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Axum Bahir Dar. La magia del lago e dei monasteri

di Simonetta Caratti - 30/11/2011



Dalle sorgenti del Nilo Blu alle tavole di Mosé che la leggenda vuole custodite nella città di Axum fino a raggiungere le chiese rupestri di Lalibela Nel segno del sacro e dell´avventura, l’itinerario giusto per un Natale diverso

AXUM Bahir Dar. Sulle tracce di Indiana Jones alla scoperta di tesori antichi. Avventura e sacralità. Questo promette l´Etiopia del nord. Un viaggio nel tempo che inizia sulle acque dello sconfinato lago Tana la sorgente del Nilo Blu, con trentasette isole e venti monasteri nascosti da una fitta giungla e continua verso le città sacre di Axum e Lalibela per scoprire le radici antiche del cristianesimo nella terra degli dei, tra chiese rupestri, testi sacri e leggende, che narrano di come il figlio del re Salomone e della regina di Saba portò da Israele in Etiopia l´arca perduta: le tavole che Dio dettò a Mosè.
Il famoso tesoro di Indiana Jones sarebbe ben custodito nella città sacra per gli ortodossi, Axum, quasi al confine con l´Eritrea, in una piccola cappella con inferriate azzurre. Nessuno può metterci piede a parte il suo custode: all´interno vive, quasi recluso, un monaco, ha 57 anni, monta la guardia, per l´intera sua vita, giorno dopo giorno, facendo una piccola pausa solo per mangiare. È stato scelto tanti anni fa tra molti pretendenti. Dopo di lui toccherà a un altro: dovrà essere vergine, cospargerà l´arca di incenso giorno e notte. Cosa sia l´arca resta un mistero, pezzi di legno con delle scritte, si sussurra tra i fedeli. Inutile insistere con la guida: «Ci vuole fede», è la risposta.
Lasciata Axum con i suoi fitti misteri, inizia il tortuoso viaggio verso la seconda città sacra, la più famosa dell´Etiopia: Lalibela con le sue dodici chiese scavate nella roccia rossa, senza muratura, né pietre, né legname. Si dice siano state scolpite con l´aiuto degli angeli. Si dice siano state realizzate per volontà di re Lalibela (1185-1225) che, a seguito della caduta di Gerusalemme in mani non cristiane, volle costruire una nuova città santa nell´altopiano etiope. Il viaggio è lungo, attraverso il Tigrai, una regione tra le più aride del Paese, che custodisce tra le sue rocce rosse, spaccate dal sole, 250 chiese rupestri. Molte si raggiungono solo con pericolose scalate o issandosi con corde, seguendo i solchi lasciati nella roccia da migliaia di monaci. Si cammina per ore, prima di conquistare la meta: più lontana sarà, più l´anima del monastero sarà sacra, confida un pellegrino che sulle spalle porta un´ampia sciarpa bianca gli terrà caldo quando dormirà nella foresta attorno alla chiesa. Ha 70 anni, si arrampica agile come una gazzella. Ha con sé una tanica gialla, è per l´acqua sacra, che troverà al tempio. Servirà a purificare corpo e spirito dopo il battesimo, l´imposizione della croce e le preghiere del prete. Una purificazione con l´acqua sacra (che si sconsiglia di assaggiare) è abituale tra gli ortodossi per guarire chi è malato o carico di peccati da espiare. L´uomo spera di curare la sua pelle martoriata. Come lui, altri sono in cammino. Ognuno con il suo fardello di pene e speranze. L´altro volto di un Paese messo in ginocchio da carestie e conflitti interni, dove l´aspettativa di vita è di 45 anni e il salario medio 120 euro al mese. Una povertà evidente, ma sempre rispettosa del viaggiatore.
Arrivati a Mekele, la capitale del Tigrai, inizia la tortuosa salita verso Lalibela (2700 metri), quasi inaccessibile fino a pochi decenni fa. Dieci ore su e giù attraverso una catena montuosa tra le più imponenti d´Africa, tra sconfinati altopiani punteggiati da campi di grano lungo una strada polverosa che si snoda come un serpente. Lalibela è un museo all´aperto, la città è protetta dall´Unesco ed è stato costruito un villaggio per le famiglie che vivevano nell´area delle chiese.
Il viaggio è faticoso, ma pieno di piacevoli sorprese. Lungo la strada bimbi vestiti di stracci offrono canna da zucchero da succhiare o piselli appena tolti dal baccello. Impolverati dalla terra rossa sollevata dalle potenti jeep accolgono i foreign, così chiamano gli stranieri, con grandi sorrisi. Urlano, agitano le mani dalle vette delle montagne dove pascolano pecore e mucche. Altri camminano agili con i quaderni sotto il braccio, marciano anche tre ore per andare a scuola: l´istruzione è un punto di forza del governo che ha creato diversi istituti, anche nelle zone rurali. Madri, figlie e nonne avanzano piegate sotto il peso di fascine di legna da venti chili, marciano per decine di chilometri.
Tutti in cammino, l´Africa è sempre in movimento. Ed è camminando che si scopre la sua anima. Una breve sosta in un villaggio hamari sulla via per Lalibela spalanca una finestra su una quotidianità di altri tempi. Il tempo scorre diversamente. È il qui e ora che conta, domani si vedrà. E il tempo si è fermato anche qui, tra le dodici chiese della Gerusalemme d´Etiopia. Prima di entrare i fedeli si tolgono le scarpe, baciano ripetutamente lo stipite della porta, si fanno il segno della croce, quindi pregano, alcuni appoggiati ad un bastone, altri inginocchiati seguono le recitazioni e i rintocchi dei tamburi sacri. Piccoli gesti, antichi rituali che si ripetono immutati da generazioni e generazioni.