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Il suicidio assistito: il tragico non c’è

di Guido Ceronetti - 01/12/2011


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Novità, nel morire, se ne danno poche. Il suicidio che diciamo «assistito» non è per nulla nuovo, sotto il sole: per tradizione il suicida ha sempre avuto chi assistesse e prestasse aiuto. Abolita la schiavitù e l’amicizia profonda venute meno, il suicidio è diventato solitario, orbato di riti, o clandestinità e ammiccamento d’ospedale. Hanno colpito, nei tempi recenti e recentissimi (pochi giorni fa) l’inaudito gettarsi nel vuoto di Mario Monicelli, all’età di novantacinque anni, e la partenza per una località svizzera, dove il cantone autorizza l’associazione DIGNITAS a fornire, dopo accertamenti, gli strumenti di morte rapida e indolore, del fondatore del Manifesto - Lucio Magri. Si tratta di una forma di eutanasia: di fatto il paziente è lasciato solo con la sua determinazione, può fermarsi e tornare indietro, mi pare, anche all’ultimo momento.

Magri ebbe i suoi meriti nell’essere stato spina nel fianco del PCI, che in Italia espelleva gli eretici, invece di torturarli e fucilarli come nella rimpianta URSS. Nel caso di Magri, l’Assistente Invisibile è stato il male epidemico dell’Occidente tra metà del XX e l’attuale inoltrato secolo: la Depressione. Nelle sue manifestazioni estreme, spinge facilmente nel vuoto, non meno di una incurabile intollerabilità delle condizioni di vita. In una depressione di più anni, come si dice di Magri, l’Assistente Invisibile ci chiama irresistibilmente in Svizzera, o in ogni luogo dove la pratica sia pulita e perfino autorizzata. Ma qui c’è un peccato fondamentale: l’asetticità, la regolazione affidata al computer, l’assenza di nobiltà del gesto, che tradizionalmente implica violenza, brutalità verso il proprio corpo, sporcizia. Il suicidio di Bruto e Cassio è un finale tragico; nella morte volontaria di Magri, e dei molti che prendono la stessa via, il tragico non c’è.

E ancora, dopo una vita da ideologo mondano, com’è descritta, nella sua determinazione non sono neppure immaginabili scrupoli, timori dell’Oltre, tenui lucori di speranza in una trascendenza: nulla che colleghi il nostro povero esistere a un piano di realtà metafisica. Soltanto l’accompagnamento affettuoso della collega Rossana Rossanda può avere ingentilito questo suo ultimo viaggio.