Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Silenzio, genocidio e rivolte arabe

Silenzio, genocidio e rivolte arabe

di Miguel Martinez - 01/12/2011

attcaduta-tiranni

Pensiamo a un giovane, pieno di ideali, che partecipa all’assalto alla Bastiglia.

E’ da poco padre di due figli maschi e di una femmina, e spera anche di assicurare a loro un futuro migliore. Senza sapere che quel gesto contiene in sé il germe del destino dei figli, uno dei quali morirà divorato dai lupi in Russia, mentre l’altro diventerà un mutilato cieco, che chiede ai passanti di lasciare una moneta nel tricorno della Grande Armée che porge loro.

La figlia, invece, si sposerà e metterà al mondo dei figli che potranno studiare nelle ottime scuole ideate da Condorcet: nell’assalto alla Bastiglia, c’era il germe anche di questo.

Come c’era il germe del pronipote, che in qualche remoto paese dell’Africa, avrà il compito di contare ogni sera gli indigeni morti sotto la frusta durante i lavori forzati condotti in nome della République.

La storia è una catena di cose, e nessuna ha senso, se non guardiamo gli altri anelli.

Alcuni lettori si sono chiesti come mai si parla poco qui del Medio Oriente in questo periodo, anche se è un tema che ha cominciato a interessarmi quando mi trovavo, a sei anni, ad Algeri.

Altri hanno le idee molto più chiare di me. Infatti, i miei amici si dividono in due categorie ben definite: quelli che si schierano con entusiasmo dalla parte di tutti i rivoltosi, e quelli che vedono dietro i moti i segni dell’alleanza saudita/statunitense.

I primi chiamano i secondi amici dei tiranni e complottisti; i secondi chiamano i primi agenti dell’imperialismo o almeno boccaloni che credono a qualunque cosa raccontino i media mainstream.

Per farvi capire perché non riesco a ragionare come loro, prendiamo la Siria.

Innanzitutto, hanno sicuramente una ragion d’essere le persone che sfidano uno dei più temibili apparati di sicurezza di un’area già non tenera con gli oppositori. Liquidare gente che rischia la vita, e spesso la perde, come “mercenari della NATO”, vuol dire pensare da stalinisti.

Ma chi è che rischia, e contro quale nemico? Il nemico è il “Tiranno Asad“, come dicono i media? Esiste un modello cinematografico – molto americano – in cui compare un singolo uomo, cattivo anche nello sguardo, che il ribelle giovane e bello deve far fuori, risolvendo di colpo tutti i problemi.

Platone era parecchio avanti sui registi di Hollywood, quando spiegava il meccanismo vero della tirannide.

Un uomo si impone sugli altri grazie alle proprie reali capacità, ma per restare al potere, è costretto a costruirsi un corpo di guardia – per usare un termine posteriore, una guardia pretoriana. La guardia pretoriana saccheggia la società; il saccheggio crea dissenso, e rende ancora più indispensabile il corpo di guardia. L’intero stato, e in primis il tiranno, diventa così ostaggio del corpo di guardia, che non è affatto la stessa cosa del tiranno.

Se la Guardia Pretoriana usa la violenza, non è perché si diverte: non confondiamo il sadismo individuale con le ragioni del potere. La caduta della Guardia Pretoriana non significa solo la perdita di potere, ma il suo annientamento fisico. E quindi ogni crepa deve essere immediatamente stuccata, senza compromessi e senza esitazioni.

Questa visione della Guardia Pretoriana, al posto del Tiranno Pazzo, già complica un po’ le cose.

Non solo: quasi tutto il Medio Oriente e quasi tutta l’Africa sono governati da qualche variante della Guardia Pretoriana; e quando ne cade una, viene sostituita da un’altra. Riflettere su questo vuol dire fare il salto dalla visione cinematografica delle cose, a una visione storica e sociale.

Se poi pensiamo agli innumerevoli attori interni ed esterni che aspettano il crollo del palazzo, per saccheggiarlo, e che non sono necessariamente affatto amici tra di loro, possiamo iniziare a capire qualcosa di più. Chi ha letto le straordinarie ricerche di Silverio Corvisieri sul passaggio in Italia da Mussolini alla Repubblica, capirà cosa intendo. Le cose che ha scoperto Corvisieri cambiano radicalmente la nostra percezione di quegli anni; eppure si potevano scoprire solo mezzo secolo e passa dopo.

Infine, chiunque abbia studiato un pochino di storia, sa che uno dei risultati inevitabili di ciò che sta succedendo sarà il genocidio, nel senso della distruzione di intere comunità umane le cui origini risalgono a secoli fa.

E’ già successo ad armeni, assiri e greci in Turchia; agli ebrei in Iraq, Libia e Marocco; sta succedendo adesso ai cristiani in Iraq (e in una buona misura anche ai sunniti), ai neri in Libia e succederà ai copti in Egitto; e poi toccherà agli aleviti e ai cristiani della Siria, cui seguirà, forse il collasso anche del Libano.

Francamente, me ne dispiace, sia per gli individui che ne soffriranno, sia perché ho sempre provato interesse per questa immensa varietà di forme umane e simboliche.

Però non ne voglio fare una questione morale. In fondo, le rivolte arabe sono inevitabili, e inevitabile è il genocidio che ne conseguirà, come ne conseguiranno anche altre cose, diverse delle quali probabilmente positive.

Ma almeno dovrebbero tenerlo sempre a mente coloro che, da una parte e dall’altra, semplificano troppo ciò che sta succedendo.