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Mario Monti e la tecnocrazia al potere

di Francesco Mario Agnoli - 15/11/2011

La fase preparatoria è stata relativamente lenta. Molto relativamente se si considera  che si trattava di screditare completamente presso il popolo italiano la maggioranza  parlamentare trionfalmente  uscita dalle elezioni del 2008 e il governo che ne era espressione.  A furia di bene assestati colpi  della speculazione  finanziaria sulla Borsa di Milano e soprattutto sui Buoni  del Tesoro (il famoso “spread” rispetto ai bonds tedeschi), ci si è riusciti in pochi mesi, Del resto Berlusconi, per incapacità, incompetenza, obnubilamento senile,   priapismo o altro ci ha messo del suo.

   Esaurita la fase preparatoria, con la promessa dell'ormai ex Berlusca di dimettersi entro sabato  12,  l'operazione è scattata  con l'efficiente rapidità di una ben oliata  macchina finanziaria: mercoledì 9 novembre,  nomina a senatore a vita del grande economista Mario Monti, già Commissario  Ue, presidente europeo della  Trilaterale, membro del Comitato direttivo del Gruppo Bilderberg (una sorta di super-massoneria internazionale), “international advisor” per la banca d'affari Goldman Sachs; giovedì 10, veloce  rientro in patria da Berlino del nominato; venerdì 11, intronizzazione del neo senatore  fra gli applausi  dei colleghi e gli abbracci della Bonino; sabato 12 , il neo senatore già al lavoro nel suo nuovo ufficio di Palazzo Giustiniani (lungo colloquio con Mario Draghi; da poco installatosi a Francoforte alla presidenza della Banca Centrale Europea, pranzo di lavoro e successivo colloquio con un Berlusconi con le valige in mano).

   Intanto da tutto il mondo della finanza, delle banche e dell'economia  piovono  gli elogi  per  il predestinato a ricevere dalle mani del presidente della Repubblica l'incarico di formare il nuovo governo. I mass-media concordi  lasciano intendere che il presidente Napolitano non vuole nemmeno sentire parlare di  altre candidature ( e difatti fra i partiti presenti in  parlamento anche Di Pietro si è piegato, il Pdl si appresta a farlo, solo i buzzurri  della Lega  fermi nel rifiuto). Il gran capo dell'opposizione parlamentare on. Bersani (dimentico che i suoi antenati  del Pci definivano David Rockefeller, fondatore della Trilaterale, “il nuovo Hitler”)  annuncia addirittura  che a lui e al Pd va bene qualunque governo  Mario Monti metta in piedi senza discutere né i nomi dei ministri né i programmi. Insomma una fiducia pronta, cieca ed assoluta. Più autorevole di tutti, se non altro perché l'Italia ha appena accettato (forse in quel momento Berlusca sperava ancora di salvare, piegando la schiena,  la poltrona)  di sottoporsi al controllo del Fondo Monetario Internazionale, la francese  Christine Lagarde, succeduta  al suo intemperante connazionale Strauss-Khan nel ruolo di  direttore generale del Fondo, ha solennemente rivelato di conoscere  bene Mario Monti e di avere per lui “molta stima e rispetto”.

    Insomma  tutto il mondo economico-finanziario globale all'opera per confondere le idee agli italiani, già adeguatamente  rintronati dal brusco passaggio  nel giro di pochi mesi da nazione quasi in buona salute  nonostante la crisi  mondiale a  disgraziati colleghi della sventurata Grecia (a sua volta costretta a mettere a capo del governo Lucas Papademos, già vice-presidente a Francoforte della Bce).  Si tratta (e l'operazione sta perfettamente riuscendo) di  fare passare l'approvazione dei poteri forti come un valido sostituto di quella legittimazione democratica  che Mario Monti non ha  e non potrà mai avere e addirittura è bene che non abbia, perché, come qualcuno ha scritto pappale papale,  la caratteristica essenziale di un governo tecnico e, quindi, anzitutto di  chi lo presiede è che non deve rendere conto agli elettori. E pazienza se l'art. 1 della Costituzione  attribuisce al popolo la sovranità e il suo esercizio.

   Certamente, dato che lo scopo è stato raggiunto e non vi è ragione di continuare a picchiare, almeno per qualche tempo gli italiani  saranno (forse) compensati  per questa loro (forzata) rinuncia alla sovranità con un migliore andamento della Borsa e un'ulteriore riduzione  del famigerato  “spread”. Tuttavia è abbastanza singolare  che nell'anno in  cui celebra il 150° della sua unità, che, per chi ricorda la storia del Risorgimento, ha poi significato sopratutto  l'indipendenza da Vienna, l'Italia abbia accettato il controllo del  Fondo  Monetario Internazionale, di solito riservato ai poveri paesi africani, e di essere, di fatto, governata  non da Roma, ma da Francoforte.  Ancora più singolare che avvenga con la benedizione del maggiore promotore e più autorevole protagonista delle celebrazioni centocinquantenarie, l'on. Giorgio Napolitano.

 Francesco Mario Agnoli