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Molto sospetto il ritiro delle truppe USA dall'Iraq

di Tony Catalucci - 27/10/2011

   
    I progetti dei think-tank per l’Iran lasciano sul tavolo solo un attacco israeliano o una provocazione per la guerra totale.

Da dieci mesi l’amministrazione Obama sta coordinando la "Primavera Araba", un sotterfugio geopolitico plasmato da anni, che si è realizzato simultaneamente in varie nazioni nel Medio Oriente e nel Nord Africa all’inizio del 2011. La conflagrazione regionale è stata alimentata da un continuo supporto, in un primo momento negato con simulata sorpresa, fornito ai gruppi dell’opposizione dagli Stati Uniti, poi con un sostegno più aperto, e alla fine con i bombardamenti della NATO, armi, addestramento e forze per le operazioni speciali prestate alla ribellione in Libia e armamenti e supporti inviati ai militanti in Siria. Queste iniziative collettive che sono partite dalla Tunisia e si sono spinte fino alle porte dell’Iran sono al servizio di un programma specifico, contenere e alla fine interrompere la risollevazione della Russia così come contenere l’ascesa della Cina.

Rovesciare l’Iran

Nella stesura di quest’agenda c’è il rovesciamento del regime iraniano e la sua integrazione dell’”ordine internazionale” di Londra e Wall Street. Gli sforzi per abbattere il regime siriano da parte dei gruppi di opposizione appoggiati e ora apparentemente armati dagli Stati Uniti con l’obbiettivo di isolare e anche provocare la Repubblica Islamica per poter giustificare una risposta degli USA o di Israele (o di entrambi). Come già riportato in modo esteso, la sceneggiatura di questi stratagemmi è descritta nel documento stilato dalla ben finanziata Brooking Institution, "Which Path to Persia?", dove si afferma specificamente:

Sarebbe di gran lunga preferibile se gli Stati Uniti citassero una provocazione iraniana per giustificare i bombardamenti prima che questi avvengano. Chiaramente, tanto più l’azione iraniana sarà sconvolgente, terribile e non provocata, tanto meglio sarà per gli Stati Uniti. Naturalmente, sarebbe molto difficile per gli Stati Uniti dar fastidio all’Iran per portarlo a realizzare una provocazione simile se il resto del mondo riuscisse a riconoscere il “gioco”, cosa che lo manderebbe a monte. (Un metodo che potrebbe avere una certa probabilità di successo sarebbe quello di portare avanti, in modo discontinuo, iniziative segrete per il cambio di regime nella speranza che Teheran reagisca in modo palese, o semi-palese, cosa che potrebbe essere poi descritta come un atto di aggressione non provocato da parte dell’Iran.)

La "Rivoluzione Verde" del 2009 era solo un tentativo per un "operazione segreta per un cambio di regime" per "spingere l’Iran in una provocazione" anche se ha fallito in modo ignobile. Sembra che oltre a finanziare, armare e dare copertura all’organizzazione terroristica Mujahedin-e Khalq (MEK), gli Stati Uniti hanno deciso di architettare completamente "tali provocazioni". Il recente complotto DEA-Arabia Saudita annunciato dal Procuratore Generale Eric Holder si poggia su un terreno assai instabile, ora ancor di più visto che l’Iran ha controbattuto che il presunto membro delle Brigate Quds implicato dagli Stati Uniti potrebbe essere in effetti un membro della succitata organizzazione terroristica appoggiata dagli USA. Gli Stati Uniti hanno fatto tutto quello che era in loro potere per spingere l’Arabia Saudita verso la linea dura contro Teheran. Nel 2009 il documento del Brooking aveva da dire questo a riguardo:

Ad esempio, l’Arabia Saudita è molto preoccupata dei programmi nucleari iraniani, così come dalla sua condotta pericolosa in Libano, in Iraq e nei Territori palestinesi. Finora Riad ha chiarito di non voler sostenere operazioni militari di qualsiasi genere contro l’Iran. Tutto questo potrebbe cambiare, ma è difficile immaginare come.

