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Libia: vietato parlare al conducente

di Amedeo Ricucci - 09/10/2011

Fonte: amedeoricucci

Una volta sugli autobus italiani c’era un cartello che vietava al pubblico di parlare al conducente, per non distrarlo dalla guida. E’ quanto succede oggi con la guerra della Nato in Libia. Nessuno ne parla più, da più di un mese,  e nessuno pone più domande su come procede, sulle vittime civili che fa e sugli scenari che si prospettano.

Eppure, di questioni sul tappeto ce ne sarebbero diverse e tutte di un certo peso.  E’ passato ad esempio inosservato un articolo di Gianandrea Gaiani apparso sul Sole 24 Ore di tre giorni fa, in cui per la prima volta si fa un bilancio delle operazioni militari che sono direttamente ascrivibili all’Italia.

Sono dati importanti, inediti, eppure sia la stampa che la politica nostrana hanno preferito ignorarli. Secondo Gaiani, che è un analista strategico con ottime entrature negli ambienti militari, l’Italia ha avuto ed ha un ruolo di primo piano nella macchina bellica della Nato in Libia. Con 2000 missioni compiute fino alla scorsa settimana è terza, infatti, dopo Francia (4500) e Inghilterra (2400), negli attacchi al suolo dal marzo scorso. Gli aerei italiani avrebbero attaccato inoltre 500 obiettivi, sganciando circa 850 bombe la guida laser e satellitare, per un costo complessivo che si aggira sui 60 milioni di euro, solo a livello di munizionamento.

I raid italiani sono stati infine coronati da un 97% di successo, senza fare – ma lo dice una fonte vicina alla Nato – vittime civili.

Il quadro insomma è molto diverso da come i nostri ministri della Difesa e degli Esteri ce l’hanno sempre presentato, secondo il solito canovaccio degli italiani “brava gente”, che la guerra la farebbero con il sorriso sulle labbra ed i garofani nelle bocche dei cannoni. Balle. In Libia facciamo nè più nè meno di quello che fanno gli altri. E sarebbe corretto dirselo, anche perchè il Parlamento sarà presto chiamato a votare il rifinanziamento della missione.

Per sapere poi qual è la situazione sul terreno tocca leggersi i giornali stranieri, perchè quelli italiani hanno altro a cui pensare. Leggendo Le Figaro scopro ad esempio che a Sirte la resistenza  contro le truppe ribelli del CNT non viene solo dai militari rimasti fedeli a Gheddafi ma soprattutto dalla popolazione civile, che non ha alcuna fiducia nei nuovi padroni del Paese. 

E leggendo l’Huffington Post.com trovo l’ennesima conferma delle divisioni che regnano fra i ribelli di Misurata e quelli di Bengasi, sempre più ai ferri corti e allo sbando. Nè mi rassicura l’intervista concessa da Anders Fogh Rasmussen al Sole 24 Ore del 5 ottobre. Il segretario generale della Nato dice che in Libia si è arrivati “alla fase finale”, ma due righe sopra si era arrampicato sugli specchi, dicendo che i sei mesi già trascorsi dall’inizio della missione “se li guardiamo in una prospettiva storica sono molto pochi“. E dire che si parlava, all’inizio, di qualche settimana…