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Reagire al farsi buio

di Umberto Galimberti - 03/11/2011




La luce. Se ne è servito Dio prima della creazione del mondo, apparso grazie a un Fiat lux. E, dopo la sua comparsa prima della creazione del mondo, la luce s´è fatta generatrice di mondi, come l´Occidente per esempio: "Terra della sera" dove la luce tramonta. E già sul far del crepuscolo si colloca la crisi che stiamo attraversando, che forse non è solo economica, o che, peggio, noi recintiamo nel solo ambito economico, per non assistere a quel farsi buio della nostra civiltà, che probabilmente non è una notte che annuncia un nuovo giorno. Fedele alla luce è stata la cultura greca, a differenza di quella giudaico-cristiana che è stata civiltà dell´ascolto della Parola.
La cultura greca ha inaugurato quella ricerca sul "mondo visibile" che ha generato d´un colpo: filosofia, matematica, geometria, architettura, fisica, medicina, politica, i saperi che hanno reso grande l´Occidente. Finché un generatore simbolico di tutti i valori, l´oro, sotto il riflesso della luce, non ha preso a luccicare al punto da oscurare tutti gli altri valori.
Prese allora a diffondersi quella "luce nera", come la definisce Derrida, che genera intorno a noi quel non-vedere, quel non-capire che obnubila lo sguardo sul futuro e rende il presente troppo assolato di cattivi presagi. Abitanti come siamo della terra della sera (Abends-land dice anche la lingua tedesca per nominare l´Occidente), vorremmo, come Giosuè, fermare il sole. Ma se questo lo concede il mito, non lo concede la storia. Senza più riconoscere le nostre ombre, che solo la luce concede, non siamo capaci neppure di un atteggiamento critico sul modo con cui abbiamo dato avvio alla nostra civiltà e alla nostra crescita. E perciò il declino della luce, già scritto nella parola "Occidente", non ci fa discernere quali tra le strade possibili sono quelle da percorrere.
E allora ci muoviamo tra le luci artificiali che illuminano le notti delle nostre città, senza avvertire quanto sono flebili rispetto alla luce del sole, che ormai abbiamo confinato nella meteorologia e depotenziato della valenza simbolica che Platone le aveva assegnato, quando aveva eretto il sole a metafora della verità, perché rendeva visibili tutte le cose. Così la luce non è solo un fenomeno fisico, ma la metafora di quel "far luce" sulla nostra condizione individuale e collettiva, affinché il "sole spento" o la "luce nera", come titolano diversi libri sulla depressione, non si impossessino delle nostre anime, rendendole opache e buie, e soprattutto, in mancanza di luce, incapaci di discernere.