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Il G20 di Parigi propone un mega bailout delle banche

di Mario Lettieri e Paolo Raimondi - 23/10/2011


 

 


 

Le crescenti tensioni finanziarie ed il rischio di un rallentamento significativo dell’economia globale sembrano spingere il G20 verso un nuovo mega bailout del sistema bancario.  Il debito sovrano dei paesi più esposti evidentemente passa in secondo ordine.

 

E’ la vecchia ricetta fallimentare.  Se fosse ripetuta si riproporrebbero interventi che in passato abbiamo sperimentato senza successo. Il dato ignorato è che l’economia dei paesi occidentali oggi è fortemente indebolita e più indebitata rispetto a tre anni fa.

 

La impraticabilità della citata ricetta emerge anche dal comunicato finale del recente summit di Parigi dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali dei paesi del G20.

 

Al di là dei tanti “we agree” and “we welcome” su tematiche importanti ma “futuribili”, come la regolamentazione degli Otc, la preparazione della lista dei grandi istituti internazionali di importanza sistemica o la gestione dei flussi di capitali  “crossborder” potenzialmente destabilizzanti, lo scettro è rimasto saldamente nelle mani del dominante “Re bailout”.

 

Infatti il testo dice chiaramente che “siamo impegnati ad intraprendere tutte le azioni necessarie per preservare la stabilità del sistema bancario e dei mercati finanziari. Noi garantiremo che le banche siano adeguatamente capitalizzate e abbiano accesso sufficiente ai fondi per fronteggiare i rischi attuali. Recentemente le banche centrali hanno preso iniziative decisive al riguardo e continueranno a mantenersi pronte a fornire la liquidità necessaria alle banche”.

 

La seconda ciambella per i salvataggi finanziari dovrebbe essere quella del Fondo Monetario Internazionale a cui si devono “garantire adeguate risorse per renderlo capace di realizzare le sue responsabilità sistemiche”. Il Fmi, che sulla carta dovrebbe avere a disposizione 390 miliardi di dollari, sarà chiamato a studiare “nuovi modi per fornire, caso per caso, liquidità a breve termine a quei paesi che devono far fronte a shock esogeni e sistemici derivanti dagli strumenti finanziari in possesso e dalle condizioni esistenti”.

 

A Parigi fortunatamente non è stata sostenuta la precedente proposta del ministro del Tesoro americano Tim Geithner di trasformare la Banca Centrale Europea in un’altra Fed che stampasse soldi a go go e diventasse il prestatore illimitato di ultima istanza per tutti i bancarottieri, privati e pubblici. E’ noto che l’agitazione di Geithner è finalizzata a “coprire” la situazione delle banche americane la cui necessità di finanziamento dei debiti è di gran lunga più grande di quella delle banche europee.

 

A tal fine l’impatto del fondo Efsf salva stati “dovrebbe essere massimizzato per evitare il contagio”. Si chiede anche che il Consiglio europeo prepari un “piano comprensivo capace di rispondere alle sfide correnti” per il suo prossimo meeting del 23 di ottobre.

 

A Parigi infatti si è parlato di portare la “capacità di fuoco” dell’Efsf da 440 a 2.000 o a 2.500 miliardi di euro per i piani di salvataggio.

 

La questione è: per fare che cosa?

Per salvare le banche in caduta libera e per comprare i titoli di debito di paesi che nessuno più vuole o per creare eurobond e trasformare il 60% del debito pubblico in obbligazioni europee garantite dall’Unione europea?

 

Nel primo caso, secondo noi, sarebbe un disastro e dimostrerebbe la sudditanza dell’Ue ai mercati e al sistema bancario. Si consideri che i bond dei paesi Piigs direttamente in mano al sistema bancario europeo sarebbero 750 miliardi di euro,150 dei quali sono titoli greci.

 

Nel secondo caso, quello dell’emissione di eurobond, avremmo invece una posizione politica univoca e forte da parte dell’Europa che dimostrerebbe la chiara volontà di contrastare la speculazione finanziaria puntando alla stabilizzazione e alla riduzione del debito pubblico attraverso politiche di crescita economica.

 

Il documento finale di Parigi, comunque, contiene qualche elemento a nostro avviso  positivo. Il primo, chiaramente sollecitato dai Brics e dagli altri paesi emergenti, chiede di “allargare il paniere degli SDR, i diritti speciali di prelievo, come un contributo all’evoluzione del sistema monetario internazionale”. E’ la prima volta che in un atto ufficiale di rilevanza internazionale si menziona il processo di superamento del sistema del dollaro e si fa riferimento ad un paniere di monete.

 

Ci sembra interessante che il prossimo G20 che si terrà a Cannes il 3-4 novembre dovrebbe affrontare il problema delle fonti di finanziamento per progetti di investimento in grandi infrastrutture, alcuni dei quali dovrebbero essere presentati come esempi guida. E’ un passo nella giusta direzione.  Ne parliamo da tempo, come del resto fanno i paesi emergenti e alcune istituzioni europee, quali le Casse Depositi e Prestiti,  che già promuovono investimenti di lungo periodo nei settori trainanti delle infrastrutture e delle innovazioni tecnologiche.

 

*Sottosegretario dell'Economia nel governo Prodi **Economista