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I nuovi nemici dell’amore

di Claudio Risé - 28/11/2011


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Ci si innamora sempre meno. Le statistiche dei single, ovunque il gruppo più numeroso e in crescita, sono lì a dimostrarlo. Ma non solo quelle.
Negli studi di psicoterapia, il “mal d’amore” più denunciato è sempre meno l’innamoramento infelice, e sempre più l’incapacità di innamorarsi. Eppure la scienza ci ha spiegato molto dello strano fenomeno dell’innamoramento. Quanto tempo richiede: pochissimo, un quinto di secondo. Quali organi lo promuovono: uno solo, il cervello. Ma non serve.
Sembra anzi che più ne sappiamo dell’innamoramento, più ci sfugga dalle mani. O dalla testa.
Quanto al cuore, spiegano le neuroscienze, non è il motore di tutta la faccenda, ma entra in campo solo quando la chimica del cervello (dopamina, ossitocina e adrenalina soprattutto) si è già attivata nelle varie zone della mente (ben 12) che si occupano d’amore. Sono le informazioni che si scambiano le varie parti del cervello, gli stimoli visivi che colpiscono gli uomini, e gli altri particolari che si imprimono nella memoria delle donne, che accelerano il battito del cuore e ci fanno dimenticare il cibo, non viceversa.
Lo scenario della passione amorosa tuttavia, ormai minuziosamente rivelato, compare sempre più raramente.
“Non so se mi sono mai veramente innamorato” rivela al terapeuta il trentenne che cominciò a 15 la sua carriera amorosa, e i dubbi si moltiplicano negli anni successivi. Anche nelle donne, tradizionalmente più attente e sicure dei propri sentimenti amorosi.
Perfino al cinema, regno dell’amore fin dalla sua nascita, l’innamoramento è meno d’attualità: ormai soprattutto i vampiri insistono ad innamorarsi; anche loro, però, in modo strano (e naturalmente freddino).
Cos’è che s’è inceppato nella vicenda amorosa, fino a renderla quasi secondaria nella nostra vita?
Probabilmente molti aspetti, che per ora le neuroscienze non hanno ancora investigato, ma la pratica clinica invece osserva da tempo, perché le persone disturbate le denunciano e manifestano con chiarezza. Uno dei più evidenti è il cambiamento dei costumi che ha liberato la sessualità, prima trattenuta da codici di comportamento abbastanza precisi, anche se sufficientemente saggi da prevedere la possibilità di trasgressioni.
Oggi, invece, gli aspetti direttamente sessuali sono subito esibiti e messi al primo posto, fino a prevalere su quelli più sfumati e personali dell’innamoramento.
L’esibizione e la conseguente fame sessuale tagliano così la strada all’amore, che spesso non riesce ad essere riconosciuto nella sua specificità, non arriva.
E’ un fenomeno piuttosto frequente nei giovani (ma non solo): rapporti tanti, amori: chissà? Non sono moltissimi quelli davvero sicuri di averne mai avuti.
Il balzare in primo piano del sesso rende anche meno visibile il corpo nel suo complesso, e soprattutto i sensi.
La sessualità, infatti, è cosa diversa dalla sensualità, dal percorrere e conoscere il rapporto con l’altro attraverso tutti i sensi; compresi quelli, più sottili e psicologici, del senso (conoscenza) di sé e dell’altro.
Il primato del sesso tende ad espellere dalla relazione i profondi percorsi dei sensi: quelli della vicinanza, come il tatto, l’olfatto, il gusto, ma anche quelli della “lontananza”: la vista, l’udito. Eppure, è proprio l’insieme di tutti questi sensi a darci un’immagine completa dell’altro, in grado di alimentare un reale innamoramento.
Quando il sesso rimane solo, senza l’appoggio e il sostegno di tutti i sensi, passata la prima eccitazione cominciano i problemi: affettivi, e poi anche sessuali. Si prende allora atto che “l’amore non c’è più”. Ma c’era mai stato?