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Lo scomodo caso di Said Gheddafi

di Franklin Lamb - 28/11/2011

   
   

Zintan, Libia. Nonostante le affermazioni del Consiglio Nazionale Transitorio (CNT) secondo cui Saif al Islam Gheddafi, arrestato e soggetto a un mandato di cattura della Corte Penale Penale Internazionale che ha ordinato il suo trasferimento all’Aja, si trovi in un luogo nascosto e sicuro vicino Zintan, Libia, città a circa 85 miglia a sud-ovest di Tripoli, le cose non stanno così.

E non sono neppure vere le rassicurazioni di Steven Anderson, portavoce del Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC), secondo cui, in un annuncio del 23 novembre del 2011, le lesioni di Saif al Islam “sono state curate”, né lo sono le sue prodighe garanzie che Saif sia in buona salute. Per chiarire le cose, dopo le dichiarazioni della Croce Rossa, il dottore di origine ucraina Andrei Murakhovsky, che vive a Zintan, ha affermato che “la ferita di Saif è ricoperta da tessuti in cancrena e da tessuti necrotici”. Ha aggiunto che “questa ferita non è in buone condizioni e necessita un’amputazione. Il suo dito indice è stato tranciato al livello della falange media e le ossa sono tutte distrutte. Stessa cosa per il pollice di questa mano”, parlando all’agenzia di stampa Reuters.

Il mattino del 24 novembre, il Primo Ministro del CNT libico, Abdurrahim El-Keib, ha ripetuto che “Saif al Islam riceve le migliori cure possibili, ma per il momento non è nelle mani del governo centrale provvisorio e non sappiamo dove sia”.

Per quanto riguarda il “luogo nascosto e sicuro”, la maggior parte della gente del villaggio di Zintan sa dove è tenuto, così come il presente inviato, che ha incontrato un’accozzaglia di tipi da film western di serie B che attualmente fanno da guardia e “proteggono” Saif.

Anche se muniti di un’autorizzazione di uno dei membri della famiglia di Saif, i componenti del gruppo hanno rifiutato la mia richiesta di un incontro, con la scusa che dovevano consultare il loro comandante, che non sarebbe tornato che fra qualche giorno, visto che ora è il nuovo Ministro della Difesa del CNT.

In merito alla questione della salute di Saif, c’è sempre più preoccupazione, anche perché le sue guardie affermano che non possono portarlo all’unico ospedale di Zintan, visto che qualcuno potrebbe ucciderlo per incassare la consistente taglia di cui si vocifera, offerta dalla NATO e dal Qatar, a chiunque lo uccida, presumibilmente aiutando così la “nuova Libia” e i suoi alleati evitando un processo complicato.

Nel frattempo, dopo aver palesato un cambio di atteggiamento, il procuratore della Corte Penale Internazionale Luis Moreno-Ocampo ora pretende che sia la Libia, e non l’Aja, il luogo migliore per ospitare Saif al Islam e il suo processo. Dalla sua istituzione da parte delle Nazioni Unite nel 2002, la CPI ha avuto soltanto un procuratore, Luis Moreno-Ocampo. Con gran sollievo di molti avvocati della difesa di tutto il mondo, di molti tra il personale e i giudici della CPI - oltre ai cronisti giudiziari ben conoscono il suo lavoro da magistrato -, il prossimo mese a New York la Corte Penale Internazionale sceglierà il suo successore. La prossima fine settimana a New York, l’organizzazione per la difesa legale Avocats Sans Frontiers cercherà di accordarsi su un successore da proporre ai 18 giudici del CPI incaricati della decisione.

La visita di questa settimana del procuratore Ocampo in Libia ha creato grande sorpresa tra questi gruppi, quando ha improvvisamente annunciato che la CPI non avrebbe invocato il potere datogli dal Consiglio di Sicurezza per avviare la causa n. ICC 01/11. Questa era stata iscritta il 3 marzo 2011, dato che era stata assegnata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a seguito della rivolta del mese precedente a Bengasi, in Libia.

