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Il simbolismo dell'albero

di redazionale - 09/10/2005

Fonte: www.ariannaeditrice.it

 

Fin dai tempi più antichi gli alberi fuono considerati dalle maggiori civiltà come veri e propri simboli sacri.
Simbolo dell'unione fra la profondità della terra e lo spazio sconfinato del cielo; simbolo delle divinità progenitrici dell'umanità.

Rappresentavano, inoltre,il trascorrere del tempo:l'età degli alberi, infatti,è distintamente indicata da un insieme di cerchi concentrici che si possono notare nei tronchi,quando questi vengono segati.
Numerosissimi alberi,nel tempo, divennero simboli di miti differenti: per cui religioni ed usanze distanti fra loro nello spazio e nel tempo ebbero vari Alberi della Vita,Alberi del Bene e del Male, Alberi della Saggezza, del Paradiso,Magici,della Luce,degli Oracoli,Alchemici, ecc...
Secondo alcuni storici, dal culto degli alberi derivarono altri simboli sacri: principalmente,ciascun albero, fu ricollegato al mito dell'AXIS MUNDI, l'asse del Mondo, quel gigantesco perno ideale intorno al quale si riteneva che la Terra girasse.
Sempre dal culto degli alberi deriverebbe il simbolo dell'Arpa, attributo del Dio del Fuoco dei Celti, DAGDA, il quale con il suo suono richiamava l'alternarsi delle stagioni nel corso dell'anno.
Deriva, inoltre, il simbolo della nave che ritroviamo nelle religioni più antiche (veicolo del Sole e della Luna, vascello della Legge per i Buddhisti, attributo del Dio del Tuono KAMI-NARI per il popolo giapponese, veicolo verso la felicità per gli Indù ed attributo del Dio Giano per i romani).
Alcuni alberi furono dedicati a particolari divinità.
Tra le genti dell'antica Grecia, per esempio, l'albero di quercia era sacro a Giove e Diana, alla quale erano dedicati anche il noce, il mirto, l'olmo ed il cedro.
Nella Roma antica era sacra al Dio Bacco la vite; l'erica alla divinità egiziana Osiride.
Le antiche genti del Nord avevano consacrato l'abete a Wotan-Odino, Dio della saggezza, della magia e della guerra.
In India albero sacro è considerato il Fico, sotto il quale si ritiene sia nata la divinità Vishnu, che con Shiva e Brahma costituisce la Sacra Trimurti, la Trinità dell'Induismo.
Nel medioevo, tra le antiche popolazioni europee,alcune piante vennero considerate "infernali" ed altre, invece, atte ad emanare degli oracoli, interpretate poi da chierici e sacerdoti.
Nella scienza araldica, gli alberi furono dei simboli molto usati, ognuno dei quali con un proprio significato.
Alcuni in particolare indicavano antichi diritti feudali su boschi o furono posti in ricordo di famiglie importanti.
Da miti di un passato remoto o da antiche leggende, gli alberi vennero suddivisi in alberi "Infausti" ed alberi "fausti".
L'aggettivo Fausto deriva dal latino FAUSTUS derivato a sua volta dal verbo FAVERE: favorire.
Alberi fausti erano considerati quelli che si ritenevano portassero fortuna o che erano dedicati e consacrati a divinità positive.
Infausti erano, invece, quelli consacrati a divinità del male.
Tale consacrazione poteva avvenire anche in relazione alle caratteristiche botaniche delle piante: dal colore dei frutti o delle bacche (nere o rosse) o perchè molto spinosi.
Erano considerati infausti in diverse popolazioni il pruno, dai frutti color nero o rossastro, la felce dalle bacche nere, il pero selvatico, la rosa canina con il cui legname alcune popolazioni usavano ardere ciò che ritenevano di cattivo augurio.
Un discorso particolare merita il loto, simbolo Solare e lunare insieme, fiore che sbocciava già nelle acque primordiali prima di ogni altra forma di vita ed importantissimo per Buddhisti, Taoisti, Indù, Egiziani, Greci e Romani.
Alberi infausti furono da sempre considerati il Tasso, "Albero della Morte" e simbolo dell'angoscia ed il cipresso, simbolo dei defunti ed attributo di Plutone, divinità dell'oltretomba e dell'eternità (entrambi questi arbusti venivano, e questo ora tutt'ora avviene, piantati presso cimiteri).
Gli stessi sacerdoti del Dio Plutone avevano vesti e corone adorne di ramoscelli di cipresso.
