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Poveri noi

di Massimiliano Viviani - 23/10/2011


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Siamo abituati ad essere bombardati dai mass media con messaggi che ci invitano a impiegare una piccola parte dei nostri guadagni per compiere un'opera di solidarietà verso la gente dei paesi poveri, meno fortunata di noi: si tratta di un meccanismo di solidarietà, che sembrerebbe fatto più per lavare i nostri pesantissimi sensi di colpa che per un reale atto di umanità verso persone di cui peraltro nemmeno sappiamo l'esistenza. Immaginiamo però ora di vedere lo stesso invito, non per aiutare un bambino bisognoso, bensì per ricevere aiuto da un povero villaggio africano: impiegati, liberi professionisti, commercianti, imprenditori...tutta gente di successo e pienamente inserita nel ricco mondo sviluppato dell'Occidente, bisognosa di aiuto dall'Africa. Assurdo? Niente affatto!
Dal 2011 esiste una cooperazione italo-africana, il cui nome è tutto un programma (si chiama "Poverivoi") che ha dato vita ad un progetto serio, ossia permettere l'"adozione" temporanea da parte di un villaggio africano del Benin di comuni cittadini italiani: da un minimo di tre settimane a un massimo di tre mesi, il benestante cittadino italiano dovrà inserirsi in pieno nella vita sociale e lavorativa del villaggio, alla pari, senza alcun favoritismo da "ospite", o peggio ancora da turista. Aiutare nelle faccende domestiche la gente del villaggio, entrare nella loro quotidianità riscoprendo le cose essenziali della vita, lo stare insieme, l'aiuto reciproco, la fiducia, l'abbandono del superfluo, il rapporto umano diretto senza l'intermediazione di mass media e tecnologia....tutto questo servirà all'emancipato uomo moderno per recuperare un po' di quell'anima, di quella vita vera che gli è stata strappata nel mostruoso vortice della produzione.
E difatti l'appello dell'associazione suona un po' provocatorio e sarcastico, ma è drammaticamente veritiero: l'impiegato ha bisogno di aiuto perchè ha il mutuo da pagare ed è costantemente in ansia, il bambino perchè non esce più di casa e non sa più sorridere, l'operaio perchè non sa più dare un senso alla propria vita, la studentessa perchè è convinta che l'unica cosa che le resti sia di avere successo nel mondo dello spettacolo....tutte storie oramai vicine a noi. Tutte esperienze che gli africani che vengono in Italia -ma ovviamente il discorso si potrebbe allargare all'intera Europa- e che si aspettano un paese gaio e spensierato, constatano stupendosi della disumanizzazione a cui siamo sottoposti.
Qui però tocchiamo una questione chiave: se gli africani vengono da noi, in fondo, vuol dire che, pur nella disumanizzazione, hanno sempre più bisogno loro di noi, che viceversa. In realtà questa osservazione è vera solo in parte. I disperati che raggiungono le coste del Mediterraneo in cerca di migliori condizioni di vita, solitamente sono persone che provengono dai grandi centri urbani dell'Africa, mostruosità inumane in cui si incontrano alienazione e miseria, ossia il peggio della modernità e dell'Africa messi insieme, senza i relativi vantaggi. Nelle sterminate baraccopoli infatti risiedono gli eserciti di deracinès creati dall'Occidente moderno, che di fatto li ha strappati dalle loro terre, rompendo gli equilibri secolari delle società tradizionali africane e creando miseria, instabilità e precarietà, in un circolo vizioso che non ha soluzioni, se non appunto nella ricerca di condizioni di vita sempre migliori. Ma quei pochi villaggi che ancora conservano i legami con il mondo stabile dei loro antenati, solitamente non emigrano, non hanno motivo di abbandonare una realtà povera ma sicura, per rincorrere un sogno, che quasi sempre si rivela essere un miraggio.
Ed è proprio in uno di questi villaggi -si deve supporre- che la cooperazione italo-africana si propone di portare i "nostri" bisognosi d'aiuto. Perchè con questo apparente capovolgimento, in realtà si partecipa ad una solidarietà più autentica di quella usuale. Infatti attaverso il meccanismo della solidarietà "ufficiale", basata quasi esclusivamente sulla dimensione monetaria e divenuta pertanto un vero e proprio mercato, l'Occidente porta aiuti materiali (scuole, ospedali, strade, lavoro ecc) ai poveri del Terzo mondo, risolvendo quindi da una parte i loro problemi materiali immediati, ma dall'altra invischiandoli nel Mercato globale dal quale non potranno più uscire. In questo modo il Mostro sfrutta i sensi di colpa dei cittadini Occidentali per conquistare sempre nuovi spazi "vergini", espandendosi in una spirale che non ha fine. Ma poichè la vera solidarietà, il vero aiuto è quello fatto tra vicini che si vedono e non tra lontani che non si conoscono, c'è da pensare che questa nuova forma di aiuto sia autenticamente umana: sia per gli africani che utilizzano ulteriori braccia da lavoro, sia per gli occidentali che scoprono un ambiente autentico che non hanno mai conosciuto. Questo è vero aiuto reciproco. Fintantochè, beninteso, esisteranno ancora villaggi in cui poterci andare!