Corrono voci all’Aja, in Libia e tra gli avvocati di ASF sul fatto che Ocampo, sapendo di non poter essere rieletto – anche perché non è riuscito a vincere una sola causa nel suo mandato novennale, perché ha suscitato a ripetizione le ire dei giudici della CPI per aver avviato cause che mancavano di prove sufficienti, per la sua tendenza a pubblicizzare con vanagloria il proprio potere e per aver fatto affermazioni inesatte sulle cause e sugli imputati che rasentano la malversazione giudiziaria -, abbia deciso di cambiare strategia in corso d’opera.

Un singolare esempio di queste false osservazioni è l’attuale caso della CPI che riguarda Saif al Islam Gheddafi, sul quale Ocampo ha fatto varie dichiarazioni inesatte nel corso delle ultime settimane, sostenendo di negoziare “indirettamente” con Saif al Islam affinché si consegni alla CPI. Saif ha decisamente negato le dichiarazioni esibizionistiche di Ocampo e, se questi tentasse di perseguire il suo caso personalmente, la squadra di legali di Saif presenterebbe immediatamente istanza per sostituire Ocampo per giusta causa, come prevedono le norme della CPI.

Dati questi problemi, Ocampo, secondo qualcuno che lo ha accompagnato nel corso della sua visita di questa settimana in Libia, ha deciso di accettare un’offerta vantaggiosa dal CNT per offire consulenze a questo paese ricco di petrolio nella costituzione di un sistema giudiziario per processare Saif al Islam e altri.

Le rassicurazioni di Moreno-Ocampo, dei funzionari NATO e dell’ambasciatore americano alle Nazioni Unite Susan Rice, secondo le quali la Libia è assolutamente in grado di occuparsi dei processi contro i lealisti dell’ex regime, sono assurde. La Rice, lo scorso weekend, ha mostrato ignoranza e suscitato sorpresa, quando ha affermato di non sapere che in Libia c’è la pena di morte e che verrebbe applicata nei casi della CPI se le verrà data la possibilità. L’apparente preferenza dell’opinione pubblica libica per la pena da comminare ai due casi libici della CPI è l’impiccagione. È lo stesso caso del Ruanda, ed è il motivo per cui il Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda non consente al governo di gestire alcuni processi, sebbene questi abbia assicurato le Nazioni Unite che non avrebbe eseguito alcuna pena di morte. La Libia non ha offerto simili garanzie alla CPI contro l’utilizzo della pena capitale, né si è opposta alla giuridisdizione della CPI, come prevede lo Statuto di Roma, per le cause contro Saif al Islam e Abdullah Sanussi.

Nonostante il cambio di lavoro, Ocampo non ha perso interesse nel perseguire il caso di Saif al Islam, che considera come la sua migliore possibilità di vincere, alla fine, almeno una causa alla CPI, ma non all’Aja, dove è possibile che Saif possa essere condannato, date le regole procedurali del Tribunale e le risorse dello staff legale del CPI, che in realtà assisterebbe un accusato nel presentare la sua difesa dinanzi al giudice. Si dice che Ocampo sia sicuro di ottenere una vittoria nella causa riguardante Saif, e che per questo stia lavorando in Libia con il governo del CNT creato dalla NATO, seguendo l’accusa come “consulente” dietro le quinte, oltre che aiutando la Libia nel tenere a bada le Nazioni Unite e la CPI, consentendo così al CNT di portare in giudizio Saif e Abdullah Sanussi, se e quando si proverà che quest’ultimo è stato catturato. Si dice che Ocampo trovi di proprio gusto il poter diventare il “Padre del nuovo sistema giudiziario libico”. Ocampo ora sta spiegando che non è mai stato il suo ruolo quello di “spiegare ai funzionari libici come va tenuto un processo equo, e che gli standard della CPI riguardano il fatto che non ci deve essere un procedimento che non sia organizzato per proteggere l’indiziato, e io ritengo che ciò sia importante per le cause che andranno a giudizio in Libia.” Ha poi aggiunto, “Ci sono così tante tradizioni che è difficile stabilire cosa sia equo.”