Fausti, invece, sono considerati questi arbusti portatori di beni, consacrati a determinate divinità:al greco Apollo era sacra la palma, l'olivo e l'alloro; a Giove i romani avevano consacrato la quercia ed il faggio; a Minerva l'ulivo; a Marte il frassino e la gramigna; a Venere il mirto e la rosa.
Nella mitologia celtica quercia,faccio,nocciolo e frassino erano alberi ai quali venivano dedicati particolari riti di propiziazione.
Gli Irlandesi consideravano sacri il tasso e l'agrifoglio, in quasi tutte le culture simboli di morte il primo e di salute il secondo.
Sacro agli irlandesi di ceppo gaelico era il sorbo selvatico, ritenuto trasmettitore di poteri magici contro i malefici di maghi e streghe.
Sempre il sorbo selvatico era l'Albero della Vita per i Gallesi ed albero sacro agli Dei Thor e Donar per tutti i popoli di ceppo scandinavo.
Inoltre è botanicamente identificabile nel pesco l'Albero della Vita per i taoisti, chiamato anche l' "Albero dell'Immortalità".
Un alto valore simbolico hanno da sempre gli alberi "sempre verdi", simboli della vita eterna, dell'immortalità fisica e spirituale.
In particolare l'abete sacro a Wotan-Odino nella tradizione nord-europea fu anche il simbolo degli Eletti per la tradizione della Cina arcaica; divenne nel folclore teutonico l'albero della maternità, arbusto dal quale le levatrici prendevano gli infanti.
Anche se ormai snaturato dal suo reale significato, ancora attuale nella simbologia sacrale del culto degli alberi è il "nostro" Albero di Natale.
In differenti Paesi del Vecchio continente sono vive antichissime usanze di decorare un "Albero del Paradiso" con fiaccole e nastri colorati, oggetti d'oro e d'argento, pietre preziose, bamboline ed animaletti.
Inoltre, in molte antiche culture, si usava porre sopra i cosiddetti "Alberi sacrificali" le offerte dedicate alle divinità: tali alberi venivano successivamente bruciati, affinchè il loro fumo portasse fino in cielo quanto era stato loro offerto.
Tutto questo può essere all'origine dell'Albero di Natale e dello scambio di doni, simbolo della rinascita del Nuovo Anno, di una vita nuova (in natura la morte di ogni albero rappresenta la vita di un albero nuovo).
"UN TALE ALBERO RICAVATO DA UN SEMPRE VERDE semper virens CIOE' DA PIANTA CHE NON MUORE NELL'INVERNO,PINO O ABETE, RIPRODUCE L'ARCAICO ALBERO DELLA VITA O DEL MONDO, CHE AL SOLSTIZIO D'INVERNO S'ILLUMINA DI NUOVA LUCE... I DONI DI CUI L'ALBERO E' CARICO RAFFIGURANO EFFETTIVAMENTE IL SIMBOLICO DONO DI VITA PROPRIO ALLA FORZA SOLARE CHE NASCE O RINASCE"(J. Evola - in La Tradizione Romana, Edizioni di Ar).
Lo scambiarsi regali rinnova le abitudini antiche di donare fronde e ramoscelli in particolari occasioni di festa.
Inoltre, il donare ramoscelli come segno di augurio, è ricollegabile anche agli antichi Romani, i quali usavano scambiarsi ramoscelli di verbena nel periodo delle calende di Gennaio.
un'ultima breve considerazione di carattere più attuale vogliamo proporla, anche in relazione a quanto scritto in questo articolo.
In barba ad un sentimento ecologista moderno, visto e vissuto esclusivamente sotto un'ottica di mera salvaguardia del territorio, per difendere la propria salute (in parte indubbiamente giusto e sacrosanto), fino ad arrivare all'esasperazione di vietare il passeggiare su un prato, come ci capita di leggere su diversi cartelli posti in ville ed oasi verdi od il semplice vivere il territorio, magari facendo escursioni o campeggi.
La Dottrina tradizionale c'insegna che tutto ciò che appartiene ad una realtà tangibile,visibile è il riflesso di una realtà superiore.
Ogni cosa creata nel firmamento è un simbolo,è la nostra Cultura, è Tradizione.
Allora, più che ammirare un luogo,un paesaggio, quasi fosse un'opera d'arte inviolabile ed in un certo senso estranea, gioverebbe di più allo spirito di ognuno di noi vivere e conoscere un territorio, respirarne gli odori, sentirlo proprio, in un senso d'appartenenza che va oltre il tempo e che va oltre le nostre abitudini, un senso profondo che coinvolge e riguarda la nostra essenza più intima.