colpevoli agli occhi di Washington, di non contribuire abbastanza con fondi, armamenti e soldati, pur avendone i mezzi (inutile dire che l’Italia si trova tra i “buoni”). Queste mancanze, sostenne il segretario Usa, hanno compromesso la capacità di operare della Nato sia in Afghanistan che in Libia e rischiano di sancire il declino dell’Alleanza stessa. “La realtà – tuonò Gates – è che il Congresso statunitense non è più disposto ad autorizzare aumenti di spesa per conto di nazioni che apparentemente non sono pronte a dedicare risorse o a fare i necessari cambiamenti per diventare partner credibili per la loro stessa difesa”.

Qualcuno attribuì la durezza di queste dichiarazioni al fatto che, dopo poche settimane, Gates avrebbe ceduto il proprio incarico, sentendosi così libero di dire finalmente la sua opinione. La stessa tesi, però, è stata ripresa ieri dal neo-segretario alla Difesa. “C’è chi ritiene che il budget Usa sia così vasto da assorbire e coprire le carenze dell’Alleanza”, ha dichiarato Panetta a Bruxelles, sottolineando che i tagli al bilancio del Pentagono (almeno 450 miliardi di dollari in 10 anni) “potrebbero essere devastanti per la nostra e la vostra sicurezza nazionale”.
E anche lui ha agitato lo spettro del crollo della stessa Nato. Senza un’inversione di tendenza da parte dei partner europei, ha affermato, “è legittimo chiedersi se l’Alleanza sarà ancora capace di sostenere il tipo di operazioni viste in Afghanistan e Libia senza che gli Usa si assumano la maggior parte del peso”.
Gli Stati Uniti sarebbero quindi pronti a smantellare l’intera Alleanza Atlantica perché non sono più in grado di sopportarne i costi? In realtà, queste “minacce” di un fallimento della Nato sembrano assomigliare sempre più a una sorta di bluff, e nascondono – neanche velatamente – l’esplicita richiesta di maggiori investimenti da parte dei Paesi europei, nel tentativo di placare le proteste di un’opinione pubblica statunitense schiacciata dalla crisi economica e stanca di tante spese militari.
Lo stesso Panetta ieri ha sollecitato i partner europei a “inviare un forte segnale della nostra determinazione a non svuotare l’Alleanza”, per non mettere in pericolo la sicurezza comune.
La crisi, però, c’è anche in Europa, e gli europei non sembrano propensi a investire massicciamente in un organismo che, teoricamente, avrebbe ormai perso la sua funzione storica e viene usato dagli Stati Uniti a difesa dei propri interessi.
Il ministro della Difesa tedesco, Thomas de Maiziere, pur ammettendo di comprendere che gli Usa non vogliano più farsi carico del 75% dei costi della Nato, ha comunque definito “illusoria”la possibilità che gli europei aumentino proprio ora le risorse a disposizione della Difesa. Di conseguenza il ministro ha ipotizzato un’Alleanza “più piccola” ma “più efficace”, concentrata su “ciò che è realmente necessario”.