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I “manifestanti pacifici” non sono tutti uguali

di Enrico Galoppini - 11/10/2011

Fonte: europeanphoenix



 

Per capire come funzionano i raggiri mediatici delle liberaldemocrazie, c’è un sistema che funziona discretamente bene. Si ascoltino le “notizie” fornite dai loro “media” e si considerino bene il luogo e i protagonisti. Ci si renderà conto che a scatenare “severe condanne” non sono “i fatti” in sé, quanto il contesto in cui avvengono situazioni perfettamente analoghe da una parte all’altra del mondo.

Infatti la differenza, per i “media”, non la fa tanto la “notizia” (perché non esistono per Lorsignori le “questioni di principio”), quanto il condimento di valutazioni negative, giudizi spietati e aggettivi demonizzanti a seconda del contesto in cui la medesima situazione si verifica. E si faccia caso anche se chi altrove fa le pulci a tutto elevando “autorevoli condanne”, in altri specifici casi tace sommamente.

Prendiamo il caso della protesta chiamata “Occupare Wall Street”. Senza entrare nel merito di chi la guida e con quali parole d’ordine viene portata avanti, è comunque trapelato almeno sulle agenzie (poco sui tg) che i manifestanti sono stati malmenati e arrestati a decine, non solo a New York, ma anche a Chicago.

Su vari siti è possibile vedere spezzoni video che mostrano la dura repressione condotta dagli agenti di polizia contro i manifestanti, con tanto di manganelli, gas al peperoncino e reti per catture di massa. Si vedono giovani che non hanno commesso alcuna “violenza” ammanettati e trascinati sanguinanti fino ai furgoni delle forze dell’ordine.

Una prima domanda sorge spontanea: ma la repressione di chi “manifesta” non porta dritti alle risoluzioni dell’Onu e poi ai bombardamenti della Nato? Va bene, non pretendiamo pari trattamento per tutti, ma almeno due “parole di condanna” da parte dei bellimbusti dell’UE (quelli che si alzano “scandalizzati” quando Ahmadinejad parla all’Onu), quelle sì!

Ma se impediscono un “Gay pride” a Mosca o a Belgrado, le tv si compiacciono nel mostrarci le “brutali” polizie russa o serba mentre arrestano i “manifestanti”, che in tal caso vengono definiti “pacifici” e “inermi”: si è senz’altro di fronte ad una “violazione dei diritti umani”!

Se al contrario i poliziotti sono americani, i commenti negativi sono interdetti, si strozzano nella gola dei giornalisti, o magari – in virtù di quello spettacolare meccanismo che è l’autocensura – neppure sorgono nella mente di chi lavora nelle redazioni dei principali tv e giornali. In Gran Bretagna, al culmine delle insurrezioni nelle periferie, il primo ministro dichiarò d’aver preso in considerazione l’oscuramento dei “social network”, ma nessun “professionista dell’informazione” rilevò la comicità di tale affermazione, proprio mentre dalla stessa bocca – e da quella dei suoi omologhi occidentali – uscivano ‘lamentazioni funebri’ sulla “censura” dei medesimi Facebook e Twitter in Siria!

Lo stesso dicasi per gli onnipresenti “Amnesty” o “Human Rights Watch”: sempre in prima linea nel denunciare la “repressione del dissenso” negli Stati invisi all’Occidente, non fiatano quando la stessa cosa avviene in casa. Nei “Paesi canaglia” han plasmato così dei “santi profani” (i “dissidenti”), mentre in Occidente vi sono solo dei “teppisti”, dei “facinorosi” o tutt’al più delle persone indegne di figurare nel loro ‘martirologio democratico’ perché sotto la scure della Democrazia Incarnata.