Forse i terroristi del MEK che fingono di essere le Brigate Quds, che intrappolano un tossico venditore di auto usate per progettare un attentato terroristico contro un ambasciatore saudita per poi dare la colpa all’Iran.

Con il destino della Libia ancora sospeso, con le truppe USA che ancora occupano sia l’Iraq che l’Afghanistan, e con un rinnovato vigore da indirizzare in Siria dopo la caduta presunta del leader libico Muammar Gheddafi, è altamente improbabile che gli Stati Uniti abbiano abbandonato i propri progetti per rovesciare alla fine il regime iraniano nel crescendo di questa continua campagna regionale. Infatti, molti all’interno dell’amministrazione Obama sono stati tra i più rabbiosi sostenitori dell’esecuzione dell’atto finale di questa strategia a lungo termine iniziata sotto l’amministrazione Bush. Il rivale alle elezioni presidenziali del 2008 John McCain e ovviamente la solita ridda di politici non eletti e finanziati dalle grandi aziende che provengono dalle mura della Brookings Institution, della Foreign Policy Initiative e dell’American Enterprise Institute (AEI) sono stati più che decisi nel sostegno dato a questo programma.

Che questi politici, che hanno aiutato, plasmato e sostenuto il percorso tenuto da Obama, si siano imbronciati per la sua decisione di ritirare le truppe dall’Iraq quando, in realtà, non hai mai preso, e mai prenderà, un’iniziativa del genere, è una cosa davvero sospetta. Kenneth Pollack, uno dei co-autori di "Which Path to Persia?", di recente ha espresso un disappunto nel suo articolo intitolato "With a Whimper, Not a Bang". Anche Frederick Kagan, l’architetto della finanziatissima AEI che sta dietro l’”incremento delle truppe” in Iraq, si è lamentato in un pezzo intitolato "Obama abbandona l’Iraq". Kagan ha esplicitamente affermato che il ritiro "concederebbe a Teheran la più importante richiesta che sta perseguendo da anni, il ritiro completo delle forze armate statunitense dall’Iraq".

Possibili scenari

Gli Stati Uniti stanno tentando di far crescere l’illusione di uno sgombero dall’Iraq, lasciando sul campo solo una forza simbolica per una ragione precisa, che ha a che fare con la mossa finale da giocare contro l’Iran, l’ultima tessera del domino che deve cadere nella "Primavera Araba” pianificata dagli Stati Uniti. Questi sono i due possibili scenari:

  1. Lasciare una piccola forza simbolica che possa essere attaccata dagli iraniani dopo un bombardamento “unilaterale” israeliano. Qualsiasi cosa l’Iran decida di fare, potrebbe non essere in grado di farla in modo continuato, ma lo farebbe brutalmente nella prima fase. Lasciando una forza simbolica in Iraq, gli Stati Uniti possono raccogliere, in senso politico, la simpatia e la rabbia necessaria in casa propria per lanciare una più larga operazione contro l’Iran per "rappresaglia".
  2. Fingere che gli Stati Uniti si stiano disimpegnando in Medio Oriente, di modo che un attacco terroristico false flag o a un’altra provocazione perpetrata contro gli USA possono sembrare un notevole atto di guerra commesso dall’Iran. Mentre una ridotta presenza statunitense in Medio Oriente potrebbe dar adito a una maggiore pazienza da parte di Teheran, gli stesori della sceneggiatura dell’ultimo attentato DEA-Arabia Saudita sono stati molto attenti per assicurarsi che la vulgata su "’’l’Iran che è diventato più audace" sia stata messa in onda in modo ripetitivo e che sia arrivata nella testa negli ignari americani. È ben più di una mera speculazione. Prendendo a modello il report della Brookings Institution "Which Path to Persia?", quasi tutte le misure proposte, a parte le più estreme, sono già state messe in pratica. L’unica opzione rimasta sul tavolo ancora non utilizzata riguarda un attacco aereo israeliano unilaterale designato per provocare una significativa risposta che porti per questo gli Stati Uniti in guerra con l’Iran, con una varietà di opzioni per poter giustificare anche un’invasione in piena regola.

