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Monti, le banche e… la neolingua finanziaria…

di Miro Renzaglia - 01/12/2011

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Un tempo si diceva che la differenza fra padrone e operaio era dato dal numero di parole che le due entità riuscivano a comprendere e usare: il padrone, 3000 e l’operaio solo 300. Allora, l’operaio, che non è scemo, si è messo a studiare per colmare il gap. E oggi possiamo affermare con sufficiente approssimazione al vero che l’operaio ha, quanto meno, pareggiato la distanza. Soprattutto nel campo semantico, o semiologico se preferite, dell’economia e della finanza. Il linguaggio che ormai è necessario conoscere per non essere tagliati fuori dalla comunicazione globale. Ve lo dimostro.

Parliamo di Capital Gain? E che ci vuole a capire  che è  il guadagno in conto capitale? Ovvero, la plusvalenza ottenibile aliendando un asset precedentemente acquistato ad un prezzo minore? O se si preferisce: la differenza (positiva) tra fair value di un asset e il suo costo d’acquisto o produzione. Al contrario, per Capital Loss s’intende la perdita in conto capitale. Ovvero, il minor valore oggetto di svalutazione di un asset. In altre parole, il capital loss rappresenta la differenza (negativa) tra fair value (valore di mercato) e costo di acquisto e produzione di un asset. E l’OPA (Offerta Pubblica d’acquisto) eh! chi volete che non sappia che  è un offerta di prodotti finanziari la cui notorietà è estesa pubblicamente? Soltanto gli idioti non ci arrivano.

Se poi vogliamo approfondire il discorso, e per non correre rischi di fraintendimento e, quindi, di pericolosi scivoloni lessicali, parleremo di Green Mail. Quell’operazione finanziaria, cioè, che prevede l’acquisizione di titoli azionari di una società in quantità sufficiente da costituire la minaccia di una scalata in modo tale da spingere il management alla riacquisizione a un prezzo notevolmente più alto. Il che – capirete bene – sarebbe eticamente sconveniente.

Nel qual caso, potrebbe scattare il noto Fair Value (o Fair Price). Un concetto finanziario riassumibile come stima corretta, razionale e non distorta, del potenziale valore di mercato di un asset  e del valore che si può ricavare alienandolo secondo l’andamento di mercato. Il Fair Value, infatti,  tiene implicitamente conto di alcuni fattori come il rischio, i costi di rimpiazzo e sostituzione, i costi di mantenimento (inclusi gli oneri finanziari) l’utilità fornita dall’oggetto di calcolo.

Vero è che il Capm (Capital Asset Pricing Method) inteso come modello di equilibrio che analizza la relazione tra rendimento atteso di un asset e la sua rischiosità, dipende da un unico fattore che si può riassumere con il noto  “Rischio Beta”. Eh! il rischio beta… Quante volte abbiamo corso il Rischio Beta? Io, per esempio, una volta a momenti non ci andavo a sbattere contro con la moto. Per fortuna, il beta per il rischio è proporzionale alla covarianza tra rendimento dell’asset e rendimento del mercato. Per cui me la sono cavata, anche grazie a  una strategia finanziaria operata dal management di un’azienda quotata per impedire il takeover sull’azienda stessa.

Del resto, praticando il dumping e  attuando una politica di leadership di costo estrema, i prodotti vengono venduti sottocosto fino al raggiungimento di una quota di mercato soddisfacente. Purtroppo, il dumping è una strategia usata tipicamente in mercati saturi o controllati da monopoli o oligopoli. E se non fosse per le due diligence, di analisi ed investigazione della situazione economico finanzaria, reddituale e patrimoniale di un’azienda o di un ramo di azienda nello stato che precorre solitamente un’operazione di Merger & Acquisition, non riusciremmo mai  a valutare i possibili scenari evolutivi dell’azienda stessa. E la situazione del mercato di riferimento, i fattori critici di successo e insuccesso, gli aspetti fiscali e legali nonché la valutazione dei rischi presenti ed emergenti resterebbero pressoché insondati. E sarebbero cazzi amari…

Ma, grazie a dio, esiste l’ Ebitda (Earning befor interest taxes depreciation and amortment) equivalente all’Italiano Mol (Margine Operativo Lordo) che aggrega il bilancio d’esercizio onde evidenziare il valore della produzione dell’impresa (sia della gestione caratteristica che accessoria) prima che venga rettificata dagli effetti  dell’imposizione fiscale degli oneri finanziari di eventuali plusvalenze o minusvalenze e ammortamenti vari e de li mortacci loro…

L’Escrow,  inoltre, si fonda su un rapporto trilaterale tra cedente acquirente e garante. In particolare, il cedente obbliga di consegnare un asset (bene reale, strumenti finanziari, denaro contante o altro) nelle mani del garante identificato, appunto,  come Escrow Agent. Il quale garantisce con la sua neutralità la custodia fino al verificarsi di una condizione indicata nel contratto, dopodiché, consegnerà l’oggetto di scambio all’acquirente, senza rischi.

Anche perché il Price Earning Ratio (P/E Ratio) è uno degli indici più utilizzati per valutare in modo rapido il rischio e la potenzialità di crescita di un’azione, essendo dato dal rapporto tra il prezzo di un’azione e l’utile per azione UPA/prezzo.

Ciononostante, il suo valore va confrontato con quello dei concorrenti o delle imprese facenti parti dello stesso settore. Infatti, può avere connotazioni molto dissimili al variare del settore, dipendendo fortemente dalle potenzialità di crescita: maggiori saranno quest’ultime più il rapporto sarà alto. E per quanto il Payout Ratio (anche chiamato Dividend Payout Ratio) indichi con chiarezza la percentuale di guadagni pagati agli azionisti sotto forma di dividendi, un’azienda pagherà difficilmente dividendi preferendo, piuttosto, reinvestirli internamente. Questi sono i fatti, altroché.

Tutto chiaro, no? No? Ma come, no? L’Agenzia di Rating e la Long Gilt Rating, la Classe di Rating Market Maker e la Scala dei Rating, il contratto forward Mark to Market Shift Duration, Metodo Bootstrap, e soluzione di Euro-bond, con Opzione call/Opzione put in perfect matching dell’ European Exchange Pay-off Spread, il Forward Rate Agreement (FRA), il Plain Vanilla Swap, lo Swap Futures/Prezzo ask, Prezzo bid/Zero coupon bond e l’Hedging Price-taker, non vi dicono niente? Vabbè: ne parliamo un’altra volta. Magari con Mario Monti. Lui sì che se ne intende…