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Molti nemici, molto onore

di Ury Avnery - 10/10/2011

   
   

Una vecchia foto della Prima Guerra Mondiale ci mostra una compagnia di soldati tedeschi che prendono il treno per il fronte. Sulla parete di una vettura, qualcuno aveva scritto: “Viel Feind, viel Ehr” (“Molti nemici, molto onore”).

In quei giorni, all’inizio di quella che sarebbe diventata la Prima Guerra Mondiale, una nazione dopo l’altra stava dichiarando guerra alla Germania. Lo spirito del graffito rifletteva l’arroganza del comandante supremo, il Kaiser Guglielmo, che si affidò al piano di guerra della leggendaria Squadra dei Generali Tedeschi. Era davvero un piano eccellente e, come spesso succede ai piani di guerra formidabili, qualcosa andò di traverso sin dall’inizio.

Lo stupido Kaiser ha ora gli eredi che si merita. Il vice Primo Ministro israeliano, Moshe Ya’alon, un ex capo di Stato Maggiore dell’esercito la cui intelligenza è al di sotto della media persino di quel grado, ha annunciato che Israele non può scusarsi con la Turchia, anche se ciò dovesse essere richiesto dai propri interessi nazionali, perché ferisce il nostro “prestigio”.

Molti nemici, molto onore.

Sembra che finiremo presto gli amici che possiamo trasformare in nemici per ottenere sempre più prestigio.

* * *

La scorsa settimana un gatto nero si è frapposto tra Israele e la sua seconda miglior amica: la Germania.

Gli ufficiali di alto rango della Germania hanno confidato ai loro colleghi israeliani che la loro Kanzlerin, Angela Merkel, era “furiosa” quando ha sentito che il governo israeliano aveva approvato la costruzione di 1.100 unità abitative a Gilo, un quartiere nella parte occupata di Gerusalemme Est. Solo pochi giorni dopo, il Quartetto ha invitato Israele e l’Autorità Palestinese a riavviare le trattative e ad astenersi dalle “provocazioni”. Se questa non è una provocazione, cosa lo può essere?

Merkel, di solito una donna di placida equanimità, non ha tenuto la rabbia dentro di sé. Ha chiamato Binyamin Netanyahu e gli ha fatto una bella lavata di capo, qualcosa che non era mai successo prima.

Fino ad ora, la Germania ha mantenuto un rigido codice di comportamento nei confronti di Israele: dopo gli indicibili crimini commessi dai nazisti contro gli ebrei, non ci poteva essere alcuna critica delle iniziative israeliane, la Germania avrebbe pagato una parte cruciale degli armamenti di Israele, la Germania avrebbe sospeso tutte le rimostranze morali per quanto concerne il conflitto israelo-palestinese.

Non più, sembra. Potremmo aver perso solo il nostro secondo miglior amico.

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Il classico esempio di “Come perdere gli amici e allontanare i popoli” è, ovviamente, il nostro problema con la Turchia.

David Ben-Gurion, l’archi-architetto di Israele, riteneva che la pace con gli arabi non fosse né possibile, né desiderabile. Ravvisò un’alternativa: un anello per circondare il mondo arabo, un’alleanza di alleati non arabi. Questi includevano l’Iran (sotto lo Shah), l’Etiopia (sotto Haile Selassie), diversi altri stati africani e, naturalmente, la Turchia (in base al lascito di Kemal Ataturk).

Le nostre relazioni con la Turchia si sono congiunte nel corso degli anni in un matrimonio molto stretto, particolarmente caro tra le forze armate. Le esercitazioni congiunte, le vendite di lotti di armi, la condivisione dell’intelligence. Quando Israele stava aiutando i curdi iracheni contro Saddam Hussein, collaborò con Ankara per reprimere i curdi turchi. Gerusalemme prese seriamente in considerazione la realizzazione di una tubazione sotto il mare dalla Turchia per portare l’acqua, che la Turchia ha in abbondanza e che Israele necessita fortemente.

Improvvisamente, tutto è cambiato. Le relazioni turco-israeliane sono state affondato come una nave colpita precisamente da un razzo.

Ciò è iniziato quando il Primo Ministro turco, Recep Tayyip Erdogan, si è alzato in modo brusco e ha lasciato un dibattito pubblico con Shimon Peres a Davos. Gli israeliani lo potevano anche capire: nessuno può sopportare Peres.

Ma il Foreign Office di Avigdor Lieberman decise di vendicarsi. Il suo sostituto, un genio di nome Danny Ayalon, convocò l’ambasciatore turco nel suo ufficio per una ramanzina e lo ha fatto sedere su un divano basso mentre lui lo torreggiava da una sedia molto più alta. L’ambasciatore non ci fece caso, ma il piccolo Danny spiegò con orgoglio la sua tresca ai giornalisti israeliani lì riuniti. L’Ambasciatore girò i tacchi e se ne andò a casa.

La Turchia reagì in modo ufficioso inviando la Mavi Marmara per rompere l’assedio di Gaza. Nove turchi rimasero uccisi. La Turchia era in subbuglio. Erdogan chiese le scuse. Ecco dove entra in scena il prestigio.

Si potrebbe ipotizzare, naturalmente, che tutto ciò sia una tattica premeditata di Erdogan per cambiare gli eventi e scaricare Israele dai propri alleati. Se così fosse, sarebbe ancora più stupido che il nostro governo sia stato al gioco.

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Quando divampò la Primavera Araba, la Turchia salì sul carro del vincitore e propose un asse turco-egiziano, una reminiscenza dei giorni gloriosi dell’impero ottomano. Israele, da parte sua, rimase sulla sua linea usuale.

Invece di comprendere quello che stava succedendo, il nostro governo si aggrappò alla dittatura defenestrata di Hosni Mubarak. Se si fosse schierata immediatamente e totalmente a favore della rivoluzione, avrebbe potuto, forse, avere un punto di appoggio nell’opinione pubblica egiziana, che era arrivata a detestare Mubarak come un lacché americano ben pagato che aveva aiutato Israele ad affamare un milione e mezzo di fratelli arabi nella Striscia di Gaza.

L’intelligence israeliana non ha compreso che si era di fronte a un terremoto di portata storica che avrebbe potuto cambiare la regione. In effetti, non ha mai intuito o compreso gli eventi nel mondo arabo, essendo accecata dal suo disprezzo per gli arabi.

L’esito è stato che le folle egiziane hanno assaltato l’ambasciata israeliana, hanno costretto l’ambasciatore e il suo staff a lasciare il paese e che i sabotatori hanno ripetutamente fatto saltare le tubazioni che trasportano il gas egiziano a Israele a prezzi molto bassi (probabilmente ottenuti dopo che l’offerta di laute bustarelle alla gente giusta.)

La gente sta ora dicendo che la gente egiziana è sempre stata contraria alla pace con Israele, senza alcuna colpa da parte nostra. Totalmente falso. Ero al Cairo pochi giorni prima della visita storica di Anwar Sadat a Gerusalemme e ho trovato una capitale egiziana pazza di gioia. Un numero imprecisato di israeliani hanno visitato l’Egitto da allora e sono sempre stati ricevuti ovunque con la massima amicizia. È stato solo dopo che l’occupazione di Israele dei territori palestinese è diventata sempre più oppressiva che gli egiziani hanno iniziato a sentirsi traditi.

Lieberman e Co. hanno perso la Turchia e stanno perdendo l’Egitto, i nostri due alleati fidati nella regione, e hanno insultato, umiliato e hanno pesticciato le dita di una dozzina di altre nazioni. Ma hanno indubitabilmente guadagnato molto prestigio.

* * *

Le persone che ricercano la logica in politica spesso arrivano alle teorie cospirative. Quando fu formata la coalizione governativa attuale, Lieberman chiese come incarico ministeriale l’accoglienza degli immigranti, la giustizia, la sicurezza interna (polizia) o gli affari esteri.

Gli immigranti, naturalmente. I suoi elettori sono principalmente immigrati dall’ex Unione Sovietica. Giustizia e polizia, anche qui nessun problema. La polizia sta conducendo un’indagine senza fine contro di lui riguardo finanziamenti misteriosi che lui e la sua figlia piccola avevano ricevuto da fonti est-europee.

Ma gli affari esteri? A che scopo? Perché non il molto più prestigioso Ministero della Difesa o l’immensamente potente ministero delle Finanze?

Uno dei miei conoscenti se ne è uscito con una teoria: e se i russi…

Lieberman passa molto del suo tempo in Russia, Bielorussia, Ucraina e nella nativa Moldavia. Chi, se non la Russia, ha interesse nel distruggere la presenza internazionale di Israele, uno degli alleati più stretti degli Stati Uniti? Non sarebbe logico per Vladimir Putin di…

Ma, naturalmente, è una battuta. Non solo Lieberman è noto per essere un fervente patriota israeliano, così patriottico che nessuno può reggere il confronto, ma nessun agente a Mosca potrebbe accettare come sua spia un uomo dagli occhi loschi, che parla con un forte accento russo.

No, ci deve essere un’altra ragione. Ma quale?

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Un giornalista straniero mi ha chiesto l’altro giorno: “Ma cosa ne pensano?”

“Loro” – Netanyahu, Lieberman e altri – stanno perdendo tutti gli amici rimasti, umiliando nel frattempo Barack Obama. Hanno sabotato la ripresa dei colloquio di pace. Hanno sparpagliato gli insediamenti ovunque.

Se la soluzione dei Due Stati è diventata impossibile, cosa rimane? Uno stato unificato dal Mediterraneo alla Giordania? Che tipo di nazione sarebbe? Sono assolutamente contrari a uno stato bi-nazionale, che sarebbe la negazione totale del sionismo. Uno stato di apartheid? Quanto potrebbe durare?

L’unica alternativa “razionale” sarebbe una pulizia etnica totale, lo sfollamento di 5 milioni e mezzo di palestinesi dalla West Bank, dalla Striscia di Gaza Strip e dalla stessa Israele. È una cosa possibile? Il mondo potrebbe tollerarlo, se non venisse distratto da un’invasione dei marziani?

La risposta è: “loro” non pensano proprio. Gli israeliani sono condizionati dalla loro storia a pensare a brevissimo termine. Come dicono gli americani: “Un uomo di stato pensa alla prossima generazione, un politico alle prossime elezioni.” O come diceva di solito il dirigente sionista Chaim Weizmann: “Il futuro arriverà e si preoccuperà del futuro.”

Non c’è dibattito nazionale, solo un vago desiderio di tenere tutto per sé. I sionisti di destra vogliono avere tutta la Palestina storica, quelli di sinistra vogliono avere il più possibile. Questo è il massimo di elaborazione possibile.

I vecchi saggi ebrei dicevano: “Chi è l’eroe più coraggioso? Quello che trasforma il suo nemico in amico.” I saggi moderni che ci governano lo hanno così trasformato: “Chi ha il prestigio più alto? Chi trasforma il suo amico in nemico.”

Uri Avnery è uno scrittore israeliano e attivista per la pace con Gush Shalom. Ha contribuito al libro di CounterPunch, The Politics of Anti-Semitism.

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Fonte: The More Enemies, the More Honor?


Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE