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I maccheroni di regime

di Gianni Petrosillo - 10/10/2011


 

cucina-maccheroniPer avere a che fare con certi maccheroni di regime bisogna essere di grano duro. Trattandosi però di un confronto tra impastatori di trame, vince chi è più vermicello o chi è più maltagliato. Guardandoli con le mani nella pastasciutta riusciamo a capire come fanno a sedere alla stessa tavola imbandita il troccolo Frattini e la mezzaluna del governo provvisorio libico Ali Zeidan, la tro(n)fietta La Russa e il fidelino Jabril, presidente scotto del CNT. Il 27 settembre scorso, lo gnocchetto Frattini, ha aperto alla Farnesina un convegno intitolato “il mosaico libico e la tessera italiana”, invitando 50 esperti (?) e le nuove autorità libiche per inaugurare il ristorante dei futuri rapporti economici e culturali tra i due stati. Lo scialatiello Zeidan ha sfottuto la nostra bavetta degli Esteri affermando che continueranno a comprare pasta dall’Italia e quindi noi a produrla ed esportarla per loro. A questo ha aggiunto che l’Italia non ha mai migliorato i piatti libici, né in termini culturali, né politici. Solo tripoline crude alle quali lorsignori voraci oggi preferiscono paté de foie gras ed hamburger all’americana. Fine dell’amatriciana, passiamo al secondo (posto). Ridotta la nostra nazione ad un pastificio di tonnarelli, mentre già tutti gli altri paesi ci considerano chi un’industria di ortaggi secchi, chi un caseifico di provoloni, il bigol(o) politico di casa nostra si è alzato con la coda tra le gambe, senza abbaiare alla trenetta presa sul collo, per recarsi ad una più importante presentazione di un ricettario sulle azioni di contrasto allo sfruttamento degli animali. Frattini era coinvolto direttamente in questa vicenda avendo da tempo perso la posizione eretta ed essendo un ghiottone di figure e pasta barbine. Qualche settimana più tardi si sono invece incontrate la fregnaccia La Russa e la linguina Jabril dalla cui bocca sono usciti ingredienti indigeribili circa il passato colonialista nostrano sulla quarta sponda. Ha riferito Jabril che “Durante il colonialismo italiano ci fu un’era di grandi costruzioni e sviluppo, mentre gli ultimi 40 anni con Gheddafi sono stati l’esatto opposto […] Penso che durante il colonialismo italiano ci fosse una legge giusta, c’era sviluppo agricolo. Invece con Gheddafi tutti i valori e i principi sono stati demoliti e rovesciati, le risorse libiche non sono mai state usate per i libici”. Giusto il contrario di quello che aveva affermato il suo aiuto cuoco alla nostra pappardella diplomatica, detto altrimenti il bombardone romano ripieno di boria. E meno male che lo chef Berlusconi qualcosa di buono lo aveva condito con il nostro dirimpettaio ammettendo responsabilità storiche all’olio di ricino e torchietti violenti fino alla morte verso gli autoctoni soggiogati. Ma noi italiani siamo bravissimi a passare dalla padella alla brace e da una pietanza all’altra credendo anche di essere i più furbi. Adesso ci tocca l’amaro (in bocca) e siamo pure soddisfatti della scodella di lenticchie che i nostri amici occidentali ci hanno fatto ingurgitare a forza. Nessuno però critica il cattivo servizio dei nostri governanti, chiamati così perchè sono la versione al maschile delle governanti. Buona pennichella post-prandiale, al popolo sfarinato ed elicoidale.