Non appena la sorprendente notizia e l’improvvisa incertezza di Ocampo su ciò che costituisce un processo equo hanno iniziato a rimbalzare in internet, lo scrivente ha ricevuto un’e-mail da un avvocato penale internazionale, il cui ufficio si trova a due isolati dal palazzo di giustizia Carl Moultrie a Washington, DC. L’avvocato americano era sgomento: “Pagare Ocampo come consulente per il nuovo governo libico sulle procedure delle cause penali è un’ipotesi ridicola. Non ha alcuna conoscenza di diritto per un processo equo, e non ha ottenuto una sola condanna in quasi nove anni alla CPI.”

I giudici della CPI non hanno avuto neanche un fremito accorgendosi del tradimento. La CPI ha subito inviato un promemoria a Ocampo, al nuovo governo libico e ai media, nella quale ha ricordato che sono i giudici della CPI, e non il procuratore della CPI, a decidere se una causa si terrà all’Aja oppure nel paese in cui si sono verificati i presunti crimini, e soltanto loro decideranno se la Libia sarà in grado di condurre un processo equo. La CPI segnala poi che, contrariamente al clamore mediatico suscitato da Ocampo, la questione della sede dei processi in Libia non è stata stabilita nella causa CPI n. 01/11.

Il procuratore Ocampo sa bene che quando la CPI decide di aprire un’indagine, i tribunali nazionali non possono indagare su quel caso e sono sollevati dall’obbligo di farlo. Inoltre, dato che la CPI ha emesso un mandato di cattura contro imputati libici, ogni stato – Libia compresa - è obbligato a cooperare pienamente con la CPI. Dopo la ramanzina in arrivo dall’Aja, Ocampo ha fatto un passo indietro e il 23 novembre ha detto alla CNN che “l’unica possibilità è che il nuovo governo libico presenti la sua posizione ai giudici del CPI, e poi i giudici delibereranno se la causa verrà intentata in Libia. La Libia presenterà ai giudici della CPI prove che il paese può ospitare il processo, e loro decideranno se verranno soddisfatti”, ha spiegato Ocampo.

Se il CPI affronta la questione come previsto, dovrebbe deliberare sugli sviluppi del caso di Saif al Islam proprio come la Corte Penale Internazionale per il Ruanda si trovò a sentenziare contro la richiesta del paese per la competenza nei processi, anche se, come la Libia di oggi, il Ruanda affermò di avere un “sistema giudiziario moderno e funzionante”. Il motivo è che un primo esame del sistema giudiziario penale libico, la discussione con avvocati penali libici, nonché con quelli della difesa internazionale con anni di esperienza nella pratica dei tribunali internazionali, mostrano come sia molto chiaro che le persone che in Libia sono accusate di gravi delitti al momento non godono neppure dei più elementari diritti pretesi dalle norme internazionali. Oggi gli imputati in Libia non godono di un’adeguata rappresentanza legale, di un supporto finanziario per gli accusati indigenti, di spostamenti e sostegno alle indagini dei gruppi di difesa e di sicurezza per questi ultimi. Il governo centrale e quello locale della Libia ostacolano i gruppi per la difesa revocando le loro funzioni.

Un’inchiesta dichiaratamente frettolosa svolta in Libia tra gli avvocati rivela anche inesistenti o inadeguati alloggi e sistemi di trasporto per i testimoni, oltre a una mancanza di piani per la protezione dei testimoni prima, durante e dopo la testimonianza in tribunale. Inoltre il CNT intraprende un disegno per minacciare potenziali testimoni che in un’altra causa si preparano a testimoniare contro la NATO. Allo stesso modo il CNT non riesce a fornire viaggi sicuri e protetti ai testimoni libici che vivono all’estero, compresi quelli in Algeria, Tunisia, Mali, Niger ed Egitto. Colloqui con avvocati e funzionari libici, nonché visite alle strutture carcerarie libiche rivelano che le condizioni non sono conformi ai parametri internazionali, e che in Libia è diffusa la tortura dei prigionieri e minacce alle loro famiglie.

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Fonte: The Troubling Case of Saif Gadhafi

 

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GABRIELE PICELLI