In una sezione del documento intitolato "Lascia fare a Bibi: consentire o incoraggiare un attacco militare israeliano" (pag. 89, pag. 102 del .pdf) sembra che l’intelligence israeliana stia lavorando con l’organizzazione terroristica MEK:

    Le operazioni di intelligence contro l’Iran hanno già fatto un salto in avanti e hanno riguardato l’uso di terze parti per dare risalto alla minaccia iraniana senza rivelare la mano di Israele. I programmi iraniani per l’arricchimento segreto dell’uranio e per i reattori nucleari pressurizzati ad acqua pesante sono stati rivelati in pubblico nell’agosto del 2002 da un gruppo dissidente iraniano (i Mujahedin-e Khalq), che si dice abbiano ricevuto involontariamente l’informazione dall’intelligence israeliana.

Il documento prosegue parlando di un bombardamento israeliano approvato dagli USA:

    Comunque, come già indicato nel capitolo precedente, gli stessi bombardamenti sono solo l’inizio di questa pratica. Ancora, gli iraniani ricostruiranno senz’altro i loro siti nucleari. Probabilmente si vendicherebbero contro Israele e potrebbero vendicarsi anche con gli Stati Uniti (creando così un pretesto per un bombardamento americano o persino un’invasione).

Consentire agli israeliani di attaccare dallo spazio aereo e sacrificare le truppe USA in Iraq come pretesto per una guerra più allargata è quasi sicuramente una delle possibilità. Il report continua sancendo la necessità di mantenere un certo livello di possibilità di smentita riguardo i bombardamenti israeliani. Le truppe statunitensi in Iraq implicherebbero in ogni caso l’America in ogni attacco aereo israeliano che avrebbe bisogno di passare dallo spazio aereo iracheno. Le truppe USA "in ritirata" in Iraq potrebbe anche mitigare tali implicazioni, così come far sembrare la rappresaglia iraniana come totalmente "oltraggiosa, terribile e non provocata".

Possiamo star sicuri che, dopo anni di perseguimento di un programma che ha preceduto la sua presidenza, Obama non ha deciso improvvisamente di ritirare unilateralmente le truppe dall’Iraq. La doppiezza e l’impazienza della sua amministrazione nella "Primavera Araba” concepita dagli Stati Uniti non fa altro che dar conferma al fatto che l’agenda includa anche l’accerchiamento e il rovesciamento del governo in Iran. Non è sfuggito alla Casa Bianca il fatto che un ritiro dall’Iraq darebbe all’Iran un po’ di spazio per respirare e diminuirebbe grandemente l’influenza dell’America in tutto il Medio Oriente.

Proprio come nel caso del falso riavvicinamento dell’Occidente con la Libia di Gheddafi prima che gli Stati Uniti riarmassero, riorganizzassero e sguinzagliassero il Gruppo combattente islamico libico, quando l’Occidente tornerà a tormentare Teheran, lo farà con un senso di vendetta. Tenete gli occhi aperti su Israele per un suo attacco e sugli Stati Uniti complici che aspettano ancora di "guidare dietro le quinte". E se conoscete qualcuno nelle forze armate USA che staziona e si stanno attardando in Iraq, preparatelo al peggio. Come affermato spudoratamente da Henry Kissinger, "i militari sono fessi, sono stupidi animali da essere usati come pedine in politica estera". (Woodward e Bernstein, The Final Days, capitolo 14). Sicuramente, qualche G.I. morto in Iraq dopo una ritorsione iraniana dopo un attacco aereo israeliano sarebbe le pedine adatta da spostare per la "politica estera".

Possiamo solo sperare che quest’analisi pessimista sia totalmente errata e che gli Stati Uniti abbiano vinto e che abbiamo semplicemente deciso di ritirarsi dal campo di battaglia e alla fine dall’impero. Comunque, se le rivolte in Siria proseguiranno - che essenzialmente sono guerre per procura statunitensi a bassa intensità contro Damasco, e a sua volta contro Teheran – possiamo esser certi che tutto l’ottimismo verrà mandato al macero dagli oligarchi di Wall Street e Londra.

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Fonte: Withdrawal of US Troops From Iraq Highly Suspect

22.